Strane straniere: le donne migranti si raccontano
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Cinque donne lasciano il loro paese d'origine e reinventano la propria identità, affrontando i problemi di integrazione. Un modo per raccontare attraverso il cinema la lotta al femminile nella vita quotidiana.
Strane straniere sono le protagoniste del documentario in uscita l'8 marzo che vede alla regia la giovane sceneggiatrice e filmmaker Elisa Amoruso ( già autrice di Fuoristrada, che ha ottenuto la menzione speciale all'ottava edizione del Festival Internazionale del film di Roma nella sezione PROSPETTIVE DOC ITALIA nel 2013) e che nasce dalla ricerca dell'antropologa Maria Antonietta Mariani su un gruppo di donne immigrate in Italia che sono riuscite a progettualizzare il loro futuro integrandosi con successo. Il film viene presentato in una giornata particolare: l'8 marzo ci sarà una mobilitazione tutta al femminile che coinvolge 40 paesi e a cui anche il movimento Women's March ha aderito.
Prima della presentazione del documentario a Roma abbiamo fatto qualche domanda alla regista:
cafébabel: E' un caso che Strane straniere esca l'8 marzo?
E' una data fissata da molto tempo in realtà, scelta dal distributore che è l'Istituto Luce, perchè è un film che parla delle donne e le valorizza e soprattutto è un film realizzato interamente da una squadra di donne, a parte i fonici siamo una troupe tutta al femminile.
cafébabel: Che ne pensi della mobilitazione prevista per quel giorno?
Penso che sia sempre importante e necessario porre all'attenzione del mondo quelle che sono le questioni al femminile, anche se mi dispiace essere costrette ad individuare un'unica giornata per dargli voce e importanza, lo considero riduttivo, dovremmo averne la possibilità tutti i giorni. Io nel film racconto un'emancipazione che per molte donne non è ancora una realtà, ancora oggi tante mogli, madri, sono incastrate in ruoli rigidi.
cafébabel: Affronti un tipo di emancipazione determinata dal genere e dal luogo di provenienza che determina un reinventarsi a livello di donna e di professione ed integrazione; cosa ti ha colpito di loro?
Il racconto della loro storia, le difficoltà che hanno dovuto affrontare, al giorno d'oggi parlare di questioni come queste sembra assurdo, nel 2017 non dovremmo ritrovarci a parlare della violenza sulle donne. Le donne di cui parlo provengono da paesi in cui la cultura relativa alla loro femminilità è particolarmente restrittiva, e magari si sono lasciate alle spalle anche una relazione difficile. Lasciandosi tutto alle spalle si sono reinventate, con successo. Abbiamo scelto queste cinque protagoniste soprattutto per la forte personalità, hanno una carattere molto dominante e hanno agito con coraggio in un vero e proprio percorso ad ostacoli. Magari il risultato non è quello che si aspettavano o ciò che desideravano, ma tutte loro sono felici delle scelte decisive che hanno preso.
cafébabel: Come ti sei relazionata a loro? E' stato complicato?
Il rapporto con loro è stato fantastico: mi hanno consentito di entrare nelle loro vite e nel farlo sono state sincere e disponibili. Mi hanno dato molta forza; io ho sposato la loro causa e loro la mia. C'è stata una forte volontà di essere raccontate e penso sia la condizione ottimale per la realizzazione di un buon documentario; se il soggetto si chiude è molto più difficile trovare una chiave di lettura che permetta di affrontare la sua storia. Se non si entra in profondità in un personaggio non si riesce a raccontarlo davvero.
Sono soddisfatta del riusultato anche se, essendo un documentario con tanti personaggi avrei potuto montarlo all'infinito. Con l'ultima montatrice, Irene Vecchio, (ce ne sono state tre nel corso della lavorazione), ho ottenuto un buon punto d'arrivo, ci riteniamo soddisfatte ma non nego che intrecciare cinque storie in modo efficace è difficile, soprattutto in un film documentario che non ha una struttura narrativa forte. Quindi sono cinque ritratti che però devono arrivare come se avessero una sola voce, questa era la scommessa. Ma se ci sono riuscita lo dovete dire voi! I film si fanno per gli altri, sperando che possano essere utili.
cafébabel: Tu sei una giovane filmmaker, come vivi il divario dei ruoli nell'ambito dello spettacolo? Percepisci ancora la difficoltà di affermarti?
Questo ambiente specifico è molto maschile purtroppo, e non solo in Italia ma anche nel resto del mondo, basta pensare che la prima e unica regista che ha vinto l'Oscar fu Kathryn Bigelow nel 2010 per The Hurt Locker.
La difficoltà per le donne in questo ambito non finisce mai purtroppo, qualche giorno fa mi trovavo a Cinematografo con Cinzia TH Torrini che è una regista che è da molto più tempo di me nel mondo dello spettacolo, in particolare della televisione, e anche lei riscontrava di aver trovato spesso questo genere di difficoltà. Secondo me l'unico modo per combattere queste dinamiche è fregarsene e ragionare non pensando di far parte di una minoranza. Non ragionare da "diverse", non agire con il pregiudizio del fallimento dovuto all'essere donne. Da parte mia credo molto che l'unione faccia la forza; non a caso per Strane straniere il lavoro è fatto tutto da un gruppo di donne, davanti e dietro la macchina da presa. Magari se siamo noi donne a dare l'opportunità ad altre di lavorare le cose poco a poco cambieranno.
Non nego che da quando sono diventata regista, sia per comodità che per immagine metto i pantaloni, oltre al fatto che faccio un mestiere dove devo muovermi molto, lo faccio anche perchè mi sono resa conto che di fronte a certi maschi per farsi rispettare non si può indossare una gonna. In questo senso viva i pantaloni, se bastassero solo quelli.