"Sono stati loro"
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(Opinione) Già, ma chi sono "loro"? Domanda alla quale è importante rispondere con precisione, per potersi porre poi altre domande fondamentali per il futuro della nostra stessa civiltà. Riflessioni a margine degli attacchi di Parigi.
Sono passate poco più di 48 ore. 48 ore di una assurda altalena di emozioni. Paura, sgomento, incredulità, rabbia, terrore. Sì, terrore, perchè in fondo quello è lo scopo ultimo del terrorismo: terrorizzare. E non c'è che dire, ci stanno riuscendo benissimo.
Già, loro. Ma chi sono loro? Ecco la domanda fatale.
«I fondamentalisti,» «gli islamici,» «l'ISIS,» «i musulmani,» le risposte che si possono ottenere sono delle più varie, quando va bene non completamente corrette, altrimenti assolutamente errate. Ma non è questo il problema, c'è sempre tempo per imparare e sapere, se si ha voglia di informazione e verità.
Il problema più preoccupante sorge quando questi elementi vengono messi assieme. Confusi, mixati in un maleodorante calderone da cui non può far altro che uscire odio, ignoranza e pressapochismo. Basta fermarsi a parlare per la strada per rendersene conto.
Stiamo parlando di un crimine insensato ed inumano, questo sì, che ha incredibilmente scosso le coscienze di un intero continente nel profondo, e lascerà sicuramente un profondo strascico negli animi di un'intera generazione di francesi ed europei. Ma a parlare di questo, tra l'incredulità e lo sgomento, si finisce sempre più o meno a dire: «Sono stati quelli là!». «Ma chi?». «Gli arabi, l'ISIS, gli islamici!». Ecco qua, ci siamo arrivati. Tre elementi che poco o nulla hanno a che vedere tra di loro, ma che nell'immaginario collettivo si fanno serpentescamente strada come un unico molok malefico, un essere demoniaco che vuole attentare alla cultura, all'identità e alla sicurezza europea. Immagine inquietante, quella in cui ogni singolo credente di religione musulmana residente in Europa possa essere identificato come terrorista e attentatore, violento assassino per il suo dio sterminatore.
La verità, come sempre, è un'altra. La verità è che loro stanno attentando al nostro modo di vivere. Loro, sì, gli attentatori. E i pochi che sono dietro di loro, che hanno diretto la mattanza e organizzato la carneficina. Sì, pochi. Perchè di pochi si tratta, rispetto all'immensità del numero dei credenti appartenenti alla religione islamica.
La verità è che loro stanno attaccando la nostra pace, l'ancora imperfetta convivenza che abbiamo costruito negli anni e tuttora continuiamo a costruire, con pazienza e determinazione, ogni giorno. Perché qualcuno ritiene questa pace semplicemente inconcepibile. Non è ammissibile che cristiani, ebrei, musulmani e atei coesistano pacificamente in comunità reciprocamente compenetrate. Non è semplicemente pensabile. Ed i "pochi" vogliono avere ragione sui "molti", utilizzando il più antico metodo di educazione: la violenza. Unum castigabis, centum emendabis. Puniscine uno, educane cento. Qualcosa che non solo incuta terrore nei cittadini comuni (sono state scelti volutamente degli obiettivi senza alcuna importanza strategica, il messaggio doveva essere: «Possiamo colpire anche te, chiunque tu sia»), ma che interrompa il processo di integrazione in corso, insinuando il dubbio e trasformando una serie di atti criminali in uno scontro di civiltà, tra la cultura "occidentale" e quella islamica.
Ma quale può essere la risposta più adeguata a tale barbarie? Paradossalmente la decisione di chiudersi, dividere e marcare le differenze serve a poco.
Incommentabili le reazioni di chi, come il quotidiano Libero, ha deciso di aprire con un titolo come «Bastardi islamici». O di chi, come vari esponenti di Lega Nord, scrive «Il prossimo idiota di sinistra o dei 5stalle che mi parla di islam moderato lo prendo a calci in culo,» oppure Matteo Salvini su Facebook: «Controllo a tappeto di tutte le realtà islamiche presenti in Italia, bloccare partenze e sbarchi, attaccare in Siria e in Libia». Anche se queste sono idee che si fanno sempre più strada nella mente di molti, in un momento in cui è difficile ragionare con la mente ignorando le reazioni di pancia.
La soluzione può essere solo l'integrazione. Aprirsi, perché nessuno sia isolato o emarginato. Chiedere la collaborazione di tutti i credenti di fede musulmana per estirpare il veleno. A nulla serve chiudere le frontiere e innalzare muri legislativi e culturali contro gli stranieri di religione islamica. Perchè il nemico è in casa, i fatti di Parigi lo hanno dimostrato.
La guerra e la violenza non faranno altro che rendere i crimini di pochi uno "scontro di civiltà", inasprendo i sentimenti, moltiplicando gli assassini, radicalizzando le idee e trasformando i pacifisti in guerriglieri.
Noi dobbiamo trovare un equilibrio. Per combattere contro di loro. E "loro" sono i criminali. Perchè tutti gli altri islamici sono compresi nel "noi".