Rhys Hughes: «Viaggio attraverso l'Europa per crescere»
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Lo scrittore gallese ha da tempo abbandonato il reale per l'assurdo e il ludico. Calvino tra i suoi miti, Queneau tra i suoi maestri. Alla scoperta dell'Europa delle differenze, partendo dalla penisola iberica.
Sono le due del pomeriggio di una giornata nuvolosa di metà dicembre ed ho appuntamento al Madroño della Puerta del Sol di Madrid con il 41enne Rhys Hughes, scrittore originario di Porthcawl, una piccola cittadina gallese.
Mi trovo di fronte a un uomo apparentemente timido e un po’ distaccato. Dopo un the caldo in uno dei pub irlandesi del centro, cominciamo una discussione letteraria, animata da domande su di lui, sul suo passato e sul suo futuro. La discussione si prolunga per le strade della capitale spagnola, vista con gli occhi dello scrittore-viaggiatore.
Alla scoperta dell’assurdo
«Non volevo leggere scrittori famosi, ma solo scrittori che mi sapessero sorprendere», inizia Hughes. Fu così che venne a conoscenza dei grandi della fantascienza, come Clark Ashton Smith e Tolkien, entrambi membri del gruppo degli Inklings (gruppo letterario che si riunì a Oxford tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta, ndr). Cominciò poi a leggere autori come Christa Wolf o Harry Harrison e ad avvicinarsi all'escapismo che, essendo una forma estrema di svago, con ripercussioni letterarie e filosofiche, permette di «scappare dal mondo reale per uno molto più semplice». A soli quattordici anni il debutto nella scrittura, influenzato dalla "Fantascienza soft" e dalla letteratura “dell’assurdo”, quasi inesistente nel Regno Unito.
Fu così che conobbe il «mega clever» Italo Calvino, la cui presenza lo segue ancora oggi. Lo scrittore italiano è quello che più lo ha aiutato nella sua fuga dal realismo.
Letteratura logica e matematica
«Quando scrivo ho tre obiettivi», dice Hughes: «Non imitare il mio modello, applicare al massimo il mio ingegno alla scrittura e cercare un mio proprio stile». Allora gli chiedo come abbia potuto staccarsi così tanto da Calvino: «Ho cercato di differenziarmi, di avere uno stile mio».
Una formazione scientifica alle spalle e la scoperta dell'OuLiPo (Officina della Letteratura Potenziale, gruppo nato in Francia negli anni Sessanta, ndr) lo hanno indirizzato alla logica. E così ha iniziato a divertirsi scrivendo, scoprendo come manipolare la sua scrittura con figure geometriche, usando i lipogrammi (giochi linguistici che consistono nel togliere una lettera in un testo, ndr) per stravolgerne il senso. «La logica e la matematica non rendono la letteratura più schematica. Sarebbe troppo facile scrivere su un foglio tutto bianco, è meglio porsi dei limiti», dice riprendendo la base letteraria oulipiana.
Trascrivere la realtà è diventato per lui sempre più difficile: la sua ultima novella realistica rimonta a due anni fa. Promette che ci riproverà in futuro, adattando una storia vera ad una cornice un po' più sua. «Il miscuglio di esperienze che sto vivendo mi aiuterà a riempire questa cornice».
Rhys Hughes: lo scrittore gallese di Lisbona
Lingua mia ti scrivo, ma non ti conosco
Hughes ha molti progetti per la testa. Gli chiedo che farà. «Provo a viaggiare» e continua timidamente, «voglio conoscere nuova gente, nuove culture e allo stesso tempo crescere». Esperienze come quella di vivere quattro mesi in una fattoria nei pressi di Granada, dove non c'era elettricità e dove regnava la semplicità più assoluta, danno voglia di scrivere. E scrivere è importantissimo per non dimenticare. Allora rende le sue storie diverse, le adatta a se stesso.
Quest'anno ha scritto un libro in portoghese, A Sereia de Curitiba, per il solo pubblico lusofono. «È come una dichiarazione d'amore» afferma, «al Portogallo e a tutti i portoghesi».
Questa non è la prima volta che scrive in una lingua non sua: lo ha fatto in greco e in spagnolo, pur non parlandoli. E questo lo considera un po' come il suo modo di differenziarsi, di essere speciale. Questo libro gli ha permesso di farsi conoscere dal pubblico portoghese e di allargare le sue vedute sull'Europa. Nel 2006 ha vinto l'Open Slam Poetry Competition di Swansea. Ma alla domanda «fama?», replica «si, ma è come pretendere di essere speciale». Il suo progetto è di scrivere mille novelle con storie interconnesse. Il suo più gran dilemma? Tra lo scrivere e il viaggiare.
I problemi sarebbero solo due dice, la lingua da un lato, «perché sono pigro», e i soldi dall'altro, perché vivere senza soldi è un po' come scrivere senza "e", come Perec in la Disparition (La Sparizione), un lungo lipogramma di trecento pagine.
L'Europa delle differenze
Ma come vive l'Europa uno scrittore-viaggiatore come lui? L'identità culturale di ogni paese è importante e il fatto di essere gallese lo aiuta a sentirsi ancor più “diverso”. Il Galles è un paese dove il progresso è lento. In passato assomigliava molto all'Irlanda, che egli ama molto, ma oggi «l'Irlanda cresce a un ritmo ben più veloce!». «Il desiderio di criticare è tanto, ma i gallesi sono troppo orgogliosi», dice paragonandoli ai portoghesi.
Gli ultimi mesi, infatti, li ha vissuti tra Portogallo e Spagna, e non trova molte differenze tra i due Paesi: li vede un po' come due periferie, culturalmente un po' appartati e chiusi, quasi fossero dimenticati.
Hughes nota in particolare che i giovani iberici sono più uniti dei coetanei britannici e i gruppi sono più misti. «L'apertura mentale è dunque più ampia» dice, forse al contrario di ciò che molti pensano.
Un assaggio dell'opera di Hughes?
Rhys Hughes ha all'attivo qualche romanzo, alcuni in inglese, altri in spagnolo e portoghese, e la partecipazione a diverse opere collettive. Tra i più famosi citiamo The Crystal Cosmos (2007), The Percolated Stars, o Evelydiad (1996).
Ecco alcuni brani:
Peace
on two separate Earths is at stake,
the economies of nations
and the sanity of humanity itself! (the Crystal Cosmos)
No que diz respeito a sereias, o céu
e um país particularmente pequeno na Europa ocidental
são uma mesma coisa.
Mas ninguém mais considera o País de Gales um paraíso…(A Sereia de Curitiba, p.29)
Eis a razão porque o País de Gales,
Esse país particularmente pequeno na Europa ocidental,
é considerados pelas sereias como o equivalente ao céu. (A Sereia de Curitiba, p.44)
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