La miglioratrice, ovvero 4 centesimi per migliorare il mondo
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Silvia GodanoMaria Gross aveva tutto quello che si può desiderare: genitori soddisfatti, un buon posto di lavoro e una lunga carriera davanti a sé. Nonostante ciò, un giorno diede una svolta radicale alla sua vita. Si trasferì altrove per rendere il mondo un pochino migliore. E fu così che diventò davvero felice. Articolo di Hannes Schrader.
Prima che accadesse quella cosa dei 4 centesimi, la vita di Maria scorreva ordinata e senza sorprese. Cresciuta nella Germania meridionale, padre con un buon posto di lavoro alla Daimler e fratello alla Daimler: dopo la maturità, Maria Gross non potè far altro che andare alla Daimler. Non le passava nemmeno per la testa di studiare: lei voleva fare qualcosa. Lavorare. Guadagnare. Dopo un apprendistato come impiegata nel reparto commerciale, Maria ottenne un contratto a tempo indeterminato. Lavorava nell'ufficio del personale e si occupava delle buste paga. Guadagnava bene. Nel frattempo, prese una laurea triennale in economia. Tutto avrebbe potuto proseguire su questo binario. Famiglia, casa di proprietà e carriera. Avrebbe potuto, se non fosse successa quella cosa dei 4 centesimi.
Quattro centesimi e una dimissione
Un giorno, nell'ufficio di Maria, squillò il telefono. In linea c'era un signore che stava ai piani alti dell'azienda. Uno dei manager, con l'auto aziendale e tutti quegli agi che un gruppo come Daimler può offrire. Aveva controllato la sua busta paga e aveva notato che Maria si era lasciata sfuggire un errore. Sosteneva di aver ricevuto uno stipendio troppo basso. Quattro centesimi, disse, nella sua busta paga mancavano 4 centesimi. In quel preciso momento, Maria decise che non poteva andare avanti così. Non voleva più lavorare in quell'ambiente. Capì che non voleva soltanto fare qualcosa, ma che voleva lavorare per rendere qualcosa migliore. Prima di dare le dimissioni, chiamò suo padre. Lui la pregò di rifletterci ancora. La decisione ormai era stata presa, disse lei. All'altro capo del telefono, udì suo padre piangere.
Oggi, l'ufficio di Maria non è più nel gigantesco edificio di una grande azienda, ma in un cortile interno a Kreuzberg. Sullo schermo del suo computer è appiccicato un post-it rosa, che reca la scritta: "Superchef" (grande capo). Lo stagista non indossa abiti eleganti, ma jeans e scarpe da ginnastica. In frigorifero, c'è la gassosa di un piccolo produttore di bevande di Amburgo. Il caffè che scivola giù dalla macchinetta è un prodotto fairtrade. Tutte le porte sono di vetro e in cucina c'è un calcetto. Quando suona il telefono, ci si dà subito del tu. Maria ha lunghi capelli biondi, rasati sul lato destro. Indossa un paio di occhiali grigi e una collana d'argento con un grazioso ciondolo: due uccellini che si scambiano un bacio. É difficile immaginarla negli abiti eleganti di una donna in carriera. Oggi, Maria lavora presso il Social Impact Lab, un'azienda che aiuta quelle Start-Up che non sono unicamente focalizzate sul profitto, ma che tentano di rendere il mondo un pochino migliore. Tra questi, per esempio, il supermercato Original Unverpackt, che da qualche tempo a questa parte ha aperto i battenti a Berlino: qui, tutti i prodotti vengono venduti senza imballaggi, in modo da accumulare meno rifiuti. Queste sono le iniziative sostenute dal Social Impact Lab. Il punto è che chiunque voglia fondare un'azienda, non ha bisogno soltanto di una buona idea, ma anche di un piano finanziario e di una partita iva. Gli imprenditori devono andare negli uffici preposti e cercare di capire quale sia il loro pubblico di riferimento. Il Lab connette i giovani imprenditori e le giovani imprenditrici con le persone giuste, quelle che conoscono gli aspetti burocratici e finanziari. In questo modo, una buona idea può davvero trasformarsi in un'impresa. I finanziamenti arrivano, fra gli altri, dal ministero per le politiche famigliari e dalla nota Software House SAP.
Dopo aver rassegnato le dimissioni alla Daimler, Maria andò in Togo per sette mesi, dove lavorò come volontaria. Qui, però, non aveva la sensazione di cambiare davvero qualcosa. Così, tornò in Germania e si trasferì a Berlino, dove studiò Non-Profit-Management. La mera teoria senza risvolti pratici la lasciava però insoddisfatta: fu allora che Maria decise di mettere in pratica quello che aveva imparato. Un suo amico aveva appena fondato una Start-Up a Friedrichshafen: il suo scopo era aiutare i bambini provenienti da contesti famigliari problematici affiancando loro uno studente che potesse aiutarli con i compiti e la scuola. Con un amico di Berlino, Maria fondò la prima succursale della Star-Up al di fuori di Friedrichshafen. Fu allora che la giovane venne per la prima volta in contatto con un'azienda attiva nel sociale. A una conferenza, conobbe Norbert Kunz, amministratore delegato della Social Impact Lab GmbH (la sigla GmbH indica, in Germania, una società a responsabilità limitata: Srl, nel diritto italiano. ndr.), che coordinava i Labs in quattro grandi città tedesche. Dopo aver concluso gli studi, Maria si candidò per una posizione presso il Lab: il suo obiettivo era lavorare per un futuro migliore.
Un libro illustrato per un mondo migliore
Quando domandiamo a Maria che cosa si immagina quando pensa a un futuro migliore, lei volta la testa di lato e poggia il mento tra le mani, poi volge uno sgardo al cielo, attraverso la finestra. Ci sta riflettendo, ma pare che stia sognando. I suoi grandi occhi grigi diventano ancora più grandi e lei assume un'aria estremamente pacata. É chiaro, che stia pensando a qualcosa a cui tiene con tutto il cuore. La sua voce dolce si fa profonda. E poi parla del suo libro illustrato.
Nel suo libro illustrato, la gente non si arricchisce a spese altrui, ma cerca piuttosto di vivere in maniera ecologica e onesta. Al lavoro non si va con la Porsche, ma con la bicicletta elettrica. Il nostro mondo ha oltrepassato ogni misura, dice Maria, e tutti giocano a chi urla più forte. Contro tutto ciò, lei lavora "con veemenza", sia al Lab, come capoufficio, sia nella propria Start-Up. Insieme al designer berlinese Jan Löwenherz, Maria commercializza guantoni da boxe vegani. Löwenherz voleva produrre un'alternativa vegana ai guantoni da boxe in pelle. A dire il vero, ne voleva soltanto un paio per lui, ma l'ordine minimo era di 100 paia. Così decise di aprire un negozio online: in meno di 24 ore, tutti i guantoni erano stati venduti. La prospettiva di fare dell'idea un'impresa, però, lo immobilizzava. Fu allora che Maria gli disse: no, tu non puoi lasciar perdere. L'idea è troppo buona. E io so fare esattamente quelle cose che tu non sai fare: businessplan, partita iva, e compagnia bella. Questo è ciò che Maria sa fare, il suo contributo per un futuro migliore, il suo capitolo nel libro illustrato. Adesso, i due vendono guantoni da boxe: il nuovo modello viene collaudato proprio in questi giorni. I guantoni, però, non vengono prodotti in Germania o nell'unione europea, ma in Pakistan. La fabbrica è certificata dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, spiega Maria, il che significa che sono garantiti condizioni di lavoro e stipendi equi. D'altronde, il prezzo dei guantoni vegani non è maggiore rispetto alla concorrenza convenzionale.
Qualcuno ridicolizza il lavoro di Maria. Alcuni si prendono gioco di lei, dei suoi progetti, della sua gassosa fair trade e del suo veganismo. Liquidano tutto questo come Lifestyle, lo rifiutano e dicono che non serve comunque a nulla. Dicondo che Maria di certo non salverà il mondo con dei guantoni da box vegani. A queste persone, Maria racconta di Auticon, uno dei progetti sostenuti dal Social Impact Lab. Auticon procura alle aziende persone affette dalla sindrome di Asperger, autistici appunto: questi riescono ad analizzare una grande quantità di codici per rintracciarvi gli errori. La maggior parte delle persone fallisce se confrontata con questi compiti, ma gli autistici possono svolgerli molto bene. L'azienda, fino a ora, ha impiegato 50 autistici, persone che altrimenti non avrebbero avuto alcuna chance sul mercato del lavoro. Quando Maria lo racconta, diventa raggiante e sorride, come se non riuscisse a crederci neppure lei.
Maria è vegana, fa la spesa nei negozi biologici e acquista energia elettrica ecologica. Anche questo fa parte del libro illustrato. Ma quando va a trovare la nonna e c'è una cheesecake in tavola, allora mangia anche quella. Lo fa perché sa che la nonna è felice quando lei va a trovarla. Oltretutto, Maria si sente in pace con sé stessa se per 340 giorni l'anno fa le cose giuste. Per questo motivo, la giovane imprenditrice non ha un fairphone, ma un iPhone: i telefoni della Apple funzionano semplicemente meglio secondo lei. Allo stesso modo, quando torna dai genitori e vede le nuove Mercedes del papà e del fratello, non può fare a meno di farci un giro.
Anche se passare accanto allo scaffale dei dolciumi al supermercato senza prendere nulla è sempre una grossa sfida, Maria non rimpiange nulla. Né il suo veganismo, né il suo periodo di formazione da Daimler, dove ha imparato un sacco di cose. E nemmeno le sue dimissioni. Maria avrebbe potuto godersi la vita ed essere soddisfatta di come andavano le cose. Ma non era quello che voleva. Lei voleva fare la differenza, voleva rendere il mondo un pochino migliore. Oggi, è riuscita a realizzare quello che voleva, sia dal punto di vista lavorativo, sia a casa. Anche suo padre è felice che allora abbia dato le dimissioni. E' contento che sua figlia sia felice e soddisfatta della propria vita. Intanto, nel frigorifero dei genitori, Maria trova il latte di mandorle, proprio accanto al formaggio biologico. Adesso Maria è a Kreuzberg e cerca di realizzare il suo libro illustrato per un futuro migliore. Questa è la differenza che possono fare 4 centesimi!
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Brennpunkt F!, la rivista online della Jungen Presse Berlin. Tutti i diritti appartengono all'autore.
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