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Kosovo, il neonato d'Europa nei ritratti di un fotografo francese

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Paolo Canavese

Lifestyle

Il Kosovo è diventato, nell'ultimo secolo, il terreno di scontro di due nazionalismi, quello serbo e quello albanese, che lo ritengono entrambi ila culla della loro nazione. Ma il Kosovo è serbo o albanese? Questa domanda è tuttora all'origine del conflitto. Alla maggioranza demografica della comunità albanese si oppone la storica permanenza della comunità serba. «Newborn» è una serie di ritratti il cui obiettivo è di testimoniare la vita quotidiana dei kosovari attraverso questa chiave di lettura. Il desiderio di conoscere il paese dall'interno, sorpassando gli stereotipi creati ad arte dai media, e riflettere sulla sorte di questo paese che potrebbe, un giorno, far parte dell'Unione Europea: ecco, in sintesi, le motivazioni di questo progetto, realizzato dopo il quarto anniversario dell'indipendenza del Kosovo (17 febbraio). Gli under 25 nel paese sono il 60% della popolazione. Come vive questa generazione? Quali sono le sue difficoltà, le sue speranze? Le risposte, accompagnate da 16 fotografie, le fornisce Clément Quentin.

Venuto al mondo

Le seguenti lettere sono state scritte a Pristina il giorno dell’indipendenza del Kosovo, nel febbraio del 2009, e simboleggiano la nascita del Paese.

 Foto: © Clément Quentin

Liridon Veseli, 21 anni, vive a Pristina

Liridon lavora per le FSK (Forze di Sicurezza del Kosovo): “All’età di dieci anni, a causa dei massacri perpetrati dall’esercito serbo, ho dovuto abbandonare la mia casa, la mia scuola e i mie amici, senza sapere se li avrei rivisti un giorno. Non voglio mai più rivivere nulla di simile”. Dopo un anno di esodo sogna di diventare colonnello e di servire il proprio Paese.

 Foto: © Clément Quentin

Driton Berisa, 25 anni

Villaggio rom di Plemetina. Dopo aver studiato medicina, Driton non riesce a trovare lavoro. Un po’ a causa dell’elevato tasso di disoccupazione, ma soprattutto, secondo lui, perché di origine rom. “La discriminazione dei rom è un problema molto grave in Kosovo. Non c’è speranza di uscire dal circolo vizioso che ci isola. Seppur io abbia studiato con tutte le mie forze per cambiare la mia situazione, le porte sono rimaste chiuse”. Driton è oggi il presidente dell’associazione “Balkans sunflower”, che si impegna quotidianamente per la “ricostruzione sociale” dei bambini rom del suo villaggio. Tiene dei corsi di lingua e organizza delle gite e attività sportive.

 Foto: © Clément Quentin

Visar Uffla, 29 anni, vive a Pristina

Mi sento come in una prigione nel mio Paese. Non possiamo andarcene. Entrare nell’Unione Europea ci aprirebbe così tante porte. Invidio la vostra possibilità di viaggiare liberamente, purtroppo il nostro passaporto non ha lo stesso valore del vostro. Il governo mi ha permesso di andare in Albania in Macedonia o…a Haiti, ma il mio sogno è fare un viaggio in moto fino in Asia”.

 Foto: © Clément Quentin

Fitim, 28 anni, villaggio rom di Plemetina

Il villaggio di Plemetina ha la triste reputazione di essere il villaggio più inquinato del Kosovo. Si trova a un chilometro di distanza dalla centrale elettrica “TC kosova B”, alimentata dalle miniere di carbone del nord del Paese. “Il governo ha costruito il nostro villaggio nei pressi della centrale. Quando tira il vento siamo raggiunti da un fumo scuro e non possiamo rimanere due ore all’aperto senza che i nostri vestiti anneriscano a causa dell’inquinamento. La maggior parte di chi vive qua soffre di malattie polmonari. Arrivare ai settant’anni in questo villaggio è un vero miracolo.

 Foto: © Clément Quentin

Ismet Dobratici, 25 anni, vive a Pristina

La comunità internazionale dice di voler aiutarci, ma quanti civili sono stati uccisi dalle bombe della Nato?” I bombardamenti della Nato sono stati molto controversi. Contrariamente a ciò che si è creduto troppo a lungo, la guerra del 1999 non ha “annientato” la Serbia guidata da Milošević e, ancora una volta, le principali vittime sono stati i civili.

 Foto: © Clément Quentin

Bajram Kinolli, 27 anni, rom albanese di Pristina

Si potrebbe definire Bajram come un “attivista sociale”, per quanto egli sappia sacrificarsi per gli altri. Combatte per la pace tra i popoli attraverso diverse associazioni, tra cui Gaia. Oltre a ciò egli si definisce un artista ed è convinto che l’arte e la musica in particolare rappresentino delle armi formidabili per veicolare un messaggio.

 Foto: © Clément Quentin

Albulena Bardhi, 24 anni, vive a Pristina

Albulena recita delle commedie o degli spettacoli per i bambini. “Il Kosovo a sofferto abbastanza, voglio far ridere la gente, distrarla, affinché possa dimenticare i propri problemi, almeno per la durata dello spettacolo”. Alla domanda “Vorresti fuggire dal Kosovo?”, Albulena mi risponde prontamente “Mai! Anche se la vita qua è difficile, sono fiera di appartenere a questo paese. Devo restare per contribuire alla ricostruzione”.

 Foto: © Clément Quentin

Sacha, 28 anni, serbo di Gracanica

La Nato è intervenuta per mettere fine al conflitto. In realtà, però, la pace è ancora ben lontana. Gli albanesi sono al potere e la minoranza serba è relegata in un angolo. I programmi televisivi occidentali fanno passare il mio popolo come la più recente incarnazione del nazismo, ma nessuno parla degli omicidi commessi dagli albanesi nei nostri confronti”. 125.000 serbi vivono ancora in Kosovo, isolati nelle loro enclavi, e non riescono ad uscire dai loro villaggi perché hanno paura.

 Foto: © Clément Quentin

Unità dei cacciatori alpini francesi, Mitrovica

La città di Mitrovica è spaccata in due e il famoso ponte sul fiume Ibar simboleggia la divisione del Kosovo. Al nord i serbi, al sud gli albanesi. Basta poco per mantenere un’atmosfera di paura e di minaccia in Kosovo, data la lunga storia sulle difficili relazioni tra le due etnie.

 Foto: © Clément Quentin

Léonid Palushaj, 30 anni, vive a Pristina

Pittore.

 Foto: © Clément Quentin

Driton, 24 anni, vive a Pristina

Studente in una scuola d’arte, ama gli autroritratti..

 Foto: © Clément Quentin

Millica Milovic e Bajram Kinolli, 31 e 27 anni, vivono a Pristina

Questa coppia, composta da un albanese e una serba, è un vero simbolo a Pristina. Lui non parla il serbo e lei non parla l’albanese. La loro lingua della quotidianità è diventata l’inglese. La loro stanza è piena di poster che rappresentano i diritti dell’uomo, Gandhi e associazioni che mirano alla pace. Per loro la pace è una vera filosofia di vita.

 Foto: © Clément Quentin

Coppia albanese a Pristina

 Foto: © Clément Quentin 

Università di Pristina

Molti sono i giovani abitanti del Kosovo che studiano all’università. Sperano di poter abbandonare il proprio Paese grazie al loro titolo di studi. Tuttavia non c’è lavoro per tutti i diplomati. Le terrazze dei bar intorno all’università sono piene di studenti che parlano di politica, di letteratura, di filosofia, ma anche della frustrazione di non poter lavorare e di non poter fuggire dal loro Paese..

 Foto: © Clément Quentin

Discoteca “Duplex” a Pristina

 Foto: © Clément Quentin 

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Translated from Kosovo : le born again de l’Europe