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Kosovo, il neonato d'Europa nei ritratti di un fotografo francese
Published on March 14, 2012
Lifestyle
Il Kosovo è diventato, nell'ultimo secolo, il terreno di scontro di due nazionalismi, quello serbo e quello albanese, che lo ritengono entrambi ila culla della loro nazione. Ma il Kosovo è serbo o albanese? Questa domanda è tuttora all'origine del conflitto. Alla maggioranza demografica della comunità albanese si oppone la storica permanenza della comunità serba. «Newborn » è una serie di ritratti il cui obiettivo è di testimoniare la vita quotidiana dei kosovari attraverso questa chiave di lettura. Il desiderio di conoscere il paese dall'interno, sorpassando gli stereotipi creati ad arte dai media, e riflettere sulla sorte di questo paese che potrebbe, un giorno, far parte dell'Unione Europea: ecco, in sintesi, le motivazioni di questo progetto, realizzato dopo il quarto anniversario dell'indipendenza del Kosovo (17 febbraio). Gli under 25 nel paese sono il 60% della popolazione. Come vive questa generazione? Quali sono le sue difficoltà, le sue speranze? Le risposte, accompagnate da 16 fotografie, le fornisce Clément Quentin .
Le seguenti lettere sono state scritte a Pristina il giorno
dell’indipendenza del Kosovo , nel febbraio del 2009, e simboleggiano la
nascita del Paese.
Foto: © Clément Quentin
Liridon lavora per le FSK (Forze di Sicurezza del Kosovo): “All’età di
dieci anni, a causa dei massacri perpetrati dall’esercito serbo, ho
dovuto abbandonare la mia casa, la mia scuola e i mie amici, senza
sapere se li avrei rivisti un giorno. Non voglio mai più rivivere nulla
di simile ”. Dopo un anno di esodo sogna di diventare colonnello e di
servire il proprio Paese.
Foto: © Clément Quentin
Villaggio rom di Plemetina . Dopo aver studiato medicina, Driton non riesce a trovare lavoro. Un po’ a
causa dell’elevato tasso di disoccupazione, ma soprattutto, secondo
lui, perché di origine rom. “La discriminazione dei rom è un problema
molto grave in Kosovo. Non c’è speranza di uscire dal circolo vizioso
che ci isola. Seppur io abbia studiato con tutte le mie forze per
cambiare la mia situazione, le porte sono rimaste chiuse ”. Driton è
oggi il presidente dell’associazione “Balkans sunflower ”, che si impegna
quotidianamente per la “ricostruzione sociale ” dei bambini rom del suo
villaggio. Tiene dei corsi di lingua e organizza delle gite e attività
sportive.
Foto: © Clément Quentin
“Mi sento come in una prigione nel mio Paese. Non possiamo andarcene.
Entrare nell’Unione Europea ci aprirebbe così tante porte. Invidio la
vostra possibilità di viaggiare liberamente, purtroppo il nostro
passaporto non ha lo stesso valore del vostro. Il governo mi ha permesso
di andare in Albania in Macedonia o…a Haiti, ma il mio sogno è fare un
viaggio in moto fino in Asia ”.
Foto: © Clément Quentin
Il villaggio di Plemetina ha la triste reputazione di essere il
villaggio più inquinato del Kosovo. Si trova a un chilometro di distanza
dalla centrale elettrica “TC kosova B ”, alimentata dalle miniere di
carbone del nord del Paese. “Il governo ha costruito il nostro villaggio
nei pressi della centrale. Quando tira il vento siamo raggiunti da un
fumo scuro e non possiamo rimanere due ore all’aperto senza che i nostri
vestiti anneriscano a causa dell’inquinamento. La maggior parte
di chi vive qua soffre di malattie polmonari. Arrivare ai settant’anni
in questo villaggio è un vero miracolo ” .
Foto: © Clément Quentin
“La comunità internazionale dice di voler aiutarci, ma quanti civili
sono stati uccisi dalle bombe della Nato? ” I bombardamenti della Nato
sono stati molto controversi. Contrariamente a ciò che si è creduto
troppo a lungo, la guerra del 1999 non ha “annientato ” la Serbia guidata da
Milošević e, ancora una volta, le principali vittime sono stati i
civili.
Foto: © Clément Quentin
Si potrebbe definire Bajram come un “attivista sociale ”, per quanto egli
sappia sacrificarsi per gli altri. Combatte per la pace tra i popoli
attraverso diverse associazioni, tra cui Gaia . Oltre a ciò egli si
definisce un artista ed è convinto che l’arte e la musica in particolare
rappresentino delle armi formidabili per veicolare un messaggio.
Foto: © Clément Quentin
Albulena recita delle commedie o degli spettacoli per i bambini. “Il
Kosovo a sofferto abbastanza, voglio far ridere la gente, distrarla,
affinché possa dimenticare i propri problemi, almeno per la durata dello
spettacolo ”. Alla domanda “Vorresti fuggire dal Kosovo? ”, Albulena mi
risponde prontamente “Mai! Anche se la vita qua è difficile, sono fiera
di appartenere a questo paese. Devo restare per contribuire alla
ricostruzione ”.
Foto: © Clément Quentin
“La Nato è intervenuta per mettere fine al conflitto. In realtà, però,
la pace è ancora ben lontana. Gli albanesi sono al potere e la minoranza
serba è relegata in un angolo. I programmi televisivi occidentali fanno passare il
mio popolo come la più recente incarnazione del nazismo, ma nessuno
parla degli omicidi commessi dagli albanesi nei nostri confronti ”.
125.000 serbi vivono ancora in Kosovo, isolati nelle loro enclavi, e non
riescono ad uscire dai loro villaggi perché hanno paura.
Foto: © Clément Quentin
La città di Mitrovica è spaccata in due e il famoso ponte sul fiume Ibar
simboleggia la divisione del Kosovo. Al nord i serbi , al sud gli
albanesi . Basta poco per mantenere un’atmosfera di paura e di minaccia
in Kosovo, data la lunga storia sulle difficili relazioni tra le due
etnie.
Foto: © Clément Quentin
Pittore .
Foto: © Clément Quentin
Studente in una scuola d’arte, ama gli autroritratti..
Foto: © Clément Quentin
Questa coppia, composta da un albanese e una serba , è un vero simbolo a
Pristina. Lui non parla il serbo e lei non parla l’albanese. La loro
lingua della quotidianità è diventata l’inglese . La loro stanza è piena
di poster che rappresentano i diritti dell’uomo, Gandhi e associazioni
che mirano alla pace. Per loro la pace è una vera filosofia di vita.
Foto: © Clément Quentin
Foto: © Clément Quentin
Molti sono i giovani abitanti del Kosovo che studiano all’università.
Sperano di poter abbandonare il proprio Paese grazie al loro titolo di
studi. Tuttavia non c’è lavoro per tutti i diplomati. Le terrazze dei
bar intorno all’università sono piene di studenti che parlano di
politica , di letteratura , di filosofia , ma anche della frustrazione di
non poter lavorare e di non poter fuggire dal loro Paese..
Foto: © Clément Quentin
Foto: © Clément Quentin
Translated from Kosovo : le born again de l’Europe
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