[ita] UNo sguardo aLLE PROTESTE SLOVENE 2012/13
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Veronica MontiLa rivoluzione si è fermata anche in Slovenia, un'altra tappa del suo grande tour Europeo. Dallo scorso novembre fino al 31 gennaio un nuovo movimento sociale ha chiesto le dimissioni dell'elite politica, scendendo in piazza. E' la crisi politica più importanta dal crollo della ex Yugoslavia nel 1991.
Gruppi di giovani radicali lanciano pietre contro la polizia mentre gli elicotteri volano basso sopra le loro teste. Lacrimogeni sparati in cielo invadono di fumo le piazze e cassonetti d'immondizia bruciano negli angoli delle strade. La gente corre di qua e di là intonando slogan e scontrandosi con le forze dell'ordine. Gli ufficiali sembrano incapaci di controllare la folla. Tutto questo accadeva a Maribor, una città immersa nella pacifica e verde campagna slovena, lungo l'adriatico, nel dicembre 2012.
2013: l'anno della democrazia
Durante gli ultimi mesi migliaia di persone in tutto il paese hanno continuato a manifestare contro la disuguaglianza sociale e la corruzione. La sempre più diffusa cultura di protesta e di resistenza, che si è sviluppata dall'inizio della crisi dell'eurozona nel 2008, ha raggiunto paesi dell'EU che molti non avrebbero mai sospettato potessero contenere germi rivoluzionari. La Slovenia per esempio, era considerata una nazione stabile e un modello di integrazione fin dal suo ingresso nell'EU, nel 2004. Ma da quando le proteste si sono propagate da Maribor (la seconda città slovena) a Ljubljana nel novembre del 2012, questa percezione è cambiata. In tutta Europa l'irritazione contro politici ritenuti corrotti e indifferenti alla realtà dei loro paesi sta crescendo. In Slovenia l'insoddisfazione verso la classe politica è ancora oggi un sentimento diffuso tra i giovani. La protesta è diventato un nuovo strumento politico. A meno che non ci saranno drastici cambiamenti nel sistema politico, questo rinnovato anelito di democrazia è ciò che anche la seconda metà del 2013 avrà in serbo per l'Europa e i Balcani.
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maribor, alle origini della protesta
In Slovenia le proteste hanno avuto inizio negli ultimi mesi del 2012. Tutto è cominciato con l'installazione di radar ad alta tecnologia per regolare le infrazioni stradali nei dintorni di Maribor -finanziati con 5 milioni di euro di fondi pubblici. Il progetto aveva come fine un profitto economico ed è stato gestito da compagnie private. La gente di Maribor, infuriata e non disposta ad accettare di pagare milioni di euro per arricchire una compagnia privata, ha distrutto ben 11 radar. Il sindaco Franc Kangler, già accusato di 12 casi di corruzione, è stato additato come nemico pubblico ed é stato costretto alle dimissioni. Queste proteste, note come "la terza insurrezione di Maribor", hanno raggiunto la capitale del paese, Ljubljana, nel novembre 2012. Quasi 5.000 manifestanti si sono scontrati con la polizia nelle strade, mentre altre persone hanno protestato al grido di "ladri" davanti al parlamento.
FUORI DAI PIEDI, JANEZ
L' ampia diffusione delle proteste è stata un chiaro segno dell'insoddisfazione nei confronti della classe politica slovena da un lato e del processo di privatizzazione e sottomissione alle decisioni dell' EU dall'altro. Sia il primo ministro sloveno, Janez Jansa, che il suo maggiore oppositore politico (che è anche sindaco della capitale), sono stati indagati per corruzione. Molti temono che la Slovenia sarà il prossimo paese della EU costretto a chiedere aiuti finanziari. Durante i primi giorni di protesta, Andrej Kurnik, professore all'Università di Ljubljana nella Facoltà di Scienze Sociali, aveva dichiarato che il numero dei manifestanti era "abbastanza per realizzare un vero cambiamento". Le proteste dei giorni seguenti gli hanno dato ragione. Il quotidiano popolare sloveno Delo, nel gennaio 2013, ha proclamato il governo "clinicamente morto". L'analista politico Tomaz Saunik crede che con o senza formali dimissioni, "Janez Jansa cadrà". E' proprio quello che si auspicano i partecipanti del movimento. "Questa classe politica è vecchia e corrotta! E' dalla caduta del regime comunista che sono al governo. Ors se ne devono andare!", dice un ventenne, residente di Ljubljana.
effetto domino
Il caso sloveno ha tenuto sulle spine gli altri paesi della regione negli ultimi mesi, soprattutto la Croazia. Non è inverosimile pensare che il malcontento civile possa diffondersi anche nei Balcani occidentali. Il tasso di disoccupazione in paesi come la Croazia (17.3%) e la Bosnia- Erzegovina (43.3%) infatti è più alto che in Slovenia (12.2%). La crisi dell'eurozona ha avuto conseguenze disastrose per questi paesi e, ora che la Croazia fa parte dell'EU, molti temono che i disordini della periferia europea si possano propagare anche nel ventottesimo e ultimo stato membro. Proprio in Croazia, già nell'ottobre 2012, si erano svolte grandi proteste contro l'austerity: circa 7.000 dipendenti pubblici erano scesi in piazzza contro i tagli pianificati dal governo. Anche le forze dell'ordine avevano organizzato le loro proteste contro i piani di risparmio. Se il nuovo movimento sloveno sarà in grado di rovesciare l'attuale esecutivo -la coalizione di governo di centro-destra è infatti rimasta fragile dopo che, il 23 gennaio, Jansa ha rifiutato di dare le dimissioni- potrebbe scatenarsi un effetto domino nei paesi confinanti.
L'autore è uno scienziato politico con un master in studi dell'Europa centrale e sud-orientale alla UCL, Londra. Gli interessi primari della sua ricerca includono la storia politica dell'Europa orientale (in particolare dei Balcani e del Caucaso), il nazionalismo e lo sviluppo dei movimenti popolari.
Images: main courtesy of Rok Zavartanik and Bojan Stepancic via © Protestival official facebook page; in-text: prime minister Jansa (cc) European People's Party - EPP/ flickr
Translated from Rough guide to Slovenian protests, 2012/2013