Participate Translate Blank profile picture
Image for Il voto europeo e l'ondata generazionale: le nostre sensazioni

Il voto europeo e l'ondata generazionale: le nostre sensazioni

Published on

Translation by:

Default profile picture Vittoria B.

NetworkNews from home

Durante le elezioni europee del 2019, tra i giovani nella fascia d'età 18-24, il tasso di partecipazione è aumentato di 14 punti percentuali. Peccato che, comunque, non abbia superato il 39 per cento. E se i giovani si facessero sentire con altri strumenti rispetto al voto? In Svezia, per esempio, le manifestazioni contro il riscaldamento climatico non hanno avuto effetti sulle urne. Vi raccontiamo le nostre sensazioni contrastanti dopo il voto europeo.

Ci avevano detto che sarebbe stato un "inferno" senza spargimenti di sangue, ma con pianti e stridore di denti: snobbate da circa tre cittadini su quattro, le elezioni europee del 2019 erano destinate a somigliare ad un austero piano di ripresa stile-2008.

A dire il vero, nei due Paesi d’Oltralpe, alla vigilia dello scrutinio, c’era addirittura la sensazione che la campagna elettorale non fosse mai partita, bloccata nei contesti nazionali, nel "partitico" e nell'evidente mancanza di un'informazione chiara e precisa. Se in Italia l’opinione pubblica era riuscita anticipatamente a farsi una ragione dell’ascesa irrimediabile del leader della Lega e delle ripercussioni che quest'ultima avrebbe avuto sui compagni di viaggio del Movimento 5 Stelle, in Francia, invece, una campagna elettorale durata appena due settimane, dimostrava l'assenza di un vero dibattito pubblico sull'Europa. Poche le idee sul tavolo. Tanto che ci si entusiasmava per un “Grand Débat” nazionale sterile, fatto per soffocare le passioni tristi, in un match deludente tra populisti e progressisti. Difficile immaginare uno scenario peggiore per la vigilia di un'elezione europea, pur ritenuta da tutti decisiva.

E anche noi, qui a Cafébabel, nell'ultimo giorno delle elezioni – il 26 maggio – mentre a *Cannes veniva assegnata la Palma d’oro, ci stavamo già facendo un’idea del "film" che sarebbe stato proposto, dopo le elezioni, ai cittadini del Vecchio Continente**: un bianco e nero, ripetitivo, troppo lungo, tenuto in piedi da personaggi che non reggono il perso del proprio ruolo storico.

Addio blockbuster

E invece, non c'è stato niente di tutto questo. Con grande sorpresa di coloro che avevano decretato la "fine della storia", ecco che gli elettori hanno deciso di riaccendere i riflettori sul Vecchio Continente. E così, per la prima volta dopo 25 anni, il tasso di partecipazione elettorale ha superato il 50 per cento. Insomma, dopo tre giorni di votazioni, si può dire, in qualche maniera, che l’Europa abbia fatto la sua bella figura. Del resto, a volte capita che, di fronte ai blockbuster, le piccole produzioni riescano a conquistare i cuori e le menti. Ma come spiegare tutto ciò?

In primo luogo, una nuova tipologia di attori si è presentata al "casting" delle urne. Dimenticata, abbandonata e detestata, la gioventù europea era stata anzitempo relegata nella stanza di un adolescente. Vista dalla prospettiva delle altre generazioni, è un po' come se, questi giovani di oggi, li avessero lasciati sonnecchiare, ripetendo oltremodo che, ormai, era troppo tardi per invitarli a tavola. Del resto, in linea con il solito tormento di un “mondo nuovo”, la convinzione è sempre stata la seguente: le nuove generazioni non si sveglieranno mai; e invece, in occasione del nono scrutinio continentale, sono andate a votare.

Consapevoli di un destino comune, gli europei appartenenti a questa generazione hanno identificato le minacce e le opportunità all'orizzonte e plasmato il risultato delle elezioni

Nella fascia di età 18-24 la partecipazione è aumentata di 14 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2014. Andamento simile per i cittadini tra i 25 e i 34 anni di età: ben il 40 per cento degli aventi diritto si è recato alle urne (nel 2014, il 27 per cento). Eppure, in lontananza, già si sente un lamento, una critica: perché l’altro 60 per cento non è andato a votare? Peccato che il trucco non regga più: la proporzione tra votanti e astensionisti è più o meno la stessa anche per le altre fasce d’età.

Terremoti politici

A seconda dei contesti nazionali, le giovani generazioni hanno reagito a terremoti politici di ogni tipo nel corso degli ultimi anni: l’impatto della Brexit in Scandinavia, le ripercussioni del dibattito sull'integrazione europea a Est, le manifestazioni in favore della difesa del clima in Francia e Germania, l’aumento del populismo nell'Europa centrale, la remuntada socialista nella penisola iberica. Ma in mancanza di risposte da parte delle istituzioni, i giovani hanno trovato ispirazione tra i comuni mortali.

Nel Regno Unito, il movimento pro-remain, Momentum, ha giocato un ruolo non indifferente nella mobilitazione della fascia 18-35, a pochi anni di distanza dalla clamorosa “astensione” in occasione del Referendum sull'uscita dall’Ue. Partita dalla Svezia, la sedicenne Gretha Thunberg è diventata un’icona internazionale, determinando un'impennata di azioni di disobbidienza civile. Nei Paesi Bassi, il successo della campagna Prove them wrong, partita dagli stereotipi esagerati che denigrano i giovani, ha contribuito a raddoppiare la partecipazione elettorale. Insomma, è come se, all'improvviso, i giovani si fossero resi conto di avere qualcosa da preservare: in un contesto geopolitico incerto, in cui Cina, Stati Uniti e Russia presentano modelli di società imprevedibili, hanno capito che l’Europa potrebbe proteggerli.

Consapevoli di un destino comune, gli europei appartenenti a questa generazione hanno identificato le minacce e le opportunità all'orizzonte e plasmato il risultato delle elezioni. Sono due le variabili chiave che descrivono il voto. In primo luogo, c'è il tema della sostenibilità ambientale: la partecipazione alle manifestazioni di piazza, da un lato, e alle elezioni, dall'altro, hanno determinato il risultato straordinario delle formazioni ecologiste in molti Paesi. In secondo luogo, e più in generale, c'è stata tanta voglia di "cambiamento": molti hanno preferito i partiti emergenti, infilando il dito nella piaga del declino di quelli tradizionali.

Nei territori dell’Unione europea, sono sempre di più coloro che privilegiano forme di attivismo diverse dal voto: dal boicottaggio di prodotti, al sabotaggio di infrastrutture, passando per l'organizzazioni di azioni legali contro lo Stato o le istituzioni sovranazionali

A far da cornice, l'opinione del mondo accademico: i giovani si interessano sempre di più alle istituzioni europee. Perché? Forse per capire meglio cosa avviene dietro le quinte delle grandi trattative, che si tratti del TAFTA (Transatlantico Free Trade Area, nda.) o dei negoziati sulla Brexit. Forse per influire sulle grandi decisioni, mettendo in pratica le conoscenze acquisite attraverso l'intelligenza collettiva delle reti, a partire da quelle online, ma anche quelle dei movimenti, delle associazioni studentesche, delle organizzazioni non governative internazionali o, più semplicemente, di gruppi di amici. Come dire: bisogna avere una buona conoscenza dell’ordine delle cose per poter creare disordine.

Prima dell'espressione politica, la vita

Al di là del voto, sembra che un vento particolare si sia alzato su tutto il Continente. È quello che trasporta le rivendicazioni di una generazione intera; una generazione che non aspetta più le grandi occasioni elettorali per esprimersi e nemmeno le proposte politiche dei rappresentanti di turno. Chi non ha sentito parlare del Fridays for Future, il movimento di protesta e sciopero internazionale in difesa della sostenibilità ambientale? E pensare che, in Svezia, quest’ultimo non ha avuto un impatto sul voto: i Verdi hanno addirittura perso posizioni, passando, nelle preferenze tra i giovani 22-30, dal 21 al 14 per cento. Si tratta di una dimostrazione che l'impegno politico non si afferma esclusivamente nel momento del voto. Nei territori dell’Unione europea, sono sempre di più coloro che privilegiano forme di attivismo diverse: dal boicottaggio di prodotti, al sabotaggio di infrastrutture, passando per l'organizzazioni di azioni legali contro lo Stato o le istituzioni sovranazionali.

Leggere anche : Climat : quand des citoyens attaquent l'Europe

Per certi versi, siamo una generazione che ha un rapporto contrastante con la politica. Il sostegno ai partiti si sgretola; il capitale umano si polarizza tra fazioni; il dissenso si manifesta in maniera crescente. Paradossalmente, tutti questi elementi combinati insieme, ci tolgono la capacità d’intervenire e diminuiscono il nostro potenziale di azione. Come procedere dunque?

Dato il contesto politico che si sta delineando, o decidiamo di investire questi scenari, o ne creiamo di nuovi. Di fronte al disastro climatico e alla crisi che colpisce la "cosa pubblica", dovremmo, per prima cosa, dare una nuova “soggettività” all’ambiente. E dovremo farlo, mentre la vita ci porrà di fronte questioni nuove. A differenza di un’epoca in cui si era “obbligati” a crescere nel luogo di nascita e vivere alla stessa maniera dei vicini di turno, oggi interroghiamo i nostri valori come mai era accaduto nella storia. L’incertezza è diventata radicale. Allora ci concentriamo sulle cose che sentiamo di poter controllare: quelle ordinarie e quotidiane. In altre parole, prima dell’espressione politica, c’è la vita. E poi il lavoro, le uscite, il guadagno, l’informazione, lo sport, fare l’amore, occuparsi delle perdite d’acqua, stringere i denti, avere l’assistenza sanitaria, aiutare e instaurare rapporti … E alla fine sì, ci sono anche le elezioni.


Leggere anche : Abbiamo raccolto le reazioni dei giovani al voto europeo

Story by

Matthieu Amaré

Je viens du sud de la France. J'aime les traditions. Mon père a été traumatisé par Séville 82 contre les Allemands au foot. J'ai du mal avec les Anglais au rugby. J'adore le jambon-beurre. Je n'ai jamais fait Erasmus. Autant vous dire que c'était mal barré. Et pourtant, je suis rédacteur en chef du meilleur magazine sur l'Europe du monde.

Translated from La vague des jeunes, on l'aime et on la raconte