Gelsenkirchen, il quartiere invaso dai giovani artisti
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Veronica MontiGli appassionati di calcio sanno che Gelsenkirchen è la città di Schalke 04, i più esperti vi diranno anche che è proprio qua che Mesut Özil è venuto al mondo. Gli altri invece difficilmente sapranno localizzare su una cartina questo posto che simboleggia la rovina della vecchia industrializzazione in Germania. Ma è proprio qui che alcuni sognano di costruire l'arte contemporanea. Reportage.
Nella Bochumerstrasse molti edifici hanno mattoni rossi, non sono male, e ci si trova anche qualche esemplare di architettura wilhelmiana. Ma si stanno sgretolando, per mancanza di manutenzione. Molti piani terra sono spazi commerciali, alcuni dei quali chiusi o abbandonati. Se si guarda più da vicino, ci si accorge che le finestre sono storte: certi edifici sono stati infatti costruiti su fondamenta sbilenche. Impossibile demolirli uno per uno, sarebbe troppo pericoloso, considerata la loro struttura anarchica. Demolire tutto insieme costerebbe troppo. Morale, ci sono edifici che conservano ancora una certa solidità e altri che hanno raggiunto uno stato di "vecchiaia" da un bel po' di tempo ormai. Benvenuti nel centro del "quartiere creativo" di Ückendorf a sud di Gelsenkirchen. Ovvero il miglior posto che la città avrebbe potuto scegliere per "sperimentare il suo potenziale creativo".
Il ghetto di Gelsenkirchen
Se è vero che Bochumerstrasse è stata dimenticata per troppo tempo da chi di competenza, si fa fatica a credere che il quartiere sia il ghetto di Gelsenkirchen. L'atmosfera sembra piuttosto rilassata, familiare. Eppure "anche la gente che abita a un isolato di distanza evita di passarci", spiega Volker, inviato del sindaco. "Hanno paura dei rom, per la maggior parte rumeni e bulgari che vi si sono trasferiti di recente". In breve, la diffidenza regna sovrana tra questi abitanti, di cui molti si sono spostati nella Ruhr sperando di trovare lavoro in un'industria da tempo fiorente.
In questa via si vedono uomini e donne di 42 origini diverse. A volte è un grattacapo, ma soprattutto è "un enorme potenziale che resta inespresso perché ognuno cuoce nel suo brodo", continua Volker. Insieme ad altri, sta cercando di cambiare la situazione, avvalendosi anche di giovani artisti, studenti del secondo anno della Rietveld Academie di Amsterdam. Nell'arco di due settimane, 53 giovani venuti da tutto il mondo hanno valorizzato questi posti abbandonati nel quartiere con performance ispirate al vissuto dei suoi abitanti. Christiane, che dirige il progetto, è convinta che ci siano già dei successi:"da quando sono arrivati, abbiamo notato che la gente ha voglia di partecipare, di raccontare la propria storia. L'altro giorno mentre andavo al lavoro sono passata davanti a un ristorante italiano. Avevo notato altre due volte che il proprietario era curioso, ma questa volta mi è venuto incontro e mi ha invitata ad entrare. Mi ha raccontato la sua storia, o almeno credo perché non ho capito tutto. Non parlava quasi una parola di tedesco!"
La conferma che la curiosità della gente del quartiere non sia un'illusione non tarda ad arrivare. Una giovane si precipita nell'open space e interrompe la nostra conversazione. Questa gentile brunetta sulla trentina è visibilmente ubriaca e sono solo le 4 del pomeriggio. Bottiglia di birra in mano, ci parla in un inglese improvvisato e sembra volerci raccontare dell'importanza che hanno i giovani artisti sul quartiere: "this is not a mascarade, it's about life". Volker e i suoi due colleghi sono sinceramente commossi, addirittura orgogliosi che la gente del posto prenda parte al progetto. Questa è la loro intenzione.
Due settimane per « fare arte »
Gli studenti della Rietveld Academie si sono stabiliti in un vecchio negozio di biciclette. Tutto è stato sistemato in fretta e alla meno peggio: 3 mesi prima del loro arrivo non c'era niente. I muri sono vuoti, a parte quelli che sono stati invasi dai graffiti dei ragazzi del quartiere. Dei pannelli di compensato separano grezzamente le "stanze". La più grande funge da atelier, da sala riunioni, ma anche da garage per biciclette e da magazzino. In fondo, si sente un trapano, il che ci fa pensare che questo posto è come un alveare in cui non si è mai smesso di creare. All'esterno, alcuni grandi striscioni esposti in vetrina pubblicizzano il progetto in corso. Questa è enorme, come per mostrare che qui tutto è aperto, trasparente: gli artisti in erba non nascondono niente. Brancolano, esplorano e alcuni non sembrano ancora aver capito cosa facciano esattamente in un posto del genere.
Chi li ha portati qua è Joost van Haaften, professore di arti plastiche alla Rietveld Academie. Tutto è cominciato con una chiaccherata che ha avuto con un sociologo esperto della regione, che ha incontrato la scorsa estate. "È stato come un colpo di fulmine artistico", dice entusiasita, "mi raccontava di questo quartiere trascurato e quasi abbandonato al proprio destino, allora gli ho spiegato la nostra volontà di far conoscere il mondo agli studenti, per farli uscire dalla loro campana di vetro. Vogliamo che affrontino la realtà".
In questa scuola, che offre ogni genere di formazione artistica, dal design alla moda alla ceramica, scopriamo che agli studenti viene chiesto di sviluppare il proprio "stile" in quanto appunto artisti. Ad esempio, vediamo tre ragazze che occupano la vetrina di un negozio abbandonato: una fila la lana all'interno, mentre le altre due lavano i vetri all'esterno, vestite di un azzurro cielo, "washing brigade", con delle lettere d'oro. Non è facile capire da questa piccola performance quale sia il loro stile, ma sembrano divertirsi tutte e tre.
Translated from À Gelsenkirchen, de jeunes artistes prennent leurs quartiers