World of Warcraft e la dipendenza da videogame
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Elisabetta CallegariWorld of Warcraft, spesso abbreviato in "WoW", è un videogioco fantasy giocabile esclusivamente su internet, dietro pagamento di un canone mensile. Lanciato da una società americana nel 2004, conta 11 milioni e mezzo di abbonati in tutto il mondo. A novembre uscirà una rivista interamente dedicata al videogioco, criticato da molti anche per il timore che crei dipendenza.
Nel mezzo di un incontro con uno degli Antichi Dei dai mille occhi, i denti digrignanti, un demonio che genera tentacoli, distolgo il mio sguardo dal suo per non diventare pazzo mentre cerco di curare i miei compagni di gioco. In quindici stanno lottando contro i suoi scagnozzi, altri combattono direttamente contro di lui. Gli heals (sortilegi curativi) volano ovunque, i danni sono inimmaginabili.
Tornato nel mondo reale, rompo il silenzio del mio salotto: “Ibuprofen costretto ad andare verso ovest, il dps (danno per secondo) concentrato nel frantumare, portali per la stanza del cervello aperti fra 5 minuti, non dimenticare di dissipare la magia”. Il mio cane sembra perplesso. La mia fidanzata è lì seduta, infuriata perché un adulto ha trascorso le ultime tre ore ignorandola, cliccando come un pazzo il suo mouse e maiusc/alt/ctrl all’infinito. In termini di fuga dalla realtà, pochi videogame possono competere con World of Warcraft (WoW). Per quanto sia divertente, è stato dopo notti come questa che ho deciso di lasciarlo perdere e di dare una possibilità alla vita reale.
WoW, tutti pazzi per lui
WoW capisce la cultura consumistica meglio di qualsiasi altro esperto del settore che esista
WoW è stato creato da una società americana, la Blizzard Entertainment, ed ha altrettanti giocatori in Europa e in America; quando si stabilito il miglior “guild”, o gruppo di giocatori, l’Europa ha avuto la meglio. Tradotto in undici lingue, WoW ha suscitato opinioni contrastanti: da chi lo vede come il gioco più bello che esista a chi lo ritiene una strana e deprimente ossessione. Coinvolge persone di tutti i tipi, dai teenager, ai laureati, ai genitori. Supera addirittura le differenze socio-economiche: nel mio gruppo c’erano banchieri che giocavano insieme a soldati statunitensi in servizio in Iraq, o al prototipo del programmatore di computer. La maggior parte dei giochi punta fortemente su un target compreso tra i 15 e i 30 anni, ma WoW capisce la cultura consumistica meglio di qualsiasi altro esperto del settore che esista. Le persone sono consumate dal bisogno di possedere cose che nessun altro nel gioco ha, e dedicano settimane della loro vita ad una ricompensa virtuale solo per poterla mettere in mostra. WoW ti fa sentire costantemente inferiore alle possibilità che potresti avere se solo giocassi un po’ di più, è per questo che è dura sconnettersi. Davvero, se i suoi sviluppatori dicessero di correre in cerchi concentrici tre ore al giorno per una settimana per ottenere una nuova arma, le persone lo farebbero, non c’è dubbio. La lista delle cose che è possibile fare è sorprendente: questo affascina il giocatore casuale che lavora durante la settimana, e anche quello che ha tempo per risolvere formule come Armor = (467.5 x Enemy level – 22167.5) / (100 / % Reduction – 1).
Dipendenza da WoW
Il 21 agosto un americano, diventato dipendente da WoW, è stato il primo giocatore ad entrare in un centro di riabilitazion aperto a luglio, a Seattle. Secondo il Time la “dipendenza da Internet” è un fenomeno globale già dal 1983,. Nel 2003 il Deutsche Welle, che stava facendo un reportage da un campo estivo nella cittadina marittima di Boltenhagen, nella Germania settentrionale, riferì che un milione di persone sono affette da dipendenza da internet (IAD, internet addiction disorder). Su questo tema il successo di WoW ha suscitato un dibattito: raggiungere un determinato livello in un qualsiasi videogame sembra gran poca cosa paragonato ai danni causati dall’alcolismo e dalle droghe pesanti. Francamente, se hai una scadenza da rispettare o un dovere verso qualcuno, lo rispetti; WoW occupa un posto di secondo piano. Ci saranno sempre casi isolati, ma generalmente il detto “lontano dagli occhi, lontano dal cuore” funziona. Aggiungiamo anche che l’unico centro esistente in Europa, The Smith & Jones Center, aperto a Amsterdam nel 2006, usa il termine “videogiocatore compulsivo” come contrapposto a “dipendente”.
Ancora due considerazioni. Primo: le persone giocano a World of Warcraft per puro divertimento. La vita reale è per sua natura monotona, soprattutto quando uno è imprigionato in un lavoro che non gli piace o quando consideri la scuola come inutile (la chimica, questa sconosciuta). WoW è un passatempo migliore rispetto alla televisione, dove ci si crogiola nel nulla sconnessi dalla realtà, o rispetto a tutti quei sistemi di comunicazione inutili come Twitter o le applicazioni di Facebook. Secondo: i videogiochi disapprovazione sono oggi stigmatizzati, per cui qualsiasi periodo di tempo prolungato trascorso a giocare è percepito come un problema. Se dedicassi lo stesso tempo ad imparare a suonare il violino o a dipingere, nessuno batterebbe ciglio, anche se come passatempi sono altrettanto solitari.
La religione in un angolo
WoW permette ai giocatori di abbandonare il proprio io della vita reale per alcune ore, ed è un gioco fortemente laico senza nessun tipo di connotazione politica. Anche se ci sono chiese e cattedrali, si rispetta la “Luce” e non si fa nessun riferimento a nessun “dio”. Se qualcuno si mette a predicare, è subito messo a tacere dagli altri giocatori: “Ti prego, non portare la religione nel mio tempo libero” Certo, alcuni giocatori mandano messaggi politici supplicando gli altri di votare se ci sono le elezioni nel proprio paese, ma in generale, solo gli eventi più importanti vengono comunicati durante il gioco. Quando esplosero le bombe a Londra, nel luglio 2005, un giocatore chiese: “Blair è Soulstoned?”, riferendosi ad uno degli incantesimi del gioco che permette di ridare immediatamente la vita a chi è stato ucciso. I commenti spiritosi e l’intelligente arguzia sono la base di WoW e i giocatori hanno creato un nuovo lessico. Mi permette di incontrare tantissime persone e di passare dei bei momenti, è qualcosa che chi non hai mai giocato non può capire.
La rivista dedicata a World of Warcraft: la rivista arriverà in Europa a novembre 2009, usciranno quattro numeri e sarà pubblicata simultaneamente in inglese, francese, tedesco e spagnolo.
Translated from World of Warcraft: Europe's video game addiction war