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Votami, ti darò una saponetta

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societàPolitica

Nell’entroterra dell’umido bacino del Congo la campagna elettorale è stata una vera sfida. Tra corruzione, irregolarità e miseria.

Donne e uomini del mercato di Yasira non si illudono sulle elezioni nella Repubblica Democratica del Congo e sui benefici che i loro voti porteranno. «Ci aspettiamo dei regali dai candidati, altrimenti non voteremo per loro» confida la ventenne Lobela Lionda all’agenzia Irin.

Bodouin Lombelejale, 43 anni e padre di dodici figli, non crede affatto che il suo voto possa cambiare la sua vita quotidiana. «Una volta che i candidati saranno stati eletti non li rivedremo mai più. Qui non cambierà nulla» sostiene. «Vogliamo vedere qualcosa oggi».

Quasi dieci anni dopo il movimento di rivolta che rovesciò la presidenza di Mobutu Sese Seko, durata 32 anni, la popolazione del Congo ha finalmente una chance per eleggere democraticamente il proprio presidente insieme a 500 membri del parlamento. Purtroppo però, nei primi di giugno, ancora nessuno a Yasira conosceva la data delle elezioni, fissate dopo molti ritardi e rinvii per il 30 luglio.

Campagna elettorale ad alta tensione

Nell’entroterra dell’umido bacino del Congo le notizie si diffondono lentamente. Guardando nell’aria si intravedono le vie cha hanno schiuso questo paese stupendo ai colonizzatori del Belgio, ora ingoiate dalla natura, che scompaiono in una foresta infinita.

Gli ostacoli da superare per poter far svolgere delle elezioni libere e democratiche in questo Paese vasto e anarchico sono tremendi.

Il mercato di Yasira, nella zona di Isangi, è il più grande luogo di commercio per una popolazione di 500.000 persone. Partendo in canoa o in piroga da Kisangani, capitale della provincia orientale, nel nordest del Congo, a circa 100 km dalla capitale Kinshasa, si impiegano alcuni giorni per raggiungere Isangi.

Spinti da un motore fuoribordo, il viaggio in canoa sui fiumi Congo e Lomami scorre attraverso una densa foresta secondaria, piantagioni di palme da olio abbandonate, un istituto agricolo in rovina e lo scheletro di una fabbrica di canna da zucchero abbandonata.

Lungo il fiume, in quasi ogni villaggio, sventolano bandiere gialle con l’insegna del Partito del popolo per la ricostruzione e lo sviluppo (Pprd): si tratta del partito politico del presidente Joseph Kabila, salito al potere nel gennaio 2001, dopo aver ereditato il ruolo di suo padre, Laurent-Désiré Kabila, leader del movimento di rivolta che rovesciò Mobutu.

Nessuna opposizione visibile

È difficile scorgere i colori degli altri candidati presenti alle elezioni. Sembra che la provincia orientale sia una sicura conquista del giovane presidente in carica. Quasi ogni osservatore che Irin ha incontrato ha detto la stessa cosa: «Kabila ha il potere economico, quindi vincerà».

Al mercato di Yasira un uomo vende droghe senza licenza; altri offrono pesce affumicato, banane e torta di cassava avvolta da foglie. A parte il piccolo commercio, l’economia è di fatto in ristagno. Qui, come in altri villaggi dell’impoverito cuore del Congo, l’elettorato è davvero bisognoso: «Vogliamo soldi, birra o magliette» dice un elettore.

A Kinsangani, a un mese dall’inizio ufficiale della campagna elettorale la gente girava per strada con t-shirt che portano le immagini e i nomi dei candidati .

«In tutta questa miseria si può facilmente comprare una persona povera con un pezzo di sapone» dice Suor Marie Madeleine Bofoe, direttrice della Ong cattolica Caritas ad Isangi.

Anche questo è un paradosso: un’elezione per porre fine al despotismo sta mettendo a rischio il futuro di un'intera società. «Non conosciamo nessun candidato, e non abbiamo alcuna idea su chi votare» dice Bebale Bombole, venditore di pesce.

Con più di 9.600 candidati al parlamento e un periodo di campagna elettorale limitato ad un mese, molti elettori non saranno in grado di prendere una decisione informata.

Mancanza di informazione

L’informazione giunge alla popolazione attraverso la radio, ma al mercato di Yasira non è stato possibile reperire batterie per almeno un mese. Quindi non c’è stata informazione per l’elettorato.

Il prezzo delle batterie è fuori portata per molti; un set costa 200 franchi congolesi (5 dollari), quattro volte in più di una retta mensile per la scuola.

Durante la sua presidenza Mobutu depredò le casse dello Stato, spendendo i fondi della nazione per acquistare yacht, aerei e per sostenere un sontuoso stile di vita fatto di viaggi in giro per il mondo e hotel di lusso. Quando Kabila padre marciò su Kinshasa la popolazione sperò in un cambiamento. Ora la paura è che la storia si stia ripetendo.

In Congo la corruzione è diffusa. In un recente scandalo sono scomparsi dal Ministero della Salute quattro milioni di dollari, quasi metà del budget ufficiale dello Stato destinato a medici e ospedali. La somma era stata messa da parte grazie ad un programma per l’alleviamento del debito dei paesi più poveri del mondo.

Nella cittadina di Isangi un amministratore non nega i problemi di governo con i quali il suo Paese deve confrontarsi: «Noi non abbiamo cultura politica, e le elezioni sono per noi qualcosa di nuovo. La gente non ha le basi per dare un giudizio di valore, e i candidati che distribuiscono regali vinceranno facilmente, imbrogliando».

Nominato un anno fa dal governo di transizione, questo amministratore ha ereditato un ufficio che era stato portato avanti da persone che per anni non hanno recepito alcuno stipendio. Dimenticati i computer; non c’erano nemmeno macchine da scrivere o carta.

Con un budget di partenza di 3000 dollari messo a disposizione dal governatore provinciale, l’amministratore ha acquistato una piroga a motore per iniziare un’attività che dovrebbe finanziare il suo ufficio.

Per aiutare il suo salario e quello di altri impiegati del governo prevede di comprare una motosega a catena per tagliare alberi della foresta da vendere. «In questo paese ti devi aiutare» dice stringendosi infelice tra le spalle.«Si chiama autofinanziamento».

La parola “Congo” è qui utilizzata per “Repubblica Democratica del Congo”, ex “Zaire”. Da non confondere con la vicina “Repubblica del Congo” o “Congo-Brazaville”.

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Translated from A vote for a piece of soap