Un'Area di libertà, giustizia e sicurezza
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giovanna d'addamioIl sistema di giustizia di uno Stato è lo specchio delle sue tradizioni, storia ed identità. La cooperazione in questo settore è spesso difficile.
L’espansione dei confini esterni dell’Unione Europea e la caduta dei confini interni ha avuto, come naturale conseguenza, il fatto che anche la criminalità può beneficiare della libertà di movimento. Il problema principale, per quanto riguarda le specifiche tradizioni giuridiche dei diversi Stati, consiste nel fatto che, a volte, questi ultimi si trovano a lavorare in direzioni opposte gli uni rispetto agli altri. Nel caso dell’estradizione, per esempio, il Governo francese ha per molti anni rifiutato di estradare i propri cittadini per i processi negli altri Paesi. L’impulso ad una riforma in questo campo è presente sin dal Trattato di Maastricht, ma solo in tempi più recenti i leader europei anno cercato di dar vita ad un’Area di libertà, giustizia e sicurezza comune all’interno dell’Unione Europea.
La cooperazione europea, più forma che sostanza?
Prima di questo progetto, la cooperazione era regolata in base ad accordi ad hoc che prescindevano dal diritto comunitario. Il passaggio di competenze dagli Stati all’Unione Europea si è rivelato più un evento di forma che di sostanza. Le iniziative non erano vincolanti per gli Stati membri, pertanto la loro adozione era inconsistente e inesistente la loro applicazione. Il Trattato di Amsterdam ha in qualche modo colmato queste lacune, includendo la possibilità di adire la Corte di giustizia europea per questioni rientranti in questo campo. Tuttavia la giurisdizione resta in maniera discrezionale affidata al singolo Stato membro. Gli strumenti legali sono vincolanti, ma permettono agli Stati di introdurre tali principi nella legge nazionale secondo le loro tradizioni. Questo procedimento rispecchia largamente il procedimento di implementazione delle direttive comunitarie, anche se la cooperazione nel campo poliziesco e giudiziario rimane confinata nelle politiche intergovernative piuttosto che essere inclusa tra quelle sovranazionali.
Il Trattato di Amsterdam ha rappresentato un’evoluzione rispetto alla precedente situazione della giustizia penale e lo è ancora, in un certo modo, ma molto deve essere ancora fatto. Il sistema è stato criticato per essere debole, un “villaggio Potemkin” travestito da seria riforma giuridica. Tuttavia, negli anni successivi all’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, questi strumenti si sono rivelati come un approccio innovativo e dinamico al diritto penale nell’Unione Europea. È significativo che il Consiglio Europeo di Tampere, nell’ottobre 1999, abbia stabilito che il principio del mutuo riconoscimento dovrebbe diventare la pietra miliare della cooperazione tra polizia e giustizia nell’Unione Europea. Scegliendo tale approccio, le sensibilità politiche sono state opportunamente bypassate, riguardo l’armonizzazione dei sistemi penali, in favore di un più spiccato permissivismo che richiede ad ogni Stato membro di rispettare le decisioni giudiziali prese altrove e di dare fiducia alla loro valutazione.
Una vera area di giustizia?
È necessario chiedersi comunque se questo processo porterà ad una giustizia efficiente a lungo termine. Il mutuo riconoscimento è naturale nel mercato unico, ma è discutibile se il Consiglio europeo ha adottato l’approccio migliore, estendendo questa procedura alle questioni penali. Infatti la forma blanda e politicamente conveniente soddisfa i governi nazionali ma appare, sostanzialmente, molto presuntuosa. La procedura sul Mandato di arresto europeo, per esempio, pur ponendo degli stretti limiti di tempo per la consegna dei cittadini accusati o condannati per un delitto in un altro paese, è meno incisiva per quanto riguarda la difesa dei diritti ed il rispetto delle procedure. Inoltre, il modo in cui le decisioni devono essere rispettate e riconosciute nell’Ue crea i presupposti per un sistema giuridico anomalo ed inefficiente, replicato a livello europeo. Mentre i membri attuali e futuri dell’Ue enfatizzano il loro rispetto nei confronti dei principi del giusto processo e dei diritti umani, casi come quelli di Theresa Daniels o Michael Shields, solo per citarne alcuni, lasciano intendere che gli stati, spesso, sbagliano a conformarsi a questo rispetto.
Troppa enfasi è stata posta sulla persecuzione dei criminali nell’Unione Europea e molto meno sui diritti di queste persone, mentre la struttura legale, nei cui limiti queste nuove misure vengono poste in essere, non dà sufficiente spazio al riesame delle azioni dello stato.
E' dunque prestando maggiore attenzione a futuri risvolti che si raggiungerà un’Area di libertà, sicurezza e giustizia che risponda a determinato requisiti.
Translated from An Area of Freedom, Security and Justice