Una storia d’amore a Chernobyl interpretata dall'ex Bond girl
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Nelle sale francesi è arrivato La terre outragée - il y a 25 ans, la via était douce à Chernobyl (La terra oltraggiata - 25 anni fa, la vita era dolce a Chernobyl), storia di una giovane ucraina sopravvissuta alla morte del marito nella tragedia nucleare, ma che non riesce a staccarsi dalla terra natale, maledetta e contaminata.
“Signora suo marito non è più un uomo, è diventato un reattore!”: sono queste le parole che Anya (Olga Kurlyenko) si sente rivolgere da un’infermiera, dopo averle chiesto a più riprese il permesso di visitare Piotr (Nikita Emshanov), il suo uomo, sposato il giorno prima della tragedia nucleare più rovinosa della storia.
E così Chernobyl, alla lettera “assenzio”, pianta dell'oblio, entra di schianto nelle vite di due giovani ucraini del 1986, residenti a Pripjat', cittadina di 50.000 abitanti sorta a pochi chilometri dal complesso nucleare.
Chiariamoci subito: la storia d’amore rimane secondaria, non è che un pretesto per parlare di una catastrofe umanitaria a un pubblico distante, e che è già passato attraverso la prova di innumerevoli documentari. Ma Chernobyl, dopo la recente tragedia di Fukushima, è rimasto a lungo un argomento troppo scottante per scoraggiare più di un regista dall’impresa di girarci su un film. Il sito delle riprese è, infatti, ancora contaminato, e le autorità ucraine non sono accondiscendenti verso quanti circolano nei paraggi del millenario sarcofago del reattore numero 4.
Il film resta fedele al suo secondo titolo: “25 anni dopo”. Pur non seguendo la biografia dei protagonisti fino al 2011, la regista divide il suo scenario in due momenti principali. Il primo, quello del mondo fiabesco e incontaminato degli ultimi giorni dell’aprile 1986, dove è ancora possibile che il giovane Valery (Vladyslav Akulyonok) pianti un melo in compagnia del padre, e che poco dopo incontri Anya, vestita da sposa, e Piotr, mentre stanno recandosi verso la loro festa di nozze a bordo di un sidecar. Come un cerchio perfetto, Valery e Anya si ritroveranno anni dopo su una panchina, ma i loro occhi avranno visto abbastanza per potersi ancora riconoscere.
La centrale nucleare è solo una quinta di sfondo nel film, un complesso futuristico che emette fumo verde iridescente nella notte del 26 aprile 1986, mentre tutto attorno la vita celebra la sua pienezza, e gli abitanti si preparano a festeggiare la giornata dei lavoratori del primo maggio. Il reattore nucleare, a cielo aperto dopo l'esplosione, sarà ricoperto nei mesi successivi da un sarcofago impenetrabile, grazie al lavoro di 600.000 "liquidatori" che lavoreranno all'aria aperta, sottoposti a un livello mortale di radiazioni. Ancora oggi le cifre dei morti per il disastro di Chernobyl, se si eccettuano le persone decedute a causa dell'esplosione, sono incerte.
Un museo a cielo aperto dell'Unione Sovietica
Al centro della macchina da presa resta la vita di Anya, interpretata dall’ex Bond-girl di Quantum of Solace (dove vestiva i panni di Camille), bellissima ucraina, vedova a ventisette anni, evacuata con la madre fuori dalla zona di pericolo il giorno seguente all’esplosione. Come documentato dai video girati in quei giorni, le autorità sovietiche all’inizio cercarono di occultare l’incidente, disponendo l’evacuazione in ritardo, senza spiegare agli abitanti il motivo della loro partenza.
E’ per questo che molti partirono con gli abiti da lavoro ancora indosso, senza preoccuparsi di svuotare le proprie case e di raccogliere oggetti personali. Oggi le abitazioni di Pripiat' sono qualcosa di simile a una Pompei dell’Unione Sovietica. Un tempio a cielo aperto dedicato agli dèi caduti dell’energia nucleare.
La terre outragée è una coproduzione di Les Films du Poisson ed è uscito in Francia il 28 marzo, dopo essere stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, al Festival di Toronto, e aver ricevuto il premio per la miglior sceneggiatura al Festival d'Angeres. Sarà proiettato in Ucraina il 26 aprile, per l’anniversario della tragedia, ma i responsabili di Les Films du Poisson non si sbilanciano ancora sulle date di uscita negli altri paesi.
Eppure la storia ha tutto per interessare un pubblico internazionale: un cast riuscito, una regista israeliana (Michale Boganim) al debutto in grande stile nella categoria del lungometraggio, un soggetto finora inusuale per le sale da cinema, e una trama che intreccia a doppio filo la vita sentimentale di una giovane donna con il desiderio di far ritorno alla propria terra natale (la terra oltraggiata del titolo) da parte dei suoi abitanti.
Anya stessa – e questa è l’unica rivelazione che vi facciamo – non riesce a partire da Chernobyl. Arruolata come guida turistica per i giornalisti e curiosi stranieri, condannata a vedere i suoi lunghi capelli sparire a manciate ogni giorno nello scarico della doccia, per effetto delle radiazioni, rimane intrappolata in una spirale di affetti, ricordi e fantasmi che popolano le strade larghe e desolate di Pripiat'. Qui la statua di Lenin dove ha scattato le foto del suo matrimonio, là i resti del parco giochi che non è mai stato inaugurato.. "Il passato è un paese straniero che non mi lascia partire", è la sua frase preferita.
Sull’argomento c’è ancora molto da dire: qual è stata la sorte degli evacuati? Sapremo mai quante persone sono morte davvero per colpa delle radiazioni? Qualcuno pagherà per gli errori, i ritardi, le inadempienze dopo ventisei anni dall’accaduto? Non erano queste le domande alle quali il film si proponeva di rispondere, e lo ringraziamo di averci portato, sebbene per due ore soltanto, all’interno di un regno mitico, dove l’energia nucleare era ancora il futuro dell’umanità e le foreste splendevano di verde.
Purtroppo, tutto questo è solo fantasia.
Foto di copertina e testo: gentile concessione di © Les Films du Poisson; foto della ruota di Pripiat': lacorso/flickr. video trailer: fondationgroupamagan/youtube.