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Un lupo liberista nelle vesti di pecora

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Lorenzo Morselli

Nel ridefinire la strategia di Lisbona, Barroso suona l’offensiva generale contro il modello sociale europeo.

Gli scopi erano nobili quando nel 2000 i capi di Stato e di governo s’incontrarono in Portogallo per dar vita alla cosiddetta Agenda di Lisbona. I “capi” volevano, tramite un’interazione fra politiche sociali, economiche, educative e ambientali, trasformare la Comunità nell’area economica la più dinamica del mondo entro il 2010.

Per il momento, non non ci sono ancora riusciti. Dopo ormai più di cento giorni dall’inizio del mandato di Presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso prende in mano le redini della faccenda. Ha intenzione di ridisegnare la strategia di Lisbona, lasciando così la sua prima impronta di Presidente della Commissione. Laddove il suo predecessore Romano Prodi si era attenuto alla formulazione originale di idee ed obiettivi, Barroso, da politico essenzialmente autoritario, vuole adesso imporre una politica più violenta: secondo lui, nell’implementazione dell’Agenda di Lisbona si dovrebbero lasciare da parte gli aspetti sociali ed ambientali. Contro questo concetto, però, si sono fatte sentire le proteste sia da parte del Parlamento Europeo che della Presidenza Lussemburghese del Consiglio. In particolare, i Socialisti e i Verdi in Parlamento non vogliono capire perché il concentrarsi solo su economia ed educazione, come proposto da Barroso, dovrebbe facilitare la realizzazione dell’Agenda di Lisbona. Il Presidente della Commissione torna a dar vita alla vecchia contrapposizione, pregiudiziale, tra politiche economiche e politiche ambientali.

Ridurre le ambizioni?

Barroso prende come pretesto i magri risultati finora dati dalla Strategia di Lisbona. Più crescita, più posti di lavoro, un migliore sistema educativo anche più unito, e pure una politica innovativa non inquinante erano quello che i capi di Stato e di governo si erano fissato come obiettivo per la fine del decennio. Di tutto questo, finora, non è stato conseguito quasi niente. E secondo Barroso, la colpa sarebbe dell’ambizione spropositata del progetto iniziale: “Dobbiamo identificare un numero limitato di misure che abbiano un’importanza centrale per l’occupazione e la crescita”, e queste misure sarebbero soprattutto la politica economica e dell’educazione. Binomio che rimane aspramente controverso.

Subito criticato

“L’Europa deve proteggere con certezza il proprio modello sociale” è stata la risposta a Barroso di Jean-Claude Juncker, primo ministro del Lussemburo, e titolare attuale della Presidenza a turni dell’Unione Europea. E nelle priorità della presidenza Lussemburghese si insiste proprio sullo sviluppo complessivo della strategia di Lisbona, in tutti i suoi punti.

“La competitività europea va messa sullo stesso livello dello sviluppo sostenibile, della solidarietà sociale e di una politica ambientale responsabile, tre aspetti che la Commissione Barroso stà trascurando” sottolinea Daniel Cohn-Bendit, presidente del gruppo dei Verdi al Parlamento Europeo.

I critici di Barroso trovano appoggio alle loro argomentazioni addirittura nei documenti della stessa Commissione. In recenti indagini della Commissione, si legge che l’industria “ecologica” cresce molto meglio che il resto dell’economia europea. “Dobbiamo sbarazzarci dell’idea che la protezione ambientale sia un lusso” dice proprio Stavros Dimas, conservatore greco diventato Commissario all’Ambiente. “La politica ambientale è un pilastro fondamentale della strategia di Lisbona. L’Europa deve investire di più nell’innovazione ecologica e allo stesso tempo aumentare la competitività. Le technologie ecologiche possono darvi un contributo decisivo”.

“Gli Stati-membri devono fare di più per rilanciare l’occupazione, ridurre la povertà e provvedere pensioni che siano sufficienti e sostenibili anche nel futuro”, richiede Vladimir Spidla, Commissario per l’Occupazione, gli Affari Sociali e le Pari Opportunità. Regna però la confusione in seno alla Commissione su come queste carenze andrebbero trattate e risolte. Il 21 e 22 marzo, all’occasione del loro summit, i capi di Stato e di governo hanno deciso di discutere di nuovo del tema. Per questo farebbero bene a guardare attentamente i documenti dei vari Direttorati Generali. Da questi si può infatti intravedere a cosa potrebbe assomigliare una politica economica europea d’avvenire. E non sarebbe neanche male che qualcuno ne riferisse pure a Barroso.

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Translated from Liberaler Wolf im Schafspelz