un eurogruppo della difesa, un'iniziativa credibile?
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Giulia LenaL’Unione europea (Ue) è una costruzione pratica e non naturale che è nata dopo cinque secoli di conflitti armati. Pur non essendo perfetta, è la forma di cooperazione più riuscita al mondo. È giovane, 63 anni, cosa che paragonata agli Stati nazionali la rende un "grande" neonato, a cui si chiede di comportarsi come un adulto maturo.
L'idea dominante della creazione dell'Europa è stata "Mai più questo". Tuttavia, le basi orginariamente "pacifiste"[1] dell’Ue sono evolute di pari passo con la mutazione del sistema internazionale e del suo allargamento.
Il segnale dall'allarme, sebbene un po' brutale, è necessario: l’Europa è un attore delle relazioni internazionali e non semplicemente un distributore di fondi. Che fare quindi? Che fare soprattutto in un contesto dove i budget destinati alla difesa vengono ridotti e dove la figura tradizionale del soldato come eroe della patria è scomparsa, lasciando posto all'immagine del soldato vittima della guerra?
Certo, la soluzione potrebbe essere quella di un eurogruppo della difesa, ovvero un nucleo di Stati che cooperano in campo militare. L’idea non è originale nel senso che riprende la forma di tutti i grandi progressi dell'Ue, la cui genesi si trova sempre in un "gruppo di pionieri", per riprendere la terminologia dellla relazione consegnata al senato nel luglio 2013[2]. Un eurogruppo della difesa potrebbe quindi iscriversi in una tradizione europea.
Un eurogruppo della difesa implicherebbe un abbandono delle capacità nazionali?
Si tratta di un timore legittimo, ma la risposta è negativa. In effetti, non esiste una volontà europea permanente di cooperazione organizzata e completamente integrata. La componente militare è fondamentalmente regale ed è sempre più attuale la questione dell'aumento dell'efficacia dei mezzi militari di ciascuno e dell'adattamento al mondo che ci circonda. Il posto della Francia non si è infatti rimpicciolito a livello internazionale, ma sono piuttosto gli altri ad essersi ingranditi. Le sfide da affrontare sono: poter assumere le nostre responsabilità / giocare nella stessa categoria dei "grandi" del mondo. In effetti, come faremmo a confrontarci con l'India e i suoi 1237 miliardi di abitanti o con la Cina e i suoi 1351 miliardi di abitanti quando noi francesi siamo "solo" 65,8 milioni? È chiaro che il rapporto cambia quando ci confrontiamo con loro forti dei 505,7 milioni di abitanti dell'Unione registati nel 2013 (700 milioni nel 2014) e con un budget per la difesa degli stati membri più ampio di quello degli Stati Uniti.
Per far sì che questa osservazione sia efficace, bisogna in primo luogo considerarla come un dato di fatto e poi muoversi verso una cooperazione maggiore tra gli attori capaci di prendere decisioni e soprattutto in grado di assumerle.
Quali sarebbero i membri dell'eurogruppo della difesa?
In modo cosciente o meno, le basi di un eurogruppo della difesa sono già state posate. Gli stessi paesi europei si trovano a fianco l'uno dell'altro in missioni civili o militari da diversi anni. Potremmo considerare la Francia e il Regno Unito come la spina dorsale[3], seguiti da vicino dalla Germania, poi il Belgio, la Spagna, l'Italia e la Polonia.
Il Regno Unito, non troppo entusiasta dell'idea di questo eurogruppo, non potrebbe farne a meno. Questo progetto potrebbe provocare negli inglesi un'avversione, ancora più forte di quella che provano per l'Ue, contro l'idea che la Francia possa tenere le redini di un progetto destinato a realizzarsi. I 28 membri dell'Unione, infatti, riconoscono che la difesa dell'Europa è un elemento necessario. E d'altronde, la supremazia francese in qualsiasi campo essa sia è sempre stata ritenuta insopportabile dalla Gran Bretagna, e di certo, questo atteggiamento in voga sin dal XVII secolo non è pronto a cambiare. Ci si può vedere una sorta di equilibrio delle potenze contemporaneo. Il Regno Unito, se non sarà sostenitore convinto, non sarà nemmeno un disertore dato che non è nel suo interesse quello di permettere alla Francia di rafforzare da sola le sue capacità difensive in Europa.
Attualmente la Germania mostra una repulsione per ogni discorso militare, e non solo in ambito europeo, ma anche per quanto riguarda il mantenimento della pace alle Nazioni unite. Ora, la relazione al Senato sottolinea un parametro davvero interessante: la Germania sembra essere interessata dal tema della difesa solo dal punto di vista industriale, vale a dire principalmente per quanto riguarda le esportazioni di armamenti (in Egitto, Arabia Saudita...). Questa relazione sottolinea che non bisogna limitarsi a considerare la Germania così come lo facciamo oggi. La Germania fra 10 anni sarà diversa da quella che conosciamo oggi. Se un giorno i tedeschi avessero bisogno di un esercito, avrebbero i mezzi finanziari e industriali per lanciare la macchina[4]. Nel frattempo, sanno di essere protetti in seno all'Europa. I tedeschi sono, insomma, pragmatici, realisti e un filo opportunisti. Inoltre Angela Merkel è supportata da una forte maggioranza, che potrebbe portare ad altri passi avanti verso un'integrazione maggiore. La Germania quindi non sarà forse immediatamente un membro attivo, ma potrebbe aderire al progetto.
Questi paesi detti "pionieri" hanno dei collaboratori regolari all'interno delle missioni europee. L’EUROMARFOR[5] raggruppa il Belgio, la Germania, l'Italia e la Francia. È stato chiamato ad operare dall'Onu per la prima volta nella FINUL II nel 2006 (ovvero 15 anni dopo la sua creazione!). Il dispositivo EATC[6] raggruppa a sua volta la Germania, la Francia, i Paesi Bassi, Lussemburgo e il Belgio. La Spagna dovrebbe unirsi al gruppo l'estate prossima e l'Italia osserva tutto attentamente. Operativo dal 2010, è riconosciuto da molti come un successo e un modello da seguire. Questa "co-participazione" europea è un buon esempio di condivisione e mutualizzazione. Ogni paese mantiene la propria sovranità sui materiali messi in comune e può recuperarli se necessario. Sono già stati registrati dei risparmi e il meccanismo è in moto. Dall'altra parte, la Francia coopera peraltro anche con la Polonia, specialmente per quanto riguarda l'allenamento e la formazione di forze speciali.
Il Trattato di Lancaster House[7] non fa che rinforzare il tutto e, nell'ottobre 2013, è stato realizzato un accordo di impegno da parte della componente aerea, associando sette altre nazioni (Australia, Canada, Danimarca[8], Germania, Italia, Norvegia e Stati Uniti). Un nuovo accordo, terreste questa volta, è programmato per la primavera del 2014.
Le porte non sono chiuse ad altri paesi. Alcuni meno avanzati nell'ambito della difesa potrebbero addiritturna trarne vantaggio, seguendo l'insegnamento offerto dalle operazioni di mantenimento della pace delle Nazioni unite. Succede infatti che Stati, dai quali non ci si aspetta particolarmente un impegno forte, inviino truppe e mezzi importanti sotto ordini dell'Onu. L'idea alla base è di mantenere i loro materiali in buono stato grazie ai fondi dell'Onu e aver accesso a una formazione che altrimenti non avrebbero mai acquisito soli (ad esempio quelli che danno il contributo maggiore sono Bangladesh, Etiopia, Ghana, Pakistan). Potrebbe succedere lo stesso in seno all'Ue, per arrivare alla fine a un vantaggio per tutti.
Un approccio rivolto al futuro: qual è l'interesse di un eurogruppo della difesa?
Mettendo in moto la dinamica di un eurogruppo della difesa, possiamo creare la struttura di una condivisione delle forze terrestri, aeree e marittime per interventi umanitari o per aiuti di emergenza (come per il Mali, nella Repubblica centrafricana). Dobbiamo ugualmente immaginarci un braccio di politica estera forte, complementare alla NATO, capace di evitare i pericoli e difendere le nostre frontiere e interessi.
L'obiettivo sarà quello di una interoperabilità delle forze armate, o addirittura una cooperazione in materia di armamento. La Francia spera in effetti di poter raggiungee un orizzonte europeo che permetta una condivisione delle tecnologie. Il progetto di un eurogruppo della difesa rappresenterebbe il primo passo per alleggerire i costi. All'interno dell'Ue vi sono infatti 17 programmi di carri armati, 17 programmi di fregate, 17 cantieri navali militari (contro 2 solo negli USA). I magri fondi destinati alla ricerca e allo sviluppo sono quindi utilizzati per la maggior parte per ricerche simili nei paesi europei. È chiaro che tutti questi programmi non serviranno a niente. Anche se non è uspicabile fermarli poiché fanno sopravvivere l'industria dei paesi in questione, bisogna considerare questa realtà per i progetti futuri. L'Ue non ha alcun interesse ad aver 17 progetti per costruire droni o diversi programmi di rifornimento in volo (sarebbe già considerevole poi avercene uno!). La strada è lunga, ma noi abbiamo la fortuna di avere tempo. L'importante è di non farsi cogliere di sorpresa, il mondo fa progressi, ed è giunto il momento che la difesa europea faccia lo stesso.
[1] Questa espressione è tra virgolette perché benché la guerra sia scomparsa dal territorio europeo, gli Stati non hanno smesso di prendere parte a dei conflitti armati (Aleria, guerra del Golfo, guerra dei Balcani, Afganistan, Iraq…)
[2] " Ogni volta che la strada della costruzione europea si è trovata ostruita da un ostacolo di sovranità, le nazioni europee sono ricorse al metodo del gruppo pioniere. È stato il caso per la moneta unica: l'euro. È stato il caso per eliminare le frontiere interne: Schengen" III, C, 170. Relazione di informazione fatta per conto della commissione degli affari esteri, della difesa e delle forze armate per conto del gruppo di lavoro: «Quelle Europe, pour quelle défense ? » Luglio 2013
[3] Le due potenze nucleari dell'Europa.
[4] Considera che le "minacce a sud, l'islamismo radicale non siano veramente un affar suo e che ad ogni modo gli Stati Uniti, la Francia o il Regno Unito se ne occupino, ognuno nella sua area. I tedeschi si dedicano principalmente all'economia e nel momento in cui un esercito sarà necessario, avranno ancora un'industria che permetterà loro di ricorrere agli armamenti. E poi arrivano circa 300 000 immigrati europei all'anno, perciò non raccontiamoci troppo la storia della demografia tedesca". Esame della Commissione della relazione di informazione fatta per conto della commissione degli affari esteri, della difesa e delle forze armate per conto del gruppo di lavoro: «Quelle Europe, pour quelle défense ? » Luglio 2013.
[5] Le Forza Marittima Europea (Euromarfor o EMF) è una forza marittima multinazionale, capace di condurre operazioni navali, aeronavali e sottomarine, in base alla missione assegnata.
[6] Il comando europeo del rasporto aereo (EATC - European Air Transport Command) è stato inaugurato il 1 settembre 2010. Frutto di un progetto lanciato nel 1999 dall'accopiata franco-tedesca, questo comando con sede ad Eindhoven, nei Paesi Bassi, permetterà agli eserciti partecipanti (tedesco, belga, francese, olandese) di condividere i loro mezzi di trasporto aerei. Gli aerei dei diversi paesi risponderanno all'autorità dell’EATC, e non al loro comando nazionale.
[7] I trattati di Londra o gli accordi di Lancaster House sono i due trattati militari firmati durante il vertice franco-tedesco di Londra, a Lancaster House, dal presidente francese Nicolas Sarkozy e il primo ministro britannico David Cameron il 2 novembre 2010. Il primo riguarda "le installazioni radiografiche e idrodinamiche comuni" e lo sviluppo e l'utilizzo delle armi nucleari. Il secondo è una "cooperazione in materia di difesa e sicurezza" e si occupa del "ricorso e dell'uso delle forze armate", dei "trasferimenti di tecnologie" tra le due industrie dell'armamento, i programmi di acquisto di aarmamenti, gli scambi di informazioni.
[8] È interessante notare che la Danimarca partecipa a questi esercizi congiunti mentre ha deciso di non participare alla Politica europea di sicurezza e difesa (PESD) e non fa quindi parte dell' Agenzia europea per la difesa (AED).
Translated from Un Eurogroupe de la Défense ?