Tweet e pomodori: la Dublino degli Urban Knights
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Elisabetta CassoneÈ evidente che lo Spire di O’Connell Street, a Dublino, ricordi la lancia di un cavaliere. Del resto è facile incontrare gli Urban Knights nella capitale irlandese. Uno dei loro hotspot è un tetto dalla superficie di 400 m2 nel centro della metropoli: qui, tra tecnologie high-tech e prodotti biologici, nasce l'Urban Farm.
"Una fattoria nel mezzo della città?". È la risposta incredula che ricevo in dialetto irlandese, quando chiedo al gestore di una trattoria dove sia la Urban Farm. Eppure l'indirizzo è giusto… Sollevo la testa, il sole accecante mi fa socchiudere gli occhi. In effetti, la fattoria urbana è davvero ben nascosta. Chi vuole vederla deve salire innumerevoli rampe di scale. Sul tetto c'è un continuo via vai: un paio di galline razzolano sulla paglia accanto a delle piccole piante di pomodoro, cespi d'insalata spuntano da botti di colore blu e piante di cavoli sventolano di fronte allo skyline di Dublino.
Sebbene per alcuni il progetto della Urban Farm potrà sembrare folle o addirittura utopistico, nessuno può negare che sia affascinante. Tutto inizia nell'Irlanda scossa dalla crisi, quando due giovani dublinesi non si rassegnano ad andare all'estero per cercare lavoro. Andrew Douglas e il suo compagno di affari Paddy O'Kearney decidono di inventarsi un'occupazione da soli. "L'idea della Urban Farm mi è venuta in mente perché avevo voglia di fare giardinaggio in città!", racconta Andrew Douglas. "Ho cercato dei posti in città in cui potessi coltivare cibo biologico e utilizzare tecniche innovative anche all'interno degli edifici". Nel 2002, dopo una lunga e difficile ricerca, Andrew scopre una miniera d'oro: il tetto dell'ex fabbrica di marmellata William &Woods.
Brainstorming per la città
Teresa Dillon, irlandese, non ha ancora visitato la Urban Farm, ma, sebbene lontana dalla sua patria, ne è al corrente: "È un progetto davvero magnifico", afferma. Lei è l'ideatrice di Urban Knights, un'iniziativa decollata con la mostra Hack the City di cui è stata curatrice e che è stata esposta l'anno scorso alla Dubliner Services Gallery. Con il progetto Urban Knights, Teresa ha creato una piattaforma di networking per chi desideri trasformare uno spazio 'negativo' in qualcosa che sia utile alla comunità. È durante uno degli incontri organizzati, che Andrew Douglas ha presentato la sua idea di riprendere l'orticoltura nel centro della capitale.
Jeans logoro, scarpe da ginnastica variopinte, t-shirt stropicciata e con la terra sotto le unghie delle dita: mentre parla delle 320 specie di pomodoro che sono scomparse dagli scaffali dei supermercati europei, Andrew Douglas ricorda molto più il prototipo di un giardiniere bizzarro che non un cavaliere metropolitano.
Oggi la "fattoria sul tetto" produce soprattutto pomodori, insalata, cavoli e qualche uovo, grazie a 8 galline che sperano di ricevere qualche scarto di verdure in compenso. Oltre a ciò, funghi champignons e pesce. Inoltre, un dispositivo di compostaggio produce un fresco humus sfruttando i rimasugli del caffè provenienti dai locali del centro storico.
"La Urban Farm è un concetto rivoluzionario non solo per Dublino, ma per l'intero Paese", afferma con orgoglio Andrew Douglas. L'utopia non è data soltanto dall'idea di trasferire la produzione di alimenti sui tetti, ma anche e soprattutto, dal concetto di "impresa sociale". Chiunque può diventare membro della community della Urban Farm e la ricerca di finanziamenti passa soprattutto per internet. Andrew ripartisce il suo tempo tra un "lavoro che serve a guadagnare soldi" e la fattoria a cielo aperto: "lavoro 20 settimane per guadagnarmi da vivere e poi passo 5 settimane sul tetto, ma se potessi, me ne starei sempre qui!", confessa.
"Dietro agli infiniti esemplari di piante – un numero imprecisato tra i 200 e i 300,– c'è però una quantità di lavoro immane", ricorda Keira, mentre è impegnata a catturare un pollo. Qualche mese fa, la ventiquattrenne ha lasciato un posto di lavoro ben retribuito da informatico per collaborare al progetto della Urban Farm. "Le persone sono molto curiose di sapere cosa è successo qui e arrivano da ogni dove per dare il loro contributo o impegnarsi come volontari", racconta Douglas. Poiché molti vogliono sapere come si trasforma una vecchia grondaia in un'aiuola, vengono anche organizzati dei workshop sulle coltivazioni sostenibili. Per le sue opere di Urban gardening, tutte concepite da materiali di scarto riciclati, Andrew trova spesso ispirazione sul web. "'Copy&Paste Farm' sarebbe un nome più adatto!", confessa, mentre un sorriso compiaciuto si fa largo sul suo viso.
giardinieri 2.0
Senza internet la Urban Farm non sarebbe la stessa. Se sia una conseguenza dell'atmosfera high-tech e informatica di Dublino, o meno, non è dato saperlo, ma orticoltura e tecnologie moderne hanno molto più in comune di quanto si pensi. Ciò diventa evidente, per esempio, quando si osserva al funzionamento dell'"acquaponica" che si trova sul tetto della Urban Farm e di cui Andrew va particolarmente fiero. In quest'opera giocano un ruolo fondamentale i pesci tilipia. Gli escrementi di quest'ultimi arricchiscono l'acqua che diventa un ottimo concime biologico per le ciliegine, l'insalata e i cavoli. Ma non è finita qui: i tank, nei quali i pesci si aggirano prima di finire nelle cucine dei ristoranti dublinesi, sono tutti collegati tra di loro. "Grazie a un microprocessore, a una webcam e a un software open source, i pesci 'inviano dei tweet' alle scuole californiane e al mondo intero", dice Andrew, che svela così il segreto di questi insoliti acquari. "In questo modo, la Urban Farm è collegata con 3 classi liceali statunitensi. Gli alunni possono controllare il livello dell'acqua, il contenuto di ossigeno delle cisterne o apprendere i valori del ph dei pesci".
L'unico aspetto di cui Andrew Douglas si preoccupa sono le condizioni atmosferiche della capitale: "cerchiamo di ottenere il meglio dal tempo irlandese: qui non fa che piovere!". Ma l'estate afosa, che quest'anno ha sorpreso Dublino, prospetta obiettivi "utopici" in tempi realistici. Da poco tempo un altro ristorante ha mostrato interesse per le patate della Urban Farm. Del resto, una cosa è certa: Andrew Douglas continuerà a coltivare prodotti e a fare il pedante con tutti i commercianti fino a quando non si potranno mangiare Fish and Chips biologici, made in Urban Farm, in tutta la città.
Video Credits: GuinnessEurope/youtube
Questo articolo fa parte dei reportages “EUtopia on the ground”, progetto di Cafébabel.com sostenuto dalla Commissione Europea, in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri francese, la Fondazione Hippocrène e la Fondazione Charles Léopold Mayer.
Translated from Tomaten und tweetende Fische in Dublin