Trio Joubran, palestinesi innanzitutto. "Con la musica chiediamo diritti"
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Nadia DellapianaSamir, Wissam e Adnan Joubran sono musicisti internazionali le cui esibizioni e creazioni restano tuttavia radicate nella loro terra nativa: la Palestina.
Abbiamo incontrato i tre fratelli a Parigi due settimane prima che l'ONU prendesse in considerazione la richiesta della Palestina di essere riconosciuta come stato, e abbiamo parlato delle speranze per la loro patria e di come queste influenzino la loro musica.
Luci soffuse, teatro dall'atmosfera sommessa; tre fratelli in semi-cerchio, con il batterista (Youssef Hbeisch, 43 anni) davanti a loro, suonano in un ambiente spruzzato di arancione e rosso, che evoca un calore generalmente associato all'Oriente. La musica parte in sordina, ma intensamente. I giovani siedono in posizione eretta, e sembrano fissare una fonte di luce. Il ritmo della musica si fa più incalzante. Poi si rilassano. I loro corpi ondeggianti paiono danzare insieme ai loro “oud” (strumenti della tradizione araba), in un numero giocoso ma altamente di classe. L'esibizione del Trio Joubran al Théâtre d'Ivry di Parigi il 14 settembre è malinconica e spudoratamente esotica. È dolce ma decisa, come l'iniziazione del pubblico all'Oriente.
Le origini dei tre fratelli emergono in tutto ciò che dicono e suonano. Il più anziano, Samir, rivolgendosi in inglese al pubblico, racconta della primavera araba nonché della sua speranza e del suo orgoglio per la Palestina. “Tra due settimane (pochi giorni ormai per chi legge, ndr) avremo bisogno del vostro appoggio”, dice il 37enne ad un ampio pubblico qui presente per la presentazione stagionale di un anticonvenzionale programma teatrale 2011/2012. Con quest'affermazione il riferimento alla richiesta della Palestina all'ONU è evidente. “Siamo stufi di vivere nell'occupazione - spiega a fine spettacolo. Vogliamo solo vivere in pace e giustizia, ottenendo i diritti che ci spettano. Io ho speranza”. “Tutte le nazioni hanno dovuto intraprendere questa strada per essere riconosciute come stati”, dice il fratello 27enne. “Persino Israele”.
Riportare la conversazione alla musica è un'ardua impresa. Il direttore del Theatre d'Ivry Adel Hakim ha diretto una pièce teatrale a parte, in arabo, con attori provenienti dal teatro nazionale palestinese, e lo stesso Trio Joubran recita un ruolo. L'opera verrà messa in scena qui a marzo 2012. Il direttore descrive i palestinesi con cui ha lavorato come artisti vincolati ad essere “prima palestinesi, e poi artisti”. Secondo Wissam, la musica del trio scaturisce direttamente dalla loro patria in maniera molto consapevole. “Ci esibiamo in tutto il mondo ma ci assicuriamo che ogni nuova produzione parta dalla Palestina”, dice. “Vogliamo catturare la potenza e l'energia della nostra gente nel nostro labvoro. Sono questa energia e la loro approvazione per le nostre creazioni ad incoraggiarci al successo internazionale.”
Se i tre fratelli sono obbligati ad “essere prima di tutto palestinesi, poi artisti”, allora sono anche ambasciatori che si servono delle loro esibizioni per diffondere una cultura spesso offuscata dalla politica della loro regione, da un confine all'altro. La riflessione quasi impone una domanda: come potrebbe cambiare l'ossatura delle loro magnifiche esibizioni, se la Palestina fosse uno stato universalmente riconosciuto e se i tre fratelli non avessero più la necessità di combattere per la loro identità? Quale diventerebbe allora la loro fonte di ispirazione?
Il Trio Joubran sarà in tour in Francia, Germania, Svizzera e Austria tra settembre e dicembre
Images: main © Trio Joubran/ Myspace; in text © Trio Joubran; video/ Youtube
Translated from Trio Joubran: ‘It’s hard to be Palestinian musicians in the world’