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Tra i russi di Tallinn

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Culturasocietà

Viaggio tra due popoli, quello estone e quello russo. Tra differenze culturali e continuo progresso.

Quasi tutti i venditori ambulanti e i tassisti che mi capita di incontrare nel centro di Tallinn parlano russo. Le stradine del centro storico sono prese d'assalto dai turisti che si accalcano come formiche infestando i numerosi bar all’aperto. Negli anni seguenti alla perestroika e all'indipendenza ottenuta dall'Urss nel 1991, l’Estonia si è trasformata in un Paese prosperoso e ormai integrato nell’Unione Europea. E, soprattutto, fiero della sua sovranità. Ma quanto può influire l’incapacità di parlare l’estone sull'integrazione in una società con una serie di problemi appena lasciati alle spalle?

Il Milite dimenticato

Due mesi dopo gli scontri dell' aprile 2007 per la rimozione della Statua del Milite di Bronzo, spostata dal centro ad un cimitero militare, il clima sembra disteso. Non c’è molto che ricordi le rivolte che hanno sconquassato Tallinn, provocato uno scontro diplomatico con Mosca e causato invocazioni di vendetta, un morto, 135 feriti e 800 arresti.

Il 3 settembre 2007, il Governo estone ha deciso di scommettere ancor più sulla lingua estone rendendo obbligatorio lo studio di almeno una delle materie della scuola secondaria in questa lingua. Con tutti questi eventi, come se la passa la minoranza russa – circa un quarto della popolazione – nell’ Estonia indipendente? Quando lasciamo lo splendore del centro storico, si passa da palazzi luccicanti a grigie costruzioni in stile sovietico, reliquie dei cinquant'anni di occupazione.

Gadget antirazzismo

A generare le tensioni tra le due comunità può essere stata una certa opposizione della minoranza ad integrarsi nella società. Un tema difficile diffuso nell’Ue. «Questa è l’Estonia e loro (la comunità russa, ndr) non vogliono integrarsi», dice un gruppo di gente locale in un bar al confine della città vecchia. Più tardi quella sera, mentre stiamo aspettando un filobus, due ventenni alla nostra fermata discutono sugli svantaggi che ha chi non parla estone. Anche loro sono convinti che «sono i russi a non integrarsi».

L’ufficio dell’ Ong Unione Giovanile, nella trafficatissima via di Pärnu Mnt, è pieno di gadget antirazzismo. «Siamo russi, perché dovremmo abbandonare le nostre radici, la nostra eredità, la nostra letteratura, la nostra storia?», dicono in coro il 31enne Igor Ivanov e la 42enne Maia Meos impegnati per i diritti della minoranza e per la non-discriminazione. Sono convinti che la loro identità sia stata estirpata da quando l’Estonia ha ottenuto l’indipendenza nel 1991. Uno scontro culturale che emerge nell’acceso dibattito che circonda il Milite di Bronzo. Per un gruppo è il simbolo della lotta coraggiosa contro i nazisti, per l'altro la rappresentazione degli anni bui dell’occupazione sovietica.

Disoccupazione più elevata tra le minoranze

Ma la minoranza russa è davvero così svantaggiata? Certo alcune scelte del Governo non aiutano. La promozione discriminatoria dell’estone da parte del governo, ad esempio, preclude o almeno inibisce la significativa minoranza dall’entrare all’università ed intraprendere le cosiddette "professioni dei colletti bianchi". La disoccupazione della popolazione tra i 15 e i 24 anni per i non-nazionali è del 29.4%, rispetto al 9.5% per gli estoni. «Ma ti puoi rivolgere ad un’istituzione che parla russo per i "lavori dai colletti blu"», specifica Ivanov. Inoltre la disoccupazione è più alta, in proporzione, tra le minoranze linguistiche. Questo contribuisce ulteriormente all’ «esclusione sociale e alla vulnerabilità di altri diritti umani. Molti membri di questo gruppo non possono effettivamente godere appieno dei loro diritti economici, sociali e culturali», secondo un rapporto di Amnesty International.

Quarto Potere

Oggi circa 11mila cittadini russi vivono stabilmente in Estonia. Dopo l’indipendenza molti immigrati dell’era sovietica hanno richiesto la cittadinanza russa. Tuttavia la grande maggioranza di quelli che parlano russo ha dovuto richiedere la cittadinanza estone o è diventata residente permanente in Estonia con cittadinanza ancora "indefinita". Sebbene stia diminuendo dopo l’indipendenza, questo gruppo costituisce ancora il 9% circa della popolazione.

Tale minoranza si sente a casa in Estonia, possiede un passaporto estone, ma non può beneficiare dei vantaggi (come la libertà di movimento) che sono fondamentali per diventare membri dell’Unione Europea. Questa discriminazione si riflette anche nella Carta d’Identità estone, sulla quale gli estoni e i non-nazionali sono contrassegnati da lettere differenti. Quasi una presa in giro del motto dell'Unione Europea ("Unità nella Diversità"). «Se la divisione fosse stata fatta sulla base del colore della pelle, tutti avrebbero gridato allo scandalo. Mirata sui russi, invece, la discriminazione non è considerata tale».

«Costituiscono una minoranza, ma nata qui» dice con rammarico un emigrato coreano, ex-professore universitario.

L’integrazione forzata aggiungerebbe solo benzina sul fuoco. L’integrazione per funzionare deve essere organica ed accettare sia il suo passato – sebbene pieno d’ombre – sia la sua direzione futura. Solo il tempo ci dirà se le divisioni sociali potranno essere superate.

(Foto CY)

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