Tim Luscombe, per un teatro britannico ed europeo
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francesca genoveseI britannici sono noti per il loro euroscetticismo e la relativa ignoranza verso quel che sta al di là della Manica. Fa eccezione Tim Luscombe, commediografo, che ci parla del suo ultimo lavoro, del Festival Eurovision e dell’“insularità” britannica.
«Mi vergogno di essere inglese», esordisce. È un martedì pomeriggio qualunque, sono seduto in un caffè sull'angolo vicino al London Bridge, e davanti a me ho uno dei più giovani e promettenti commediografi e registi della scena londinese. Tim, quarantacinque anni, una giacca di pelle sportiva addosso, è molto british, con i suoi capelli corti e un inglese impeccabile. Formatosi alla Old Vic Theatre School di Bristol, è stato direttore artistico della Gay Theatre Company di Londra, da lui fondata nel 1991 con Adam Magnani. Il suo secondo lavoro, The one you love (La persona amata), è stato prodotto a Berlino dal Deutsches Theater, mentre il suo ultimo pezzo teatrale, The Schumann Plan (Il piano Schumann), va in scena a Londra in questi giorni. Tre delle sue commedie sono state candidate ai Lawrence Olivier Awards (precedentemente conosciuti come The Society of West End Theatre Awards).
Nella sua ultima opera, The Schumann Plan, Tim mette in scena la storia dell'Unione Europea attraverso il racconto della vita di Bill, un funzionario idealista che finisce per diventare un eurocrate disilluso. «In un certo senso la commedia spiega perché i britannici sono come sono». Il pubblico viene posto di fronte ai vari punti di vista britannici sull'Unione Europea, rappresentati da diciassette personaggi diversi, il tutto in tono semiserio. «Spero che la commedia venga accolta anche in altri paesi europei», si augura mentre sorseggia una cioccolata. «Trovo che in Europa ci sia una gran confusione riguardo ai britannici. Spesso ci chiedono perchè siamo così testardamente isolani». E questa commedia può forse aiutarci a trovare una risposta.
Un legame di lunga data con l'Europa
«Uno dei miei primi ricordi è che mi vergognavo di essere inglese. Ero in vacanza con la mia famiglia nel Sud del Portogallo, un giorno stavamo andando in spiaggia dall'hotel e c'erano dei mendicanti per strada. Una donna tendeva la mano chiedendo denaro, ma mia madre pensò che la stesse salutando, e così le disse educatamente Good morning. Non riuscivo a crederci!».
Tim rievoca poi Eurovision, il festival europeo della canzone. Mi racconta delle sere negli anni Sessanta in cui i suoi genitori andavano fuori a ballare e lui restava a casa con la nonna a guardare il festival alla tv. «Negli anni Sessanta la televisione britannica era molto nazionale, molto locale. E poi d'un tratto c'era questo evento così spettacolare, che mi emozionava particolarmente. Qualcosa in cui mi riconoscevo. Mi ha sempre affascinato ed è ha dato vita al mio attaccamento all'Europa».
Da allora Tim ha vissuto in diversi paesi europei e ha imparato a non essere troppo british. «M’imbarazzava l'idea di essere il solito “inglesuccio”, che dipende da tutti per poter parlare inglese. Per questo che ho sempre cercato di imparare la lingua dei posti in cui sono andato».
Tim ha fatto esperienza dello stile di vita scandinavo a Stoccolma, si è innamorato di Amsterdam e ha potuto apprezzare le specialità della cucina italiana a Roma. A Stoccolma e ad Amsterdam ha lavorato nello spettacolo, mentre a Roma ha passato un anno lontano dalla sua carriera di scrittore e regista. «Ero arrivato ad un punto della mia carriera in cui avevo assolutamente bisogno di un anno all'estero per ricaricarmi. Avevo sempre desiderato vivere in Italia, me l'immaginavo come un luogo dove tutto era perfetto e dove non avrei avuto alcun problema. Per il bel tempo, la buona cucina e i bellissimi uomini italiani!», dice con un gran sorriso.
Alla fine però qualcosa lo ha riportato a Londra, patria dell'eurofobia. «Ad essere sinceri, un po' mi mancavano i giorni grigi e piovigginosi quando stavo a Roma sotto il sole cocente di agosto. Ma più di tutto sentivo la mancanza di lunghe conversazioni senza problemi di lingua e con humour. Ovviamente non potevo farlo in italiano, in olandese o in svedese, ma la mancanza era mia».
La colpa è dell'impero?
Tim rimprovera alla storia lo scarso interesse dei britannici nei confronti dell'Europa. Essendo un popolo insulare, infatti, non hanno mai preso in considerazione il doversi preoccupare dell'Europa. «Non siamo stati invasi per tanto tempo, e sono sicuro che vediamo l'Europa in modo ben diverso da come possono vederla per esempio il Belgio o la Lettonia, paesi he sono stati occupati in un passato non molto remoto. Sono convinto che sono la natura del nostro impero e il nostro modo di rapportarci con esso che ancora ci isolano. E inoltre, a causa della nostra posizione strategica nel Nord Atlantico, ci siamo alleati con gli Stati Uniti, il che spesso ci ha precluso l'opportunità di prendere sul serio l'Europa, almeno da un punto di vista politico.
Non se ne contano tante in Gran Bretagna, di persone come Tim. Molti “isolani” non si rendono nemmeno conto della loro ignoranza perché non è argomento abituale di discussione. Tim mi racconta di una conferenza sui finanziamenti dell’Ue alla quale ha partecipato nell'aprile del 2004, poche settimane prima dell'allargamento. «Fecero un piccolo quiz iniziale proprio per dimostrarci quanto poco sapevamo sull'argomento. Una delle domande era: quanti paesi entreranno nell'Unione Europea tra un paio di settimane? In sala erano presenti circa settanta professionisti di spicco del mondo artistico e nessuno sapeva che dieci paesi stavano per diventare nuovi membri dell’Ue!»
Alla luce di questa frustrante discussione, ecco che faccio a Tim la fatidica domanda: «Ma allora pensi che la Gran Bretagna dovrebbe battere in ritirata dall'Unione Europea?». Tim trattiene il fiato: «No, non credo che i discorsi sull'uscita dall'Unione Europea possano servire a qualcosa. Quello su cui dovremmo concentrarci è come sfruttare al meglio quello che abbiamo. In principio era uno strumento per garantire la pace, adesso invece viene quasi dato per scontato. Dobbiamo decidere se vogliamo puntare sulla diversità europea oppure lavorare per creare un Europa più omogenea».
Pur lasciando i dibattiti ai politci, è stata certamente un'iniziativa coraggiosa mettere in scena una commedia sull'Europa. Nel cuore del paese euroscettico per eccellenza.
The Schumann Plan è attualmente in scena all'Hampstead Theatre di Londra (fino al 25 febbraio 2006)
Translated from Tim Luscombe, the European British playwright