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Sud Sudan: quattro anni di indipendenza tra violenza, sangue e corruzione

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ROBERTA SCHETTINO

 Quattro anni sono passati dall'indipendenza del Sud Sudan, ma il paese sta attraversando un'enorme crisi umanitaria dallo scoppio della guerra civile, lo scorso dicembre. Un'impasse politica dovuta alla corruzione è la preoccupazione principale in un paese ricco di petrolio ed eppure ancora uno dei meno sviluppati del mondo.

In occasione dell'indipendenza del Sud Sudan da Khartoum, il 9 luglio, l'alta rappresentante Federica Mogherini, il commissario europeo per la cooperazione internazionale e lo sviluppo Neven Mimica, e il commissario europeo per gli aiuti umanitari e la gestione della crisi Christos Stylianides, hanno condiviso alcuni pensieri dimostrando un certo impegno verso il popolo sudanese. “Genuine negoziazioni di pace sono l'unica strada percorribile e hanno bisogno di essere rapidamente rivitalizzate". L'EU si impegna a sostenere totalmente gli sforzi per la pace da compiere e riconosce i passi già fatti. Ma sono troppo piccoli e troppo lenti. I leader di governo e opposizione prendono le distanze da una seria assunzione di responsabilità o dal cessare l'uso della violenza come mezzo per raggiungere il loro obiettivo", hanno dichiarato le rappresentanze europee.  

La commissione europea stima che circa 4,1 milioni di persone sono al momento in serio pericolo di vita e hanno bisogno di cure mediche urgenti. Dall'alba del conflitto, circa 1,6 milioni di persone sono state sfollate e oltre mezzo milione (590 000) vivono adesso nei paesi circostanti. Prima di tale devastante situazione, nel 2015 l'EU ha contribuito, insieme agli Stati Membri, con circa 217,5 milioni di euro. Ad inizio maggio, gli Stati Uniti hanno fornito 5 milioni di dollari per istituire un meccanismo di responsabilità per il Sud Sudan.

Un paese indebolito dal proprio passato

Quattro anni fa, dopo il referendum in linea con l'Accordo Globale di Pace (Agp), il Sud Sudan, un paese con 8,26 milioni di abitanti e uno dei più grandi produttori di petrolio africani, è divenuto stato. Riconosciuto come la nazione più giovane del mondo, la scena più trionfante del progresso africano dalla fine dell'Apartheid in Sud Africa, il paese situato nell'Africa centrale affronta adesso una seria crisi umanitaria iniziata nel dicembre 2013. La comunità internazionale è stata accusata di aver mancato di efficienza nel condurre il Sud Sudan verso la definizione di una nazione democratica e stabile. 

Più di qualsiasi altra parte dell'Africa, il Sudan è definito dalla guerra civile. Fu governato dall'impero Ottomano, per poi entrare nel ventesimo secolo sotto un regime discriminatorio di controllo egiziano e inglese. Gli sforzi coloniali di modernizzazione furono confinati al nord, mentre il sud fu lasciato allo sfruttamento di terra e schiavi. 

 Il 15 dicembre, un conflitto armato scoppiò nel centro dell'autorità governamentale sudsudanese: il palazzo presidenziale di Juba, la capitale. Questo scontro divise gli ufficiali dell'arma fedeli a Salva Kiir, di origini Dinka, e deluse le aspettative dei soldati che supportavano il suo ex deputato Riek Machar, di radici Nuer, trasformandosi in una tragica guerra civile, in cui più di cinquantamila persone furono uccise. Dinka e Nuer sono le due tribù più prominenti e popolose del Sud Sudan: a lungo rivali, combatterono per terre e risorse già dal XIX secolo.

Corruzione in Sud Sudan, che altro?

Nondimeno, c'è molto di più dietro la religione di quanto non si riesca a vedere. Secondo la Global Witness, una ONG impegnata nelle indagini anticorruzione, non ci sono prove che i ricavi del petrolio stiano realmente raggiungendo coloro che ne hanno più bisogno. Identificato come la più importante fonte di reddito, solo il 5% dell'ultimo budget è stato impiegato per l'assistenza sanitaria, educazione e infrastrutture combinate.

Prima dello scaternarsi dei conflitti armati, il governo del Sud Sudan ha impiegato mesi per la creazione di leggi che assicurassero al paese che il settore petrolifero non rappresentasse una fonte di corruzione o conflitto. Ad ogni modo, a partire da dicembre 2013, dallo scoppio del conflitto, tutto il lavoro fatto per sviluppare una trasparenza amministrativa è andato in pezzi.

Lo scorso Aprile, il Sud Sudan ha ricevuto 500 milioni di dollari in prestito dalla Banca nazionale del Qatar (QNB), il che vuol dire che lo stato africano dovrà restituirne 781, interessi compresi, da pagare nell'arco di 7 anni. Naturalmente, il governo ha suggerito un pagamento in petrolio, qualora mancasse liquidità. Il problema di questo accordo è la certezza che il denaro investito non sarà destinato al paese, ai bisogni delle persone, alle infrastrutture, ma finirà nelle tasche dei privati. Ecco un buon esempio di stato parassita. Un paese che sceglie di vivere del sostegno finanziario di altri stati invece di tirar fuori il meglio dalle sue stesse risorse naturali per arricchire lo stato e la sua popolazione. 

Impasse politica

 Il 29 maggio il presidente Kenyatta, annunciò alcuni piani per fondere il processo di pace dell' Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo (IGAD) e quello di riunificazione del Movimento di Liberazione del Popolo del Sudan (SPLM). A causa dei diverbi tra il presidente Kiir e il precedente vicepresidente Machar a Nairobi, il processo di fusione è andato in stallo il 28 giugno. 

Questa impasse politica è costata centinaia di vite al popolo sudsudanese, poichè il conflitto continua in Equatoria e Bahr el Gazhal.

Il 30 giugno, le Nazioni Unite hanno stilato un rapporto per i diritti umani che documentava un altissimo numero di violenze carnali e di donne bruciate vive. Perchè la comunità internazionale resta così calma di fronte ad azioni così oltraggiose? Perchè alcune vite contano più di altre?

Proofread by Sarah Batterton

Translated from South Sudan: four years of independence amidst violence, blood and corruption