Spalle al muro
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Margherita KochiNel 1989 sono caduti 140 km di muro. A voi decine d’espressioni europee per emozionarsi.
Prendete un ragazzo francese di 40 anni. Il 9 novembre 1989 aveva 20 anni, guardava con gli occhi pieni di lacrime le immagini della caduta del muro di Berlino scorrere sul suo schermo televisivo. Nello stesso istante, una piccola signora polacca di 80 anni non credeva ai suoi occhi: da ventotto anni quel muro era là, amalgamato al paesaggio.
Gli “zonis”, come chiamavano ad Ovest le “popolazioni della zona”, hanno potuto tutto ad un tratto attraversare la “todesstreifen”, la “striscia della morte” che li separava dall’antica RDT. Improvvisamente, non sono più stati “au pied du mur”, ai piedi del muro, come si dice in francese delle persone che sono costrette ad agire, non si trattava più di “faire le mur”, letteralmente fare il muro ma in pratica lasciare senza autorizzazione un luogo, cioè salvarsi rischiando la pelle. Basta con le strade senza uscita delle negoziazioni “muro contro muro”, come diciamo in Italia. Lo scontro freddo tra l’Est e l’Ovest era come “lottare contro un muro di gomma”, combattere senza trovare mai la soluzione.
Proviamo ad immaginare la vita vissuta dai tedeschi di allora: all’epoca, comunicare con l’Ovest era come “parler à un mur” (come in italiano, “parlare con un muro”) o come “lanciare dei piselli contro il muro a fianco”, senza che nessuno reagisse, come illustra bene l’espressione polacca “jak grochem o ścianę”. Per i tedeschi un infinito muro di silenzio, “Mauer des Schweigens”, come dicono loro quando con l’altra parte non si può scambiare nulla. Un po’ come parlare coi sassi, insomma (in inglese “It’s like talking to a brick wall”).
Fortunatamente, “between you, me and these four walls”, tra queste quattro mura, alcuni segreti hanno sicuramente potuto attraversare il filo spinato. Anche se “les murs ont des oreilles”, i muri hanno orecchie (“Wall have ears”, in inglese e “ściany mają uszy”, in polacco) e, malgrado il pericolo, quel 9 novembre 1989 non era più il caso di fare da tappezzeria e di perdersi la festa ad Ovest (dal polacco “confondersi con il muro”: “podpierać ścianę”). Non era nemmeno più il caso di fare i timidi (dall’espressione tedesca “Mauerblümchen”, il fiore del muro)…
Quel giorno là, bisognava rompere tutto per non diventare pazzi (“going up a wall”) e, dal fondo della Francia fino alla Polonia, era arrivato il momento di fare fronte comune, cioè “di fare muro” insieme, come diciamo noi.
Translated from Au pied du mur