“Senza leader politici musulmani l’integrazione è impossibile”
Published on
Translation by:
daniela salernoDa due anni, Jytte Klausen conduce un’indagine sulla élite politica musulmana in Europa. In un’intervista a cafe babel racconta i suoi risultati.
Jytte Klausen è Bosch Public Policy Fellow alla American Academy di Berlino e insegna alla Brandeis University. Durante un’inchiesta sull’élite politica musulmana in Europa ha intervistato più di 250 musulmani tra deputati, consiglieri municipali e leader associativi in sei paesi: Svezia, Danimarca, Olanda, Inghilterra, Francia e Germania.
Il termine “musulmano” corrisponde al modo in cui vengono si considerano le persone che ha intervistato o al modo in cui vengono percepiti dalla società?
Utilizzo questo termine nello stesso modo in cui negli USA si intende la parola “ebreo”: fa riferimento sia alla fede che all’identità. Quattro persone su cinque nella mia indagine ritengono l’Islam molto importante o, in qualche modo, importante per loro a livello personale. Ma anche coloro che pensavano che non lo fosse hanno concordato nel dire che la definizione descrive pienamente ciò che sono. Un parlamentare mi ha detto: “Non penso spesso alla mia religione ma adesso, che tutti parlano di “musulmani”, voglio alzarmi e dire “anch’io sono uno di quelli”. L’etnicizzazione del termine “musulmano” nei dibattiti pubblici funge da collante per tutti i musulmani europei, qualsiasi sia la loro fede e la loro origine etnica. Anche Ayaan Hirsi Ali, che ha collaborato alla stesura del controverso cortometraggio Submission con il regista Theo Van Gogh, successivamente assassinato, si definisce “ex-musulmana, ma pur sempre musulmana””.
Cosa pensano i leader musulmani della situazione della loro gente nella società europea? Si può considerare l’11 Settembre come un giro di boa?
E’ opinione comune dei leader con i quali ho parlato che i musulmani siano soggetti a un errore di caratterizzazione e a una discriminazione ambiente. Si figuri che lo pensano anche i leader pubblici ben integrati. L’11 Settembre ha accelerato un processo che era già avviato; Pym Fortuynaveva detto che i musulmani rappresentavano una minaccia all’identità olandese prima dell’11 Settembre, quindi quello che è successo ha solamente legittimato l’evidenza del divario culturale tra cristiani e musulmani. Molti musulmani, tuttavia, hanno percepitp eventi nazionali nei paesi europei, come un passaggio da una discussione legittima sull’integrazione alla paranoia anti-islamica. In Svezia, è stato “l’omicidio d’onore” di un padre che ha ucciso una giovane musulmana che ha improvvisamente portato la Svezia a considerare ogni donna musulmana come vittima volente o nolente dell’Islam, e a vedere il velo come il principale aspetto da eliminare. In Gran Bretagna c’è stato il caso Rushdie nel 1989 che aveva portato tutti gli inglesi a concludere che tutti i musulmani fossero antidemocratici. Attenzione, molti musulmani britannici diranno oggi che le proteste contro Rushdie e i libri bruciati erano un “grosso errore” e qualcosa da cui hanno tratto insegnamento. “La libertà di parola è una cosa positiva” mi ha detto un importante imam britannico, “ci protegge da coloro che ci odiano”.
Si ravvisano notevoli differenze nella percezione della discriminazione rispetto alle nazioni oggetto del suo studio?
Sulla base delle domande che ho usato per valutare il malcontento tra i leader nel mio studio, le cose vanno meglio in Svezia e in Gran Bretagna, e peggio in Olanda, Danimarca e Germania. Non ho ancora analizzato le risposte che ho ricevuto dalla Francia, ma le mie interviste mi suggeriscono che un aspetto importante della situazione francese è la completa mancanza di integrazione delle élite. A settembre, due donne musulmane sono state elette al Senato, ma sono state le prime ad essere arrivate così lontano. E’ importante considerare che in Francia ci sono quasi 5 milioni di musulmani, e molti di questi hanno la cittadinanza francese – anche se non sappiamo esattamente quanti. Questo è dovuto soprattutto alla cattiva volontà dei partiti politici che scelgono di non sostenere i musulmani alle elezioni a meno che questi non rinneghino l’Islam.
Qual è la relazione tra “élite musulmana” e musulmani comuni nelle società europee?
I parlamentari ed i consiglieri municipali [di fede musulmana] non sono eletti dai musulmani. Sono eletti da votanti che, in predominanza, non appartengono a questa religione. Quindi non pensano che loro compito principale sia quello di rappresentare i musulmani. Detto questo, i partiti politici hanno cominciato a schierare musulmani e altri emigranti in collegi elettorali che abbiano una maggioranza di elettori di origine emigrante. Una delle grandi difficoltà è che l’integrazione e la discriminazione, dei musulmani in particolar modo, è diventata il “terzo binario” della politica europea; lo tocchi e sei morto [per “terzo binario” si intende quello della metropolitana, cioè quello dell’alta tensione che fornisce alimentazione ai treni ndr]. L’integrazione dei musulmani ha un’assoluta necessità di leadership politica e di nuove idee. I leader musulmani in partiti consolidati e in istituzioni rappresentative sono dei buoni candidati a fornire la leadership, ma lo fanno a grande rischio politico.
I giovani musulmani nati in Europa dovrebbero, in teoria, essere meglio predisposti ad impegnarsi in politica rispetto ai loro genitori. Sono ben rappresentati nell’élite musulmana?
Una delle sorprese del mio studio è che tre quarti dei leader politici musulmani di oggi sono emigranti di prima generazione. Di solito si sostiene che i leader politici di oggi costituiscono il prodotto di successo del benessere statale europeo e dell’educazione pubblica. Non è così. Un gran numero di leader erano già politicamente attivi prima di arrivare in Europa. Molti sono rifugiati politici che sono stati imprigionati o costretti ad andarsene a causa del loro impegno politico. Molti sono venuti come giovani adulti, avendo già ricevuto un’educazione universitaria prima di arrivare in Europa. Hanno alle spalle un ambiente di media borghesia e il loro impegno politico riflette una continuità di esperienze.
Cosa vuole l’élite politica musulmana dalla società e dai governi europei?
Le preoccupazioni principali sono l’integrazione dell’Islam in Europa e la discriminazione religiosa. I leader musulmani vogliono costruire delle istituzioni religiose ed educare gli imam presso le facoltà di teologia delle università pubbliche, così come succede per gli appartenenti al clero cristiano, per arrivare ad avere degli imam che parlino olandese, tedesco o danese. Vogliono anche costruire delle moschee e creare dei cimiteri così che le famiglie musulmane possano seppellire i propri defunti senza essere costrette a farli arrivare nelle loro terre di origine per seppellirli, dove i legami sono sempre minori.
Translated from “The term ‘Muslim’ refers to both faith and identity”