“Senza la pressione europea, il dialogo non va avanti”
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marco sabatiniDiritti umani, democrazia, sindacati liberi: il dialogo euro-cinese è in panne. Gli europei danno ormai la priorità al commercio. Cai Chongguo denuncia la resa.
Rifugiato in Francia da tredici anni, Cai Chongguo, 47 anni, è il caporedattore del China Labour Bulletin, il giornale on-line di uno dei primi movimenti sindacali cinesi indipendenti, vietati dal Partito. In questa intervista ci offre le chiavi di un dialogo efficace sui diritti dell’uomo e la democrazia tra la Cina e l’Europa.
Café babel: Che cosa si aspetta oggi dall’Europa per aiutare la Cina a democratizzarsi?
Cai Chongguo: prima di tutto devo dire che sono un po’ deluso dal comportamento degli Stati europei negli ultimi quattro, cinque anni. Fino alla metà degli anni novanta, paesi come Olanda, Danimarca o Svezia erano in grado di protestare, e con forza, contro le violazioni dei diritti dell’uomo in Cina. Un pò più in disparte, anche la Francia, faceva sentire la sua voce. E poi, subito prima dell’introduzione dell’Euro, gli atteggiamenti sono cambiati. Oggi restano solo alcuni paesi, senza interessi commerciali in Cina, a lanciare critiche in caso di arresti illeciti a Pechino. Certi eurodeputati fanno qualche “gesto”. Ma è molto poco. La Commissione mantiene il silenzio sull’argomento. Ciò è deplorevole. Perché senza pressione sul governo cinese, il dialogo non avanza più.
Ma l’Unione europea ed i suoi Stati membri hanno i mezzi per esercitare una tale pressione?
Certamente. La Cina ha bisogno delle importazioni e dell’alta tecnologia europea. In più Pechino conta sul sostegno di Bruxelles in rapporto alla sua politica, riguardante Taiwan, di “una sola Cina”. Durante i negoziati, l’Unione europea dovrebbe chiedere delle contropartite sul rispetto della democrazia. La Cina non le percepirà certamente come un casus belli. Al contrario, è appropriato per la Francia ad esempio, agire in questo modo, perché questa è ancora percepita dai cinesi come il paese dei diritti dell’uomo.
Come si può far pressione evitando di dare delle lezioni? Quale è il discorso più opportuno?
Naturalmente bisogna evitare la predica. Non rimanendo però in silenzio. Ciò significa mostrare alla Cina che questo dialogo sui diritti dell’uomo è nell’interesse suo e in quello del suo popolo. Ciò vuol dire che l’Europa dovrebbe restare inflessibile. Ad esempio, le autorità cinesi hanno condannato ultimamente un operaio a quattro anni di reclusione per aver manifestato contro i licenziamenti. L’Ue avrebbe dovuto protestare pubblicamente, al fine di mettere al corrente gli europei e i cinesi stessi. Affermare il suo malcontento dietro le quinte non serve a niente.
Si può davvero sperare che le autorità cinesi siano ancora sensibili a questo genere di dichiarazioni pubbliche?
La nuova generazione al potere a Pechino non può più permettersi di ignorare le critiche sui diritti dell’uomo. Le notizie che provengono dall’estero circolano ormai in tutto il paese. In particolare su Internet, che il governo, malgrado i suoi sforzi, non riesce a controllare totalmente.
Pechino ci tiene allo stesso tempo a far bella figura di fronte a Taiwan ed Hong Kong. Dichiarazioni che offuschino la sua immagine avrebbero un effetto catastrofico. A proposito di Taiwan, gli europei devono sostenere la politica di una sola Cina, sempre esigendo il rispetto dei diritti dell’uomo. Devono però rifiutare di sostenere una Cina dittatoriale in caso di conflitto con Taiwan. La stessa cosa vale per Hong Kong. Il partito pro-Pechino ha perso le ultime elezioni locali sul territorio di Hong Kong. Gli europei avrebbero dovuto cogliere l’occasione esortando Pechino a rispettare il suo popolo al fine di mantenere il suo sostegno.
L’Unione europea non conosce le opportunità di cui dispone per far pressione, perché ignora, o vuole ignorare, i punti deboli della Cina.
Come spiegare questa ignoranza?
I governi europei cedono agli interessi delle loro lobbies commerciali. La Cina è cambiata. Sono comparse nuove élites. Quando i responsabili politici europei, accompagnati dai dirigenti industriali, visitano il mio paese, si verifica sempre lo stesso “ritornello”. Vengono stregati dalle nuove élites cinesi formatesi alla scuola della modernità occidentale. E gli europei cadono in trappola… Adesso queste élites hanno lo stesso ruolo di “vetrina” delle megalopoli costiere di Shanghai o Canton : nascondere la disastrosa realtà sociale del paese. Questa è la realtà di almeno 20 milioni di cinesi che vivono con meno di 10 euro al mese. L’Europa deve includere i problemi sociali nel dialogo. In particolare la questione dei sindacati.
Come si può chiedere al regime autoritario cinese di concedere la libertà sindacale al suo popolo?
Dimostrandogli che la libertà sindacale non è per lui una minaccia. Se l’Europa si informasse saprebbe che i governi locali stanno negoziando da molto tempo con i movimenti operai. Questo è l’unico modo per mantenere la stabilità sociale cui tiene tanto Pechino. Sicuramente, dopo i negoziati, arrivano gli arresti. Ma il ruolo dell’UE è di far comprendere che se si reprimono gli operai, il Partito focalizza su se stesso il malcontento popolare contro i responsabili politici. Per preservarsi, il governo deve autorizzare dei sindacati liberi. La cosa peggiore è che la libertà di associazione è sancita nero su bianco nella Costituzione cinese.
Cosa pensa della cooperazione giuridica tra Europa e Cina al fine di aiutare quest’ultima ad instaurare uno Stato di diritto?
Questa cooperazione fa ridere i cinesi. Oggi, gli avvocati ben formati e i testi giuridici sono numerosi. Tutto ciò non impedisce però al governo centrale e alle autorità locali di continuare a violare la legge. L’Ue deve cessare questa cooperazione-spettacolo, che serve solo a quietare la propria opinione pubblica. Non bisogna spendere denaro per aiutare a costruire uno Stato di diritto nel momento in cui questo non viene rispettato. Il solo modo di essere efficace è di informarsi sui casi di corruzione e di abuso, e denunciarli.
Noi dissidenti abbiamo un contatto quotidiano con i cinesi. Noi siamo pronti a divulgare le informazioni. Il problema è che i responsabili europei non vogliono più discutere con noi. Se l’Ue volesse veramente aiutare la Cina a democratizzarsi, dovrebbe favorire la nascita di una società civile libera, unica base per una democrazia durevole.
Translated from « Sans la pression européenne, le dialogue n’avance plus »