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«Piano D» come Democrazia

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Eleonora Palermo

Il Consiglio Europeo vuol prendersi un anno sabbatico. Per rimandare ancora una volta quel «piano D» che l’Europa aspetta da oltre quindici anni.

Il vino doveva essere particolarmente buono alla cena del Consiglio d’Europa il 16 giugno a Bruxelles. Perché la decisione di “proseguire” l’iter di ratificazione della Costituzione europea ha qualcosa di irreale, soprattutto dopo il «non» francese, il «nee» olandese e il «wait and see» degli inglesi.

Gli elettori non vogliono questa Europa

E le contraddizioni non sono finite. Perché i Capi di Stato e di Governo hanno deciso di prendersi una pausa, regalarsi un «tempo di riflessione» di un anno che in realtà non sarà rispettato in quanto altri paesi stanno organizzando dei referendum, per primo il Lussemburgo dell’attuale presidente del Consiglio Juncker.

In realtà non è di una pausa che l’Europa ha bisogno, infatti non ci sono progressi dal Summit di Maastricht del 1992. È allora che sono state decise le più importati innovazioni degli ultimi anni: l’euro, la Politica Estera di Sicurezza Comune (PESC) e la cooperazione giudiziaria. Il resto del mondo va avanti mentre l’Europa cade inesorabilmente in una crisi demografica, sociale ed economica. Una crisi a cui l’ultimo summit di Bruxelles non ha saputo far frobte, poiché si è raggiunto nessun accordo sul budget europeo 2007-13, cosa che ha provocato vergogna anche allo stesso Juncker.

Una delle risposte sarebbe di rifugiarsi dietro la volontà del popolo: «gli elettori non sono pronti a fare un salto in avanti». Ciò sarebbe falso perché olandesi e francesi non hanno rifiutato l’Europa in quanto progetto di futuro, ma solo un’Europa che fatica a entrare nel Ventunesimo secolo…

Assemblea costituente

Con questo obiettivo Juncker ha ragione a proporre un piano D, non solo come «Dialogo e Dibattito», ma anche come «Democrazia». L’Europa deve riconquistare la fiducia dei suoi cittadini alle urne. Poiché vogliono un’Europa che somigli loro, bisogna dargli la possibilità di costruirla a loro immagine, immaginando quello che Juncker non propone: l’ elezione di un’Assemblea costituente. Quest’Assemblea che avrà il compito di redigere un vero progetto di Costituzione e i suoi membri saranno eletti per compiere questo mandato, intraprendendo una campagna di difesa della loro visione dell’Europa. Una propaganda tale sarebbe animata di movimenti politici e mediatici trasnazionali, il testo prodotto dovrebbe sfociare in un referendum di ratificazione contemporaneo in tutti i Paesi.

Ecco un vero piano D capace di rispondere davvero alla triplice esigenza di dialogo, dibattito e soprattutto democrazia che un buon numero di europei richiede, ma al tempo stesso capace di mettere fine a un’Europa in ostaggio delle diplomazie nazionali dove le divergenze vengono ostentate vistosamente a ogni summit.

Per uscire dalla crisi, è della voglia di andare avanti che l’Europa ha bisogno. Non di “pause”.

Articolo pubblicato il 17 giugno 2005 nella rubrica caffeina.

Translated from Plan « D » comme Démocratie