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Olanda, immigrazione ad alta tensione

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Default profile picture vincenzo albano

Dopo l’omicidio del regista Theo van Gogh nel 2004, gli olandesi si sono resi conto del loro progressivo allontanamento dal “sacro” sistema multiculturale.

L’Olanda non è più quella di un tempo. Wim Kok, premier dal 1994 al 2002, andava al lavoro in bicicletta? Oggi due membri del Parlamento viaggiano in auto blindate antiproiettile.

È il caso della deputata Ayaan Hirsi Ali, di origine somala, tornata a lavorare solo recentemente dopo essere stata costretta a lasciare il paese, a seguito del brutale assassinio, il 2 novembre 2004, del suo amico e collaboratore artistico , Theo Van Gogh. L’assassino, un integralista islamico di ventisei anni, aveva lasciato sul corpo della sua vittima un bigliettino che minacciava la Hirsi Ali e "l’infedele" società olandese in generale.

L’evento ha scosso il clima politico e sociale, alimentando la paura del terrorismo islamico e un crescente malcontento verso l’apparente fallimento dell’integrazione della minoranza musulmana, che conta un milione di persone su un totale di sedici milioni di abitanti. Le proiezioni ufficiali indicano che nel 2020 i musulmani costituiranno il 50% della popolazione nelle grandi città.

Agitazione in città

Molti indicano l’11 settembre 2001 come punto di svolta per la società. Studi governativi mostrano che il tasso di disoccupazione nelle minoranze etniche è raddoppiato da allora, e probabilmente l’omicidio di Theo van Gogh ha sconvolto ancora di più la società olandese, per la sua prossimità nel tempo e per la sua efferatezza. In un sondaggio effettuato subito dopo l’omicidio, il 47% degli intervistati ha affermato di essere meno tollerante nei confronti dei musulmani rispetto a prima. La notizia che l’assassino aveva fatto parte di una cellula più ampia di militanti radicali ha reso l’ansia ancor più profonda. «Sembra quasi che sia solo questione di tempo per un attentato di grande intensità nel nostro Paese», ha affermato uno studente ad Amsterdam, luogo dell’omicidio.

La tensione sta crescendo specialmente nella capitale, dove «la tensione ha bisogno di poco per esplodere» come ha affermato il sindaco di Amsterdam, Job Cohen. Affermazione avvalorata dalle polemiche scatenate dalle vignette danesi, che hanno portato ad una rivolta violenta guidata da giovani marocchini.

Allo stesso tempo, però, esistono iniziative per promuovere il dialogo e la comprensione. Elena Simons, che si definisce “un’inventrice sociale”, il giorno di San Nicolò (Sinterklaas, il 5 dicembre) ha voluto offrire dei regali, secondo la tradizione olandese, e li ha messi nelle scarpe vuote dei fedeli di una moschea di Amsterdam. Il sindaco Cohen è famoso per il suo atteggiamento “soft”, e si batte affinché i musulmani siano rappresentati in modo più veritiero nelle soap opera. Ma il divario continua ad aumentare.

Le invettive di Pim Fortuyn... col senno di poi

Con il senno di poi, molti affermano di aver previsto l’isolamento della comunità islamica già vent’anni fa, ed accusano le politiche dell’immigrazione. Attraverso il multiculturalismo, gli olandesi hanno adottato un approccio che incoraggia le minoranze etniche a mantenere le loro identità culturali. La sua origine è però più pragmatica che idealistica: per decenni, i lavoratori sono stati attirati in Olanda con la prospettiva di un lavoro temporaneo, e all’epoca sembrava più pratico non incoraggiare l’integrazione poiché i lavoratori-ospiti non si stabilissero nel Paese, ma molti si sono fermati ugualmente ed hanno portato con sé le loro famiglie.

Inoltre, un opprimente clima politically correct durante gli anni Ottanta e Novanta ha impedito per lungo tempo che si aprisse un dibattito, per paura di essere etichettati come razzisti. Pim Fortuyn, uno stravagante dissidente di destra, è stato il primo a rompere il tabù contestando per primo il multiculturalismo. Fece infuriare i suoi avversari, ma oggi questi ultimi riconoscono l’importanza che ha avuto nell’aprire un dibattito necessario.

La fine del multiculturalismo?

Una tenace retorica, prima confinata alla periferia del dibattito politico, si è così fatta strada. Il Ministro delle Finanze, Gerrit Zalm, ha dichiarato guerra al fondamentalismo islamico il giorno dell’omicidio di Van Gogh. Il Ministro degli Interni Remkes ha affermato che solo la repressione può combattere questi delinquenti. Geert Wilders, il secondo dei due parlamentari scortati, sostiene la detenzione amministrativa, un mezzo per trattenere persone sospette di terrorismo senza processo. «Questa gente deve essere tolta dalle strade. Il governo deve poter prima agire e poi essere ritenuto responsabile».

Insomma, il multiculturalismo sembra giunto all’epilogo. Persino la possibilità della doppia nazionalità è stata abbandonata dal governo. Rita Verdonk, Ministro dell’Immigrazione, ha ottenuto l’approvazionein Parlamento la sua proposta di legge, che obbliga i futuri immigrati a superare un test di cittadinanza nel loro Paese di origine, e sostiene anche di voler introdurre un codice di condotta che rappresenti l’identità olandese, come già avviene nella città di Rotterdam.

Il Ministro è arrivato addirittura a proporre l’obbligo dell’uso della lingua olandese per le strade. «Sono fatti miei se parlo la mia lingua in strada», ha risposto un membro del partito Surinam «e non disturbo nessuno». Forse è questa la tendenza generale verso il multiculturalismo?

Un certo numero di imam è stato espulso dal Paese, mentre molti altri dovranno partecipare ad un corso di naturalizzazione, che avrà come premio una copia della Costituzione olandese ed una bandiera nazionale. Forse un premio più adatto sarebbe una bicicletta: il giorno in cui gli imam andranno a lavoro pedalando, torneranno a farlo anche i parlamentari.

Translated from Holland: high-tension coexistence