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Obama-Europa: «Ci saranno conflitti inevitabili»

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Adriano Farano

A colloquio con Martin Schain, esperto di politica europea della New York University. Che spiega perché, nel rapporto tra Unione europea e Stati Uniti, i fondamentali non cambieranno. Neanche con Barack Obama Presidente.

Come vede l’evoluzione dei rapporti tra Stati Uniti ed Europa?

«I problemi di fondo restano gli stessi dagli anni Cinquanta: gli americani vogliono che gli europei facciano di più e gli europei vogliono che gli americani siano più impegnati. L’amministrazione Obama chiederà all’Europa di fare di più in Afghanistan. L’Unione europea chiederà all’America più impegno, ad esempio sul fronte del riscaldamento globale».

Eppure il Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha parlato di “storia d’amore tra Barack Obama e gli europei”…

«Se vi è piaciuta la politica estera di Clinton, vi piacerà quella di Obama che proprio dall’entourage (e dalla famiglia, ndr) dell’ex presidente democratico ha preso persone per il suo staff di politica estera. Certo, l’unilateralismo statunitense iniziò con la fine dell’amministrazione Clinton, ma le relazioni transatlantiche miglioreranno con Obama perché il nuovo Presidente favorirà più dialogo. Ma ci saranno conflitti inevitabili».

Pensa all’Afghanistan?

«Certo. Gli americani hanno bisogno di aiuto da parte degli europei. La maggior parte delle truppe sul terreno sono, oggi, europee. Ciò cambierà probabilmente con un maggiore impegno degli Stati Uniti che però chiederanno ancora più truppe. Non solo. Le regole d’impegno sul terreno diverranno anche più aggressive. Ma ci sarà più concertazione».

Non crede che l’Europa resterà delusa da Obama?

«Come non potrà non esserci delusione se si pensa che l’82% degli europei era pro-Obama? Ma attenzione: è un eccellente politico. Ha persino battuto Hillary Clinton! Ha messo insieme la miglior macchina elettorale che abbia mai visto con una presenza capillare su tutto il territorio americano. Obama è l’unico candidato che io conosca a non avere mai riorganizzato il suo staff di campagna. Inoltre è una persona che capisce i meccanismi della politica di massa. È come Clinton. Con due differenze: è estremamente ben organizzato e se dice una cosa la fa».

Chi è il modello di Obama?

«Il suo modello è Roosvelt. I tempi sono simili. Roosvelt era flessibile, capiva la politica di massa, era molto abile».

Potrebbe essere il primo leader globale?

«In un certo senso sì. Obama parla al mondo. Si pensi al bagno di folla a Berlino (del 24 luglio ndr). Ha vissuto in Indonesia. È dotato di un carisma internazionale. Effettivamente non è afro-americano. Io lo definirei “africano americano”. È figlio di un immigrato. Nella sua famiglia ci sono tracce di schiavitù ma non nel senso che alcuni suoi antenati furono schiavi, anzi. Piuttosto perché dei suoi antenati meterni possedettero degli schiavi!»

Translated from Martin Schain as Barack Obama sets foot on European soil