Messico: cos'è davvero successo ai 43 studenti scomparsi?
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Il 26 Settembre nello stato di Guerrero quarantre studenti scomparivano dopo uno scontro con la polizia. Pochi giorni fa viene ritrovato il primo cadavere: cosa si cela dietro il cuore di tenebra messicano?
La tremenda vicenda che ha visto protagonisti 43 studenti messicani, scomparsi dopo uno scontro con le forze dell’ordine il 26 Settembre, potrebbe essere giunta, dopo mesi di estenuanti lotte, proteste e ricerche, condotte dalle folle indignate ed osteggiate da parte delle istituzioni, al peggiore degli epiloghi immaginabili. I resti umani carbonizzati trovati seppelliti in una discarica a Cocura, Messico, appartengono, infatti, ad uno dei ragazzi dispersi. A confermarlo sono le analisi del DNA effettuate dall’Università di Innsbruck che hanno avallato quanto ormai era già tragicamente chiaro dopo numerose confessioni dei perpetratori della strage. Prima di entrare nei dettagli e nelle possibili novità relative agli altri dispersi, risulta doveroso un flashback sino al 26 Settembre, giorno delle manifestazioni durante le quali avvennero gli scontri con le forze dell’ordine.
Un gruppo di circa 100 studenti, nel pomeriggio del 26 Settembre, si organizza per partire dal campus di Ayotsinapa, stato di Guerrero, per raggiungere Iguala con tre bus. Una volta giunto a destinazione, il gruppo si sarebbe unito ad altri giovani provenienti da diverse parti dello stato per raggiungere Città del Messico, dove avrebbe avuto luogo una mobilitazione nazionale. Durante il tragitto alcune pattuglie della polizia locale hanno fermato i tre mezzi, intimando ai viaggiatori di scendere. Dalle intimidazioni, le forze dell’ordine sono passate ai fatti, iniziando ad aprire deliberatamente ed indistintamente il fuoco verso una parte dei giovani, tutti disarmati e comprensibilmente terrorizzati. La sparatoria ha provocato sei vittime ed in quarantatre vengono caricati sulle auto della Polizia senza alcuna motivazione. Non verranno mai più ritrovati. Nelle ore successive agli scontri (anche se la definizione etimologica della parola scontro implica la presenza di due forze contrastanti, cosa che mal rappresenta un’aggressione unilaterale) ci sono stati altre rappresaglie armate da parte di ignoti, che hanno provocato altre tre vittime tra civili.
Benché vi siano pochi dubbi sulla responsabilità delle forze dell’ordine, già dal giorno successivo si è provato a capire chi possa essere stato il mandante di un simile abominio. La risposta sembra essere un terribile melting pot di politica locale, guerriglieri, cartelli e polizia. Già il 28 settembre vengono arrestati i primi due poliziotti e si rincorrono le voci sull'identità del vero mandante. Il sindaco di Iguala, José Luis Barca, infatti, avrebbe ordinato di fermare qualsiasi tipo di protesta o disordine nella sua città il 26 Settembre. La motivazione? Proteggere e garantire il successo di una manifestazione politica organizzata da sua moglie, la cui famiglia era pericolosamente implicata con i cosiddetti Guerreros Unidos: un cartello che agisce nello proprio nello stato di Guerrero. Secondo questa versione, sarebbero state proprio le forze dell’ordine, colluse con i criminali, ad eseguire l’ordine del Sindaco, che pochi giorni dopo sarebbe scomparso con la moglie, per essere poi ritrovato rintanato nella cittadina di Tapalapa, ancora in fuga. Da quel giorno i parenti delle vittime, supportati da fiumi di persone indignate, si sono riversati nella zona per indagare personalmente sull’accaduto ed il 27 Ottobre è stata organizzata una manifestazione che ha messo a ferro e fuoco la città, portando la rabbia popolare ad essere finalmente presa in considerazione dalla comunità internazionale, come dimostra la presa di posizione del presidente statunitense Barack Obama.
Purtroppo, da quanto rivelato dagli agenti di polizia indagati, sembrerebbe che la stessa sorte toccata al giovane appena identificato - un colpo di pistola alla nuca con il successivo tentantivo di occultare il cadavere dopo averlo bruciato - sia verosimilmente anche quella degli altri quarantadue. Ventotto corpi furono già trovati nelle stesse condizioni ad ottobre ma non sono ancora giunte le conferme dei test del DNA. Undici cadaveri decapitati sono, invece, stati rinvenuti, sempre nello stato di Guerrero, l’11 novembre e probabilmente sono anch’essi fatalmente legati ai fatti del 26 settembre.
Purtroppo sembra che questa tremenda storia avrà fine solo con gli esiti degli esami del DNA su tutti i corpi e, in ogni caso, rimane uno dei più violenti esempi di collusione tra ordini politici, malavita organizzata e forze dell’ordine, a discapito della libertà di espressione di ragazzi provenienti da una scuola per campesinos della più sperduta periferia del paese, i quali, per questo, hanno con molta probabilità perso la vita.
Ironico è che proprio nel 2013 il Parlamento Messicano riformava l’articolo 7 della sua costituzione, quello che definisce “inviolabile” la libertà di espressione:
ARTICULO 7:
- Es inviolable la libertad de difundir opiniones, información e ideas, a través de cualquier medio. No se puede restringir este derecho por vías o medios indirectos, tales como el abuso de controles oficiales o particulares, de papel para periódicos, de frecuencias radioeléctricas o de enseres y aparatos usados en la difusión de información o por cualesquiera otros medios y tecnologías de la información y comunicación encaminados a impedir la transmisión y circulación de ideas y opiniones.
Ninguna ley ni autoridad puede establecer la previa censura, ni coartar la libertad de difusión, que no tiene más límites que los previstos en el primer párrafo del artículo 6o. de esta Constitución. En ningún caso podrán secuestrarse los bienes utilizados para la difusión de información, opiniones e ideas, como instrumento del delito.