Maredolce, il castello dei due culti
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Il Castello di Maredolce non è incluso nel percorso Arabo-Normanno, forse perché i commissari Unesco avrebbero dovuto sorvolare su un increscioso passato da dimora abusiva.Tuttavia non è meno ricco di storia, arte e leggende rispetto agli altri siti, e un prestigioso premio lo ha conquistato anche lui. FOTOGALLERY
Il contesto in cui sorge il Castello di Maredolce non è dei più romantici: i palazzoni di Brancaccio, quartiere tra i più difficili a Palermo, lo hanno letteralmente inghiottito con il passare degli anni. Eppure l'emiro Ja'Far lo volle come dimora di campagna da mille e una notte ubicata lontano dalla città, tra giardini, frutteti giochi d'acqua e un lago artificiale.
Anche Ruggero II mantenne il Castello di Maredolce come residenza per le vacanze estive, tanto che non è costruito su un basamento rialzato come il Palazzo Reale proprio perchè non doveva assolvere a compiti difensivi o di rappresentanza. Entrando per una visita in occasione de Le Vie dei Tesori, il primo ambiente visitabile è quello della Cappella dedicata a San Giacomo e San Filippo.
Si tratta di una cappella consacrata solo di recente nella quale si riconoscono tipici stilemi arabo-normanni descrittici da una giovane guida: «Esternamente si tratta di una torretta, guardando dall’alto verso il basso abbiamo il cerchio, l’ottagono, il quadrato. Ognuna di queste forme ha un significato proprio: il cerchio è il contatto tra dio e l’uomo, l’ottagono indica l’ottavo giorno in cui avviene il contatto e il quadrato rappresenta il modulo con cui arabi e normanni ricercavano semplicità e perfezione».
Alcuni particolari dell'ambiente, come la volta a conchiglia, fanno pensare che in epoche precedenti qui potesse esserci anche una camera da letto.
Il Castello di Maredolce, tuttavia, ha un secondo luogo di culto, islamico. Ciò rende questo sito un simbolo della convivenza multiculturale e multireligiosa ai tempi di Ruggero II, tanto che è stato insignito del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2015, XXVI edizione, assegnato dalla Fondazione Benetton Studi e Ricerche con la seguente motivazione: "[...] conserva la memoria e le testimonianze tangibili di ciò che è stato il paesaggio nella civiltà araba e normanna in Sicilia, nel quadro più ampio di quel territorio che nella storia prenderà il nome di “Conca d’Oro”, e che nel corso delle trasformazioni recenti ha visto offuscarsi, se non addirittura dissolversi, il proprio carattere distintivo [...]".
Decorazioni simili si ritrovano solo in edifici religiosi islamici, mentre è incerta la funzione del foro superiore, che non è una finestra. «Si pensa che in alcuni giorni dell'anno un raggio di sole, illuminando un punto preciso sul pavimento, possa indicare un luogo di sepoltura, o magari un tesoro», ci riferisce la guida.
Purtroppo il Castello di Maredolce si è imbattuto in un altro incontro, quello con la 'cultura dell'abusivismo': fino allo scorso luglio, tra le mura del castello, abitava una famiglia e forse questa è una delle ragioni che hanno fatto sfumare l'inclusione del sito nel Percorso Arabo-Normanno.
In quello che negli anni Mille era un cortile con fontane e giochi d'acqua, negli anni Duemila è sorto un domicilio abusivo per famiglie, autorizzato dal Comune di Palermo. La rivelazione la forniscono le guide de Le Vie Dei Tesori: «Nelle cellette dove il sultano un tempo forse custodiva le proprie mogli, ognuna con un numero identificativo, il Comune ha fornito permessi di residenza con tanto di indirizzo e numero civico a diverse famiglie, ed era dunque pienamente al corrente della situazione».Surreale anche la decisione di restaurare le piastrelle dei pavimenti abusivi nel corso degli Anni Sessanta: «La Sovrintendenza Beni Culturali ci tiene a mostrare ai posteri cos' è stato capace di fare il popolo palermitano a un monumento come questo», spiega la guida.
Numerosi i particolari di ben altra importanza storico-artistica, come le finestre di taglio obliquo per non alterare la struttura del castello e favorire un sistema di areazione più veloce.
Anche in questo monumento gli arabi si confermano maestri della climatizzazione, con canali idraulici sotto il suolo per la refrigerazione e il riscaldamento, antesignani dei moderni sistemi termici a pavimento. Del resto l'acqua è elemento centrale del Castello di Maredolce, come testimoniato da molti reperti e dalla stanza dell'imbarcadero, degradante verso il lago artificiale per premettere un agevole attracco alle imbarcazioni.
Il lago artificiale, con tanto di dighe impermeabili e isolotto al centro, si estendeva fino a Monte Grifone, dove oggi sorge un aquedotto che serve il 30% di acqua alla città.
La credenza di molti è che senza l'acquedotto il lago potrebbe tornare a riempirsi grazie alla vicinanza di una sorgente di acque dolci che nel tempo rese noto il sito come Castello della Favara (fawarah in arabo significa sorgente di acqua copiosa). Ammirando questi giardini si ha la consapevolezza di quanto lussureggiante dovesse essere la cosiddetta Conca d'Oro, ricca di agrumeti, corsi d'acqua e parchi reali. Una visione che non mancò d'incantare generazioni di viaggiatori e gli artisti del Grand Tour come Goethe, Maupassant, Bazin e pefino Freud. Un quadro che oggi tende a dissolversi, solcato dalla vicina autostrada e dall'urbanisitca di rara brutezza sorta intorno.