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L’intellettuale iracheno: «Bush non voleva Saddam morto»

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societàPolitica

L'ex dittatore di Baghdad è stato condannato a morte per il massacro di 148 sciiti. «Ma il processo è una farsa» accusava Pius Alibek.

Colpevole, certo. Di aver torturato ed ucciso 148 sciiti del villaggio di Dujail. Questa, però, è solo uno dei capi di accusa dell’ex dittatore iracheno Saddam Hussein. Saddam è anche imputato per il genocidio di 100.000 curdi perpetrato tra il 1987 ed il 1988, e per una serie interminabile di crimini.

Pius Alibek è un iracheno di origine curda arrivato in Spagna perché disertore ai tempi della guerra tra Baghdad e Teheran. Filologo, gestore di un ristorante a Barcellona, è noto per le sue posizioni fuori dal coro sulla guerra in Iraq puntualmente espresse nei media spagnoli. Da poco ha ricevuto la Medaglia d’Onore della Città di Barcellona per la sua lotta a favore della pace, dei Diritti Umani e contro i soprusi perpetrati nella sua terra natale.

È quindi fedele alla sua immagine – molto conosciuta in Catalogna – di voce fuori dal coro che Alibek decide di rivelarci le trame che secondo lui si nascondono dietro questo «processo-farsa».

In Europa pare che nessuno nutra dei dubbi sul verdetto della prima di una lunga serie di sentenze che ricadranno su Saddam. Ma un’incognita rimane: quale sarà la condanna? Un’idea molto chiara Pius Alibek se l’è già fatta. Impegnato a prendere le prenotazioni nel suo celebre ristorante di cucina tipica irachena, “Mesopotamia”, Alibek risponde alle nostre domande con la stessa sicurezza con cui osserva la situazione. «Il processo a Saddam è una una farsa. Si prolungherà all’infinito. E alla condanna definitiva non si arriverà mai», pronostica. «Saddam non verrà mai giustiziato. Morirà in carcere, perché è questo che vogliono gli Stati Uniti».

Un «processo-farsa»

Il 51enne Alibek scherza sulla propria condizione di immigrato in Spagna: «Vivo qui da 25 anni, e paradossalmente fin dai primi tempi la mia situazione è stata di gran lunga più legale del processo a Saddam». E aggiunge: «Non deve essere processato né dagli iracheni, né dagli americani. Se Saddam ha compiuto crimini contro l'umanità, allora dovrebbe essere giudicato da un Tribunale Penale Internazionale al di fuori del territorio iracheno». Il Consiglio degli Studi Legali d’Europa è dello stesso avviso. E già nel luglio del 2005 ha chiesto che il processo si svolgesse fuori dall’Iraq, perché la situazione in cui versa il Paese non può garantire quella sicurezza e creare quel clima privo di qualsiasi tipo di intimidazione o pressione esterna necessari al buon svolgimento del processo. Ma questo ammonimento è caduto nel vuoto. Le conseguenze? Diversi avvocati della difesa sono già stati assassinati e ben tre giudici destituiti. Ora uno di loro ha dimissionato sotto le pressioni dell’opinione pubblica e un altro è stato criticato di favorire la difesa.

Gli esperti di diritto sono d’accordo nel ritenere che il processo a Saddam Hussein violi i diritti fondamentali garantiti dal diritto penale internazionale. Il tribunale è composto da noti nemici dell'ex dittatore: il che precluderebbe loro la facoltà di processarlo. Non solo. Le generalità dei giudici sono ancora anonime: il che rende la corte una sorta di “tribunale di fantasmi”. L’imputato non ha potuto scegliere liberamente i propri avvocati difensori, ed il processo, che dovrebbe essere pubblico, lo è solo parzialemente. In perfetto spagnolo, con qualche sfumatura di catalano, Alibek ci assicura che «chiudono l’audio dell’aula quando più gli fa comodo. Lasciano che si senta solo quello che vogliono far sentire». Sembra quasi di assistere al Grande Fratello.

«Certo Saddam era un dittatore. Ma l’Iraq non è mai stato così male come ora»

Purtroppo i governi europei non hanno fatto molto per cercare di garantire un giudizio obiettivo a Saddam. E nemmeno l’Unione Europea: il suoProgramma di Assistenza all’Iraq per l'anno 2006 non fa il minimo riferimento al processo. L’unico Paese che invece è intervenuto è il Regno Unito. Il governo Blair ha fornito una formazione ai giudici del tribunale per un intero anno, mentre la difesa ha potuto disporne solo per sei settimane.

Alcune ong, come Human Rights Watch, hanno denunciato l’illegalità di questa situazione. E lo fa anche Pius Alibek, come iracheno, oltre che come catalano, spagnolo ed europeo d’adozione. Incuranti della volontà dei propri cittadini, molti governi europei mantengono le proprie truppe in Iraq come Danimarca, Estonia, Lituania, Repubblica Cèca, Slovacchia, Romania o Regno Unito. Italia e Polonia si apprestano, per la fine dell’anno, a seguire sulla strada del ritiro paesi come Ungheria, Spagna, Portogallo, Olanda e Norvegia. E secondo Alibek tutti questi Stati hanno fatto bene a lasciare il Paese in una situazione più grave e disastrosa di quella in cui si versava prima: «Certo Saddam era un dittatore. Ma l’Iraq non è mai stato così male come ora. È assurdo, no?».

L’obiettivo del cristiano Bush: islamizzare la regione

E contrariamente a ciò che pensa la maggior parte degli europei, i progetti dell’amministrazione Bush navigherebbero con il vento in poppa. Progetti che, secondo il nostro intervistato, riguardano «un’idea molto vecchia: islamizzare l’intera regione».

Alibek spiega: «L’idea non consiste nell’attaccare il fondamentalismo islamico nei Paesi in cui è radicato. Tutt’altro! Gli Stati Uniti vogliono muovere guerra contro gli Stati laici e contro quelli che ospitano comunità cristiane al loro interno, Paesi caratterizzati da un’idiosincrasia etnico-religiosa simile a quella irachena. L’obiettivo è sconvolgere la società civile, fomentare la guerriglia, fare in modo che la violenza ed il terrorismo irrompano e che tutto ciò avvenga dietro la facciata dell’Islam più fondamentalista». In questo modo, risulterebbe più facile per l'Occidente accusare un nemico che si difende dietro la bandiera di Allah. Israele inoltre si consoliderebbe ulteriormente come unico Stato non musulmano della regione. «È un progetto che consentirà di associare univocamente violenza ed Islam». Per questo il cristiano Alibek prevede che dopo Iraq e Libano i prossimi obiettivi non saranno Stati musulmani come l’Iran. Contrariamente all’opinione maggiormente diffusa, secondo Alibek, nuovi fronti si aprirebbero in Siria e Giordania con lo scopo di instaurarvi l’islam radicale e fomentare le guerre civili ed il terrorismo. Sarà.

Alibek è infine convinto che i processi contro Saddam si protrarranno all’infinito, fino alla sua morte, in carcere. Tutto ciò non è altro che una feroce strategia di marketing politico-militare, necessaria a mantenere viva l’icona del dittatore. «La gente dimentica molto presto, per questo bisogna tenere in vita Saddam più a lungo possibile», dichiara. Un fenomeno simile avviene con Bin Laden. Mentre personaggi come questi rimangono ben impressi nell’immaginario collettivo, l’America troverà sempre un altro bersaglio su cui riversare l'odio globale e con il quale giustificare invasioni e guerre.

Translated from Pius Alibek: A Bush no le interesa matar a Sadam Hussein