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L'Est sotto shock

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Ottavio Di Bella

Il No francese alla Costituzione è stato un bel colpo per molti cittadini dell’Europa centro-orientale, che ora, dopo questa storica decisione, temono di venire emarginati.

Per la maggior parte dei nuovi Stati membri era inimmaginabile vedere la Francia rifiutare il Trattato costituzionale. Dopotutt, stiamo parlando di uno dei sei Paesi fonadatori della Ue, un Paese che ha guidato l'integrazione europea per parecchi anni ed in parte principale autore di gran parte del testo di quel Trattato costituzionale a cui ha detto No. E dunque, cosa c’è sotto una simile decisione, e quale significato dovrà trarne l’Europa centro-orientale?

Perché veniamo respinti?

Sembra che fin dall'Allargamento dell’Ue dello scorso anno, i francesi abbiano fatto praticamente qualsiasi cosa per danneggiare il proprio impopolare governo. Per mesi si è discusso circa la “fatigue” del processo d’integrazione dei paesi europei, in particolare a occidente,. Il 29 maggio non boccia tanto la Costituzione ma l’immagine del governo francese innanzi al proprio paese, e ancora la direzione nella quale si sta dirigendo l’Europa e, ancora cosa di maggior rilievo, il castigo che l'elettorato francese ha voluto riservare alla propria classe dirigente per aver allargato l’Ue, senza precedenti informazione o consulto. In apparenza, l'immaginifica inondazione di idraulici polacchi descritta dai sostenitori del No in Francia, avrebbe oscurato il passo in avanti compiuto dalla Costituzione. E tuttavia, nemmeno il Regno Unito, che ha liberalizzato completamente il proprio mercato del lavoro in modo da includere anche i nuovi Stati membri, ha dovuto sperimentare ondate di immigrati provenienti dall’Europa centro-orientale, paventate da coloro che han votato per il No.

Il timore di venirne emarginati

Ciononostante, il voto del No ha accresciuto le voci circa la necessità di un più piccolo “zoccolo duro”, in grado di fungere da laboratorio europeo. Constituito probabilmente dai sei membri fondatori o dai paesi appartenenti alla zona Euro o in quella di Schengen, questo “zoccolo duro” opererebbe all’interno, ma in modo autonomo, rispetto alla Ue. Se il rilancio di un qualsiasi tipo di cooperazione rafforzata tra alcuni Stati membri dovesse divenire realtà, l’Europa centro-orientale, matricola Ue e non ancora entrata a pieno titolo nelle eurozone summenzionate rischia di esser tagliata fuori dalla porta principale della politica europea. Col risultato di esser nuovamente emarginata, è questo il più grande timore dell’Est. Fortunatamente, è improbabile che questo zoccolo duro, incentrato su Francia e Germania, possa materializzarsi. Dopo una sconfitta schiacciante, Chirac, che una volta disse ai cittadini dell’Europa centrale di “stare più calmi”, ora mette la sordina. E questo mentre il più importante alleato della Francia, la Germania, ha già ratificato il Trattato costituzionale. I pesi massimi europei stanno oggi in piedi sui lati opposti del ring.

Ramificazioni economiche

Un'altra preoccupazione per le repubbliche centro-orientali che segue il «non» francese è dovuta alla fragilità delle loro economie. Perché restando nella condizione di mercati emergenti (situazione che perdurerà ancora parecchi anni), si rendono più vulnerabili all’instabilità politica e agli effetti economici che ne vengono. Cresce la paura che la crisi di questi gorni possa spaventare gli investitori e scuotere i mercati valutari. Il che tuttavia, probabilmente non si verificherà, visto che i mercati già prevedevano il risultato francese e non han fatto una piega dopo il voto del 29 maggio.

In cerca di più salde leadership

Il vero problema, che non solo i nuovi membri devono affrontare ma con cui l’intera Unione deve confrontarsi, è la mancanza di leadership. In Francia, il presidente Chirac non riscuote fiducia dalla sua gente ed il primo ministro Raffarin si è dimesso. In Germania, il cancelliere Schröder ha le mani legate dal timore di perdere le imminenti elezioni, e persino il leader dell’opposizione, la Merkel, viene bollata come il politico più noioso del paese. Il premier inglese Tony Blair è un leader impopolare, lo spagnolo Zapatero è ancora considerato un outsider, e l’Italia di Berlusconi è stata di recente descritta da The Economist come il «vero malato» d'Europa. Alla nuova Europa non va certo meglio: il presidente polacco Kwasniewski sta esaurendo il suo mandato decennale, e quello ceco Vaclav Klaus è un euroscettico per definizione…

Dove potrà l’Europa ricercare i suoi leader? Dove sono i Monet, gli Schuman, i De Gaulle e i Churchill? Sembra che a tutti i leader europei attuali, inclusi il Presidente del Consiglio Juncker, quello della Commissione Barroso e il Presidente del Parlamento Borrell, manchi il coraggio per affrontare la realtà: la più potente nazione europea ha rifiutato a gran voce il loro trattato. Ed è a questo che bisogna porre rimedio.

Translated from Shock in the East