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La stampa europea sul conflitto nella Striscia di Gaza

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Francesca Barca

Politica

I quotidiani europei commentano gli avvenimenti in Palestina dopo l’attacco dell’esercito Israeliano a Gaza. Una diplomazia europea incerta e impotente, un’America in transizione e una politica di forza israeliana sono le cause maggiori del protrarsi dell’offensiva.La rassegna stampa di Eurotopics.

De Morgen, Belgio

La comunità int(dronir/Flickr)ernazionale protesta contro gli attacchi israeliani nella striscia di Gaza. La preoccupazione e gli appelli al cessate il fuoco non bastano, scrive il quotidiano De Morgen : «Quelli che potrebbero fare qualcosa per esercitare una pressione forte su Israele non ci pensano neanche. Gli Stati Uniti sostengono Israele ad occhi chiusi e gli restano fedeli qualunque cosa faccia. Dopo di questa ennesima avventura militare saranno disponibili a consegnare, ancora, miliardi di dollari e armi. Il silenzio del Presidente americano eletto è eloquente. L’Ue è il principale sponsor dei palestinesi, ma il trattato di associazione e lo statuto privilegiato con Israele che viene rinnovato sono i soli mezzi di che l’Ue ha e che non utilizza. Guardando da un’altra parte l’Onu, gli Stati Uniti e l’Ue, danno un segnale chiaro a Israele e al suo esercito: fate pure». (05.01.2009)

Diário de Notícias, Portogallo

( Steve Rhodes/flickr)Solo gli Stati Uniti possono trovare una soluzione nel conflitto nella Striscia di Gaza scrive il quotidiano Diário de Notícias: «La diplomazia internazionale non aiuta nel conflitto a Gaza. Ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu è stato incapace di approvare un testo che chiamasse ad un cessate il fuoco immediato e che qualificasse Israele, come Hamas, di aggressore. La diplomazia europea ha già commesso il primo errore: il porta parola della Presidenza ceca dell’Europa ha qualificato l’operazione militare israeliana come difensiva. Dopo qualche protesta sono, poi, riusciti a pronunciare qualche critica nei confronti di Israele. Troppo tardi. La diplomazia europea ha dimostrato di non esistere (…). Nessuna grande potenza mondiale è in grado di influenzare quello che succede in Medio Oriente. C’è un solo paese che Israele ascolta e che il mondo arabo teme: gli Stati Uniti, che dispongono attualmente di un governo di transizione. Barack Obama si occupa del suo programma economico e rifiuta di esprimersi sul conflitto a Gaza». (05.01.2009)

(claudia vieira/flickr)

Le Temps, Svizzera

Il quotidiano Le Temps commenta la responsabilità degli Stati Uniti nel conflitto in Medio Oriente: «Alcuni ( lokha/flickr)temono (o sperano) un attacco contro l’Iran. Ma il periodo della transizione tra i due Presidenti americani sboccherà su un’operazione militare senza precedenti a Gaza (...). Prima della partenza di George Bush era il momento di fare pulizia. (...). È il naufragio di una politica americana che non offre altra soluzione che un conflitto sanguinoso, mostrandosi incapace di creare, in otto anni, la minima apertura diplomatica? Senza dubbio. Sono gli effetti perversi di una politica israeliana dove ogni periodo pre elettorale porta uno scoppio di violenza, una guerra, una provocazione o un insieme di tutte queste cose? Senza dubbio. Oggi, la concomitanza di un interregno americano e dello scacco elettorale israeliano si rivela devastante per Gaza. E rischia di segnare gli anni a venire». (29.12.2008)

Süddeutsche Zeitung, Germania

Il quotidiano Süddeutsche Zeitung critica la moltitudine di missioni europee di mediazione in Medio Oriente. Il Presidente francese Nicolas Sarkozy ci va come Presidente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Javier Solana come rappresentante della politica esterna dell’Ue, il Ministro degli esteri ceco, Karel Schwarzenberg, come Presidente del Consiglio dell’Ue e Tony Blair come portavoce del quartetto per il Medio Oriente. «Non ci sono possibilità che le cose migliorino ed è ancora più improbabile immaginare la pace. In Medio Oriente è la legge del più forte che vince. Tutti questi sedicenti intermediari non solo mancano di autorità, ma anche di apertura. Gli europei hanno deciso di tagliare i ponti con Hamas e oramai non possono difendere un’organizzazione che hanno definito pericolosa».

(05.01.2009)

(Petezin/flickr)

Upsala Nya Tidning, Svezia

Il quotidiano Upsala Nya Tidning ha scritto: «La sola soluzione che possa migliorare la situazione sul lungo termine è la creazione di due Stati, permettendo a forze più moderate di Hamas (partito palestinese islamico-radicale, ndr) di prendere il sopravvento. Se succedesse bisognerebbe comunque assicurarsi che i negoziati portino a qualcosa di buono. (…) Una diminuzione delle simpatie per Hamas sarà possibile solo quando si arriverà alla creazione di uno Stato palestinese attraverso negoziazioni con Fatah. Ma questo non è possibile fin quando Israele manterrà la sua politica di colonizzazione e di occupazione».

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Translated from Question: what do the EU and US need to do in the Middle East conflict?