La Politica greca per i rifugiati: una crepa pericolosa
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Federica ArcibuonoSe da un lato, per la maggior parte dei media europei il problema principale della Grecia è la sua situazione finanziaria e la crisi della politica; dall'altro, esiste un tema largamente ignorato: la politica greca per i rifugiati.
In questo momento, propabilmente non c'è un altro Paese europeo (a parte l'Italia) che sta lottando quanto la Grecia con l'elevato numero di rifugiati presenti sul proprio territorio. Si tratta di una contraddizione non tanto facile da comprendere.
Creta, Santorini, Lesbos, Kos – queste isole sono i punti principali da cui i rifugiati provano ad entrare nell'Unione Europea. Solo quest'anno i numeri ufficiali sfiorano le 55 mila unità. Le stime non ufficiali sono molto più alte, perché includono anche le persone che provano ad entrare ma senza successo. Cinquantacinquemila persone sono di gran lunga troppe per i Centri greci per i rifugiati, a corto di personale e non in grado di gestirli in maniera adeguata.
Una macchina dell'accoglienza inefficiente
Ma i problemi non sono dovuti tanto ai numeri sempre in crescita dei rifugiati in arrivo, quanto piuttosto alle strutture inefficienti e alla mancanza di volontà a trattarli adeguatamente. Questo è quello di cui è convinto Yonous Muhammadi, presidente del Forum greco per i rifugiati di Atene ed egli stesso ex rifugiato.
Lavora a questo problema dal 2001 e ha provato sulla sua pelle cosa significa essere trattato come un reietto della società greca: per questo critica il modo in cui le autorità greche stanno provando a gestire il crescente numero di rifugiati. Crede che tentare di impedire loro di cercare la libertà in un altro Paese non ha mai funzionato e mai funzionerà.
«Non puoi impedire ai rifugiati di arrivare in Europa con politiche che prevedono di costruire una barriera, o chiudendo le frontiere o con Frontex, è impossibile,» dice Yonous, «Quando il loro Paese è bombardato, come la Siria, non penseranno mai che ci sia una barriera, arriveranno e troveranno un'altra strada».
Ma anche se avranno trovato un'altra strada e avranno raggiunto il paese, la situazione non si fa più semplice. L'infrastruttura che li accoglie è insufficiente su vari livelli, come per esempio, gli uffici per gli immigrati. C'è un Ufficio centrale per i rifugiati ad Atene. Ma invece di essere un centro di coordinamento per tutte le procedure, qui l'ufficio centrale qui significa l'unico ufficio.
In tutta la Grecia non c'è neanche un altro luogo dove i rifugiati possano andare a richiedere asilo: tutti devono andare ad Atene. E questo ufficio non è nemmeno grande abbastanza: ci sono attualmente 70 persone che ci lavorano, in grado di sbrigare tra le 15 e le 20 richieste di asilo al giorno. Tutti gli altri devono aspettare e restare come "illegali", fino a quando le autorità non trovano un modo per trattare il loro caso. E dal momento che Atene è l'unico posto, questo significa che le condizione di vita in città peggiorano sempre di più.
Com'é vivere a Atene da "richiedente asilo"
Non ci sono appartamenti o sistemazioni sufficienti per i rifugiati e richiedenti asilo, quindi è costretti a dormire nei parchi o in edifici abbandonati che non hanno luce né acqua.
«La spiegazione di tutto questo ha origini antiche,» spiega Yonous Muhammadi, «la Grecia non ha mai preso sul serio tutta questa faccenda». Non si è mai vista come un Paese di immigrazione, non ha mai riconosciuto la necessità una certa struttura ufficiale, e tutto ciò ha portato alla situazione attuale.
«Il problema parte proprio da qui, perché in Grecia non c'era un sistema di accoglienza per i rifugiati; dunque questa mancanza, unita alla politica sull'immigrazione, ha creato una grande crepa che è stata a poco a poco sfruttata dagli estremisti,» spiega ancora Muhammadi.
In pubblico, questo è dimostrato dai discorsi d'odio. Si urla contro gli immigrati, e persino il Forum greco per i Rifugiati è stato una volta bersaglio dei discorsi d'odio, ci spiega il suo Presidente. Gli abitanti di Atene sono costantemente preoccupati che il numero diventi troppo alto da gestire, e spesso si sentono invasi.
In tutto questo, il settore turistico si chiede se i turisti possano sentirsi molestati dall'alto numero di immigrati nella città. Ma invece di cambiare la situazione creando nuovi centri di asilo in diverse città, il Governo greco non prova nemmeno ad affrontare il problema (il salvataggio dalla Grexit è un tema molto più pressante ai loro occhi).
Le responsabilità delle municipalità e dei media
«Persino le municipalità e i governi locali in ogni città non si sono mai assunti le proprie responsabilità. Il governo vuole costruire un centro di accoglienza in un luogo fuori Atene, ma alzerebbe una protesta da parte dei governi locali, delle municipalità, di tutti... direbbero "No, non vogliamo questo centro di accoglienza, non vogliamo gli immigrati in questo posto... o la criminalità" eccetera,» si sfoga Muhammadi.
Stando ferme sulle loro posizioni, le municipalità si dimenticano che allo stesso tempo stanno creando degli stereotipi anche nella mente della gente. «Come possono le persone essere a favore di un nuovo centro per i rifugiati nella loro città, se nemmeno i governi della città lo vogliono?» si chiede ancora il Presidente del Forum per i rifugiati.
Questa immagine viene rafforzata dai media. Per esempio collegando i richiedenti asilo alla criminalità, rafforzano l'idea che gli immigrati rappresentano il male per le loro città e per il loro paese. Ma c'è un particolare aspetto che non compare mai nei media greci: «La Siria è difficile da lasciare, la Turchia è difficile da lasciare, l'Iran è difficile da lasciare perché ti sparano al confine. Ci sono mine, ci sono barriere. Invece lasciare la Grecia per i rifugiati non è un grosso problema».
Il punto è proprio questo: la Grecia non è la meta dei rifugiati. Non è la meta di molti immigrati che vengono in Europa per trovare pace e libertà. È solo uno dei modi per entrare in Europa, ed è probabilmente quello più usato, insieme all'Italia. Ma pur considerando che un'alta percentuale dei rifugiati giunti in Grecia non ha la più lontana idea di rimanerci, i media influenzano le persone a pensare che più velocemente essi se ne andranno, meglio sarà per il loro paese – e questo non è assolutamente vero.
«Come sappiamo l'immigrazione e il problema dei rifugiati e dei richiedenti asilo non sono soltanto un problema della Grecia o dell'Italia, né un problema europeo,» conclude Yonous Muhammadi, «sono un problema globale».
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Autori: Vivien Timmler, Martinaa Leljak e altri.
Questo articolo è stato creato in collaborazione con Cafébabel e il Forum per Studenti di Giornalismo Europei 2015 (FEJS), che si è tenuto ad Atene dal 16 al 21 aprile 2015.
Translated from Greek Refugee Policy: a dangerous gap