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La Nave: l'umanità di Barcellona nascosta a Poblenou
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Erika BellodiDa anni, Barcellona promuove un modello di città che emargina tutto quello che non rientra nel paradigma trionfalista della modernità e dell'Europa. La massima dimostrazione di questa tendenza è il distretto 22@: una zona della città costruita sull'antico quartiere industriale di Poblenou, situato all'estremo nord della città. È qui che si trova La Nave: la dimora di circa 300 persone di differenti età e nazionalità. Nella Nave vivono immigrati africani, rumeni, sudamericani, magrebini e anche spagnoli. Molti di loro con una storia in comune: fino a poco tempo fa avevano una casa e uno stipendio. Ma, finito il lavoro, hanno dovuto lasciare i loro appartamenti. Anche se a molti il posto non piace, hanno scelto di restare comunque presso La Nave, perché è sicuramente meglio della strada: c'è più sicurezza e maggiori possibilità di sopravvivenza, nonché un certo senso di appartenenza alla comunità: sono stati persino aperti tre bar che servono, a prezzi ragionevoli, i residenti e i vicini. Esistono anche magazzini destinati ad accumulare la ferraglia che poi viene venduta ai grossisti del riciclaggio del metallo, attività che rappresenta praticamente l'unico sostentamento per la maggior parte degli inquilini e che, nel contempo, detta i ritmi quotidiani all'interno della Nave. A questa battaglia per continuare a respirare —senza autorizzazione—, si è aggiunta , nell'estate scorsa, la lotta per poter restare in quella che è ormai da anni la loro casa. A causa della denuncia della famiglia Iglesias Baciana, proprietaria dei terreni e di un'impresa immobiliare, fu decretato lo sgombero da parte della polizia, fissato per il mese di luglio, che tuttavia alla fine fu sospeso da un giudice. Paradossalmente i proprietari, che non hanno voluto negoziare con gli immigrati, possiedono una fondazione per aiutare giovani donne che vivono in condizioni di povertà in varie parti del mondo, tra cui l'Africa.
Foto: (cc) GroundPress.
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Un uomo guarda dal balcone di uno degli edifici del complesso di La Nave.
Foto: (cc) GroundPress.
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Huge ha circa 50 anni. È pittore e musicista. Prima aveva un veliero con cui organizzava traversate per turisti. Il suo capo ha smesso improvvisamente di pagare l'ormeggio e il Porto di Barcellona lo ha multato. E Huge andò in rovina. Fu uno dei primi ad arrivare a La Nave, dove ha trovato lo spazio necessario per una delle sue tante passioni: la pittura.
Foto: (cc) GroundPress.
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David si prepara il pranzo nella sua casa, mentre guarda il telegiornale.
Foto: (cc) GroundPress.
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La stanza di uno degli inquilini.
Foto: (cc) GroundPress.
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Molti degli inquilini della La Nave sono senza documenti e corrono il rischio di essere deportati o rinchiusi in un CIE (Centro de Internamiento de Extranjeros - Centro di Internamento Stranieri). La Polizia nazionale ha minacciato l'eventualità di retate di stranieri durante il possibile sgombero.
Foto: (cc) GroundPress.
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Gli inquilini della Nave durante una delle assemblee.
Foto: (cc) GroundPress.
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Kebará, uno degli inquilini, scrive striscioni di protesta nel cortile della Nave.
Foto: (cc) GroundPress.
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Leti, una delle catalane che vive presso La Nave, all'inizio della manifestazione, ha attraversato l'intero quartiere di Poblenou per chiedere la solidarietà degli altri abitanti e dare visibilità al conflitto.
Foto: (cc) GroundPress.
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Durante l'assemblea.
Foto: (cc) GroundPress.
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Uno dei momenti della manifestazione, diretta verso la sede del distretto a Poblenou.
Foto: (cc) GroundPress.
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Vista di una delle due strade su cui si affaccia il complesso da una finestra.
Foto: (cc) GroundPress.
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Due abitanti della Nave celebrano la sospensione dello sgombero e l'archiviazione della causa.
Foto: (cc) GroundPress.
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Ibrahima, uno dei più coinvolti nella risoluzione del conflitto e nell'a protesta per la sospensione dello sgombero, aspetta la notizia del possibile sfratto. Che alla fine non è arrivata.
Foto: (cc) GroundPress.
Translated from La Nave: la Barcelona humana que no te habían contado