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Jeremy Loops: dalla testa ai pedali di Loop

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Default profile picture Adele Benlahouar

Ultimo giorno al Coleur Cafè, Jeremy Loops apre il suo concerto per la prima volta in un festival belga. Sono ansiosa di vedere se la gente conoscerà  le sue canzoni e che reazioni avrà, le prime note dell’armonica iniziano a suonare. Il sole sta tramontando sulla folla, Jeremy ha dato tutto se stesso sul palco per conquistare questo nuovo pubblico.

Cafèbabel l’ha incontrato dopo il suo concerto.

cafèbabel: Com’è andato il concerto oggi?

Jeremy Loops: Grandioso! È stato davvero bello! Grazie! Questa è stata una bella serata per noi. Ero colpito dalla gente che conosceva le canzoni e dal nuovo pubblico che era in delirio. Per me tutto ciò è un ottimo segno!  

cafèbabel: È stata la tua prima volta in Belgio?

JL: A dire il vero è la mia seconda volta, abbiamo fatto un concerto lo scorso Febbraio  pochi mesi fa, all’ Ancienne Belgique. Ma oggi è stato il mio primo festival, il mio primo grande spettacolo qui in Belgio.

cafèbabel: Dove sei stato prima di arrivare al Couleur Cafè?

JL: Venerdì ero in Svizzera per il Montreux Jazz Festival, è stato bellissimo: era un giorno di sole, non potevo crederci. E poi siam dovuti partire molto presto la mattina seguente per l’Olanda e ci siamo recati ad un festival chiamato Concert at Sea che offre una meravigliosa location con l’oceano su entrambi i lati, meraviglioso! Quindi è stato un weekend impegnativo! È bello aver  terminato per il weekend, tre festival, tre paesi, tre giorni, basta!

cafèbabel: Vorrei sapere qualcosa in più sul pedale loop, in che modo è diventato il tuo segno distintivo al punto da usarlo per  il tuo nome d’arte, come mai è diventato così fondamentale nella realizzazione della tua musica? 

JL: Ho portato a termine una laurea davvero difficile in economia aziendale perché non sapevo cos’altro fare della mia vita. Non mi piaceva affatto, sono impazzito! Ero infelice. Di conseguenza ho iniziato a suonare tanto la chitarra tutti i giorni  quando tornavo a casa dall’università. Quando mi sono laureato, quattro anni dopo, ero diventato piuttosto bravo a suonare la chitarra e sapevo che non avrei voluto svolgere nessun lavoro che avesse a che fare con la mia laurea ma completai l’intero percorso universitario, non volevo mollare.

Dopo i miei studi ho viaggiato, ma prima di partire ho acquistato un pedale loop perché ho pensato “bè, non avrò una band, non sono mai stato parte di una band”. Penso fossi un po’ timido perché avevo 24 anni e non ero mai stato in una band; la maggior parte dei miei amici non sapeva nemmeno che suonassi. Quindi il pedale loop era proprio adatto a me. L’ho comprato quando sono andato in viaggio, era nella mia valigia, potevo realizzare tutti i suoni da solo: un po’ di armonica, un po’ di beat boxing, un po’ di chitarra…

E quando ero in viaggio ho lavorato su di una barca a vela che stava attraversando il mondo. Ho vissuto tanti momenti di solitudine nella notte e quindi ho fatto un sacco di loop. Quando sono tornato a casa avevo tutte queste canzoni scritte da me e tutti mi chiedevano cosa stessi facendo. Così ho preparato un concerto e il resto è storia…Questo, 5 mesi fa! È stato assurdo.

Ma anche in università il mio soprannome era “Loopscappatoia” perché non ero mai in un’università, marinavo sempre, cercavo sempre di trovare il modo di sfuggire al sistema e per questo i miei colleghi erano soliti chiamarmi “Loopscappatoia”. Era una sorta di dispetto. Erano infastiditi perché non ero mai a lezione ma prendevo sempre dei buoni voti  perché all’ultimo me la cavavo sempre , facendo amicizia con gli insegnanti e i docenti. Ero sempre alla ricerca di vie d’uscita. E da quando ho avuto il pedale loop per me  era come avere una via d’sucita: non avevo bisogno di una band al completo. Ero solo io e la mia via d’uscita, della serie “Sono Jeremy Loops ora, fanculo!” 

cafèbabel: Arrivi da Città del Capo, Sud Africa, ma trascorri anche buona parte del tuo tempo viaggiando. Hai anche scritto una canzone per Città del Capo- Down South- ma trovi più ispirazione viaggiando o nella tua città natale?

JL: Penso di prendere la maggior parte della mia ispirazione dalla mia vita e da ciò che vedo, non da qualcosa in particolare. A volte, mentre viaggio, vedo qualcosa di meraviglioso e quello mi ispira. Ma non è il viaggio in sé ad ispirarmi, sono la persone e le situazioni in generale, l’amore e l’odio, il teatro e la politica. Tutta quella roba assurda che accade e mi ispira.

Ma penso che il Sud Africa sia parte di ciò che sono. Non lo penso come qualcosa che mi ispira. È solo la mia casa: è così selvaggio e strano, corrotto e meraviglioso. Crescendo in Sud Africa vedi un sacco di roba che non vedi se cresci in Europa o in qualsiasi altro paese industrializzato. Vediamo tanta povertà e situazioni difficili, tanta disuguaglianza;  e so che le vivete anche qui (in Europa, nota dell’editore) ma non sono allo stesso livello. Quindi, penso sia profondamente parte di ciò che sono. Non scrivo necessariamente delle canzoni a riguardo, cerco di stare alla larga dalle questioni politiche quanto più posso;  però scrivo di cose che sono vere per me e il Sud Africa è parte di tutto questo perché è la mia casa.

cafèbabel: Hai iniziato a fare vlogging (fare blog attraverso dei video, nota dell’editore) ispirato dal tuo amico Ben Brown. Ti aiuta ad esprimere te stesso in un modo differente, in un modo in cui la musica non può?  

JL: Si, il mio coinquilino! Non riesce a mollare la sua videocamera! Sin da quando ho iniziato a fare dei video ho avuto la possibilità di fare un’altra cosa che mi entusiasma. È come quando ho scoperto la musica. Prima di scoprire la musica ho scoperto la fotografia. Sono stato un fotografo dai 24 ai 26 anni, ero ossessionato dalla fotografia, era il mio nuovo amore. Poi ho scoperto la musica. Ero già solito suonare ma a 26 anni ho inziato a suonare per la gente e così ho realizzato “bene, la fotografia non è il mio amore”

Quando l’anno scorso  Ben Brown si è trasferito con me, presumo sia stata la prima volta in cui ho inziato a registrare delle cose con la mia videocamera e in un certo senso aiuta a manifestare un lato diverso del mondo . Inoltre penso che a volte possa permetterti di essere una persona migliore perché quando riprendi te stesso effettivamente devi iniziare a pensare a cosa credi davvero e devi essere più autentico e onesto con te stesso perché se ti stai riprendendo e sei disonesto e in un brutto momento è veramente difficile farlo. Puoi, con facilità, apparire un’idiota e sai che la gente può vederlo. È stato piuttosto interessante vedermi anche in queste vesti.

Quando sei un musicista sei sempre sul palco e sei trattato come una sorta di divinità: tutti gridano il tuo nome, urlano, le ragazze perdono la testa. Quindi è un aspetto interessante da gestire e da affrontare. Ho dei problemi anche con il vlogging, penso che a volte renda un po’ narcisisti. È un po’ strano ma è anche bello; inoltre mi permette di immortalare un sacco di roba che prima non immortalavo: riprendo la mia band dietro le quinte, i miei genitori, il mio cane quando sono a casa, la mia fidanzata; e so che tra dieci anni sarò in grado di guardare tutti quei filmati e sarà bellissimo aver documentato la mia vita. Per ora sono solo in fase di sperimentazione.

cafèbabel: Puoi dirci qualcosa in più sul tuo impegno per l’ambiente e sul tuo lavoro con  Greenpop?

JL: Risale a quando lavoravo su degli yacht per un miliardario russo; lui era davvero una brutta persona. Penso che tanta gente, tanto benestante, possa diventare anche tanto cattiva. A volte i soldi e il potere vanno a braccetto con la corruzione e il demonio. Io ho potuto vederlo da vicino quel demonio quando ho lavorato nell’industria degli yacht. Ho visto tanta gente ricca con troppi soldi, distruggere il mondo, distruggere l’ambiente per il solo piacere di possedere yacht da 200 metri, elicotteri, jet privati, ho visto una famiglia o un solo uomo creare fin troppo spreco e spendere così tanti soldi per uno champagne in una notte di festa con i suoi amici che avrebbe potuto sfamare 300 persone in Africa per un anno. Questo mi mandava fuori di testa perché mentre crescevo in sud Africa sognavo sempre di essere un uomo ricco, pensavo “un giorno sarò ricco e la mia vita sarà meravigliosa!”. Poi ho visto cosa fanno a volte le persone ricche e ho pensato “fanculo, non vorrei mai sprecare tutta quella roba mentre il mondo è colmo di sofferenza”.

Greenpop è un’organizzazione che ho avviato con due amici prima di iniziare a fare musica. Siamo un’organizzazione ambientalista. Piantiamo alberi sul suolo di scuole verdi o orfanotrofi privati, case antiche, centri ricreativi, ogni posto in cui non ci siano alberi. Stiamo facendo questo principalmente in Sud Africa ma stiamo cercando di estenderlo anche al resto del mondo. Realizziamo anche dei progetti di rimboschimento. Al momento la mia squadra è in Zambia e sta attuando un progetto chiamato “Alberi per la Zambia” attraverso il quale piantiamo circa 5,000 alberi in 24 scuole differenti. La Zambia ha un tasso davvero alto di deforestazione, uno dei più alti nel mondo. Siamo lì per aiutare, supportare e accrescere la consapevolezza. Perciò abbiamo  avviato Greenpop perché potessimo in un certo modo restituire, provare a fare qualcosa di nuovo e provare ad aiutare con le nostre possibilità. Abbiamo piantato più di 73,000 alberi in più di 350 scuole e orfanotrofi differenti. Stiamo facendo dei buoni progressi, stiamo crescendo, abbiamo 13 persone impiegate e spero che potremo continuare ad andare avanti.

E ora, mentre attendiamo di rivedere nuovamente Jeremy Loops il prossimo anno-speriamo sul palco principale- al Couleur Café, l’artista tornerà all’Ancienne Belgique il 29 ottobre. Quindi prenota i tuoi biglietti prima che finiscano e porta i tuoi amici! 

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Questo articolo è stato redatto da cafébabel con la collaborazione di Couleur Café Festival

Translated from Jeremy Loops: from Head to Loop Pedals