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Jeremy Corbyn: il salvatore del Labour o la sua rovina?

Published on

Story by

Viral Shah

Translation by:

Veronica Monti

Politica

Il Partito laburista britannico sta attraversando una crisi esistenziale profonda: i membri del Parlamento e i vecchi leader gridano alla catastrofe imminente. Perché? Per colpa di un socialista 66enne di nome Jeremy Corbyn, candidato favorito alla leadership del Labour.

«Il partito brancola alla cieca, le braccia tese in avanti, sulla cima della scogliera, sopra rocce appuntite». Tony Blair è preoccupato. Nessuno sembra dargli retta. Ma non è il solo.

L'ascesa del parlamentare di Islington Nord, Jeremy Corbyn, finito per diventare il candidato favorito nella corsa alla leadership dei laburisti, ha scosso le fondamenta del partito. Sono convinti che Corbyn sia troppo di sinistra, tanto da rendere il Labour party sotto la sua eventuale guida "ineleggibile" alle prossime elezioni del 2020.

Il parlamentare di lungo corso Alan Johnson è solo uno dei tanti ad aver sollecitato i sostenitori del partito a «mettere fine alla follia,». Ha dichiarato che Jeremy Corbyn è «stato spensieratamente sleale nei confronti di ogni leader per cui ha lavorato,» riferendosi al fatto che Corbyn ha votato contro la linea del Labour più di 500 volte da quando è entrato in Parlamento per la prima volta nel 1983.

Il sobillatore di estrema sinistra

Nonostante le paure e le iperboli che circondano la figura di Corbyn, quest'uomo in sé è piuttosto tranquillo. Alcuni dicono che somigli ad un insegnante di geografia degli anni Settanta. Sì, public relations ed estetica sono prerogativa dei deputati laburisti più giovani. La forza di Corbyn sta piuttosto nella sua autenticità.

È conosciuto per essere stato più volte dalla parte "giusta" della Storia: dalla campagna contro l'apartheid in Sud Africa e contro le guerre in Afghanistan e Iraq (finanziando la coalizione Stop The War), fino all'aiuto prestato nel portare la pace in Irlanda del Nord. Figlio di un'insegnante e di un ingegnere, che si conobbero a una manifestazione pacifista durante la Guerra civile spagnola, Corbyn è attivo in politica dal'età di 15 anni, quando aderì alla Campaign for Nuclear Disarmament (CND, Campagna per il disarmo nucleare, n.d.t.).

Stando al Financial Times Corbyn sarebbe, tra le altre cose, «antimonarchico, sindacalista, vegetariano, rivoluzionario. Conosciuto per i suoi vestiti beige e per le sue tendenze ascetiche, ama andare in bicicletta e non possiede un'auto. Ama fare marmellate con la frutta del suo giardino, appartiene all'All Party Parliamentary Group for Cheese ed è ossessionato dai treni». Ah, ed è anche un fan dell'Arsenal, e nel 2004 ha firmato una mozione parlamentare che lo definiva «il migliore club di calcio al mondo».

Corbyn preferisce tenere la sua vita privata lontana dalla sfera pubblica. Nonostante ciò, una notizia che ha fatto scalpore è stato il suo divorzio con la seconda moglie. Sembra che, tra le varie ragioni, lei volesse mandare uno dei figli in un istituto privato, mentre Corbyn era per una scuola pubblica. Oggi è sposato con Laura Alvarez, un'importatrice messicana di caffé equosolidale.

Non sarà Che Guevara, ma il carattere sincero di Corbyn, insieme alla sua politica populista, è uno dei motivi per cui in migliaia vanno ai suoi comizi, qualcosa di inaudito per la politica britannica contemporanea.

Dopo Ed Miliband 

Dopo la clamorosa sconfitta dei laburisti e della strategia della light austerity di Ed Miliband alle elezioni di maggio, il partito è andato allo sbando. Con una buona parte di elettori scettici circa la credibilità della politica economica del partito, i laburisti sono stati sconfitti dai conservatori di David Cameron, mentre in Scozia sono stati messi fuori gioco dal partito anti-austerità, lo Scottish Nationalist Party (SNP).

Post-elezioni, il Labour ha attribuito la partita persa contro lo SNP al fervore nazionalista scaturito dal referendum per l'indipendenza scozzese del settembre 2014. I dirigenti sostenevano che la strategia del partito avrebbe dovuto richiamare più votanti dai ranghi conservatori e dell'UKIP (lo schieramento nazionalista ed euroscettico di Nigel Farage), anche attraverso misure pro-austerità e anti-immigrazione. In altre parole, avrebbero dovuto semplicemente copiare la politica dei Tory.

Questo atteggiamento ha rivelato un immenso baratro tra l'ala parlamentare del Partito laburista e la sua base elettorale. Anthony Wells di YouGov sostiene che «la gente che ha aderito al Partito laburista tra il 2010 e il 2015 è più pro-Corbyn. (...) La gente che si è iscritta a partire dal 2015 è incredibilmente pro-Corbyn, e lo vorrebbe come leader».

Quando le candidature per la leadership sono state annunciate, Corbyn ha presentato le firme obbligatorie di almeno 35 parlamentari in suo sostegno solo due minuti prima della scadenza. In quell'occasione molti laburisti hanno messo in chiaro che erano contro la politica da lui proposta, ma che si auspicavano un dibattito aperto e democratico per il futuro del partito. Da allora sembrano aver cambiato musica.

John McTernan, l'ex stratega di Blair, assistendo alla perdita di 40 dei 41 seggi che laburisti avevano in Scozia, ha sfidato «quei cretini di parlamentari che hanno eletto Jeremy Corbyn a farsi avanti, hanno bisogno di un controllo psichiatrico. Dovrebbero vergognarsi... sono dei cretini». Altri inquilini di Westminster, come Simon Danczuk, hanno pubblicamente ammesso che alcuni parlamentari avrebbero complottato per mettere Corbyn fuori gioco fin da subito. E la fronda interna è stata messa ben in evidenza anche dal giornalista e sostenitore del New LabourDan Hodges, che in un suo articolo ha paragonato la leadership di Corbyn all'occupazione nazista. Poi abbiamo avuto l'ex Segretario Lord Mandelson, che ha tentato (invano) di far abbandonare la corsa agli sfidanti di Corbyn (Liz Kendall, Andy Burnham e Yvette Cooper), con lo scopo di invalidare tutto il processo elettorale. Alla faccia del rispetto delle regole democratiche.

Lo slogan "ABC", cioè "Anyone but Corbyn" (Chiunque ma non Corbyn, n.d.t.), si è diffuso sui media principali, fino a contagiare il Guardian. Mentre un numero record di persone ha aderito al partito come "sostenitore" (al costo di 3 sterline a testa), gli opinionisti hanno messo in guardia contro gli infiltrati che, dai Trotskisti ai Tory, avrebbero potuto cercare di manipolare il voto per distruggere il partito. E chi l'avrebbe mai detto che nel Regno Unito ci fossero così tanti trotskisti ibernati che aspettavano giusto questo momento?

Ciò ha portato il Labour a tentare di controllare i quasi 250 mila nuovi membri e sostenitori, escludendo dal voto quasi 1.200 individui. Tra questi ci sono 200 ex candidati dei Verdi, il regista sinistroide Ken Loach, il deputato Tory Tim Loughton e il comico Mark Steel.

Eppure tutti questi allarmi lanciati dai sostenitori della linea blairiana non hanno fatto altro che rafforzare Corbyn. A fine agosto lo si dava per vincitore con più del 50% di preferenze nell'elettorato laburista, composto da 610.753 persone (tra cui spiccano anche molti iscritti ai sindacati, sostenitori di Corbyn). Intanto il processo elettorale si è chiuso il 10 settembre, e non resta che aspettare il 12 per la proclamazione dei risultati.

Perché Corbyn ha avuto tanto successo?

La risposta (molto semplice) è che ha una visione chiara delle cose. Corbyn è contro l'austerità, vuole alzare le tasse ai ricchi e appoggia il cosiddetto People's quantitative easing (parafrasando l'iniezione di liquidità monetaria della BCE a favore degli Stati e delle banche, n.d.r.): propone ad esempio che la Banca di Inghilterra stampi banconote per progetti infrastrutturali, invece di salvare le banche.

Jeremy Corbyn propone le sue idee per leadership del Labour (Newsnight/You Tube)

Il suo programma prevede inoltre la ri-nazionalizzazione delle ferrovie e delle compagnie energetiche. Vorrebbe creare una Banca di investimento nazionale, controllare gli affitti, liberarsi di Trident (il programma di armamenti nucleari, n.d.r.), e restare membro di un'Unione europea che però sia riformata con leggi ambientali più forti e più diritti per i lavoratori.

Questo contrasta con la politica dei suoi concorrenti, che incarnano la completa mancanza di concretezza che ha assalito il Partito laburista. Una forza politica che ha assoldato individui dalla faccia pulita, apparentemente amichevoli, ma privi di sostanza.

Andy Burnham, parlamentare e uno dei candidati al posto di Segretario, bisogna dirlo, ha condotto una campagna per indagare ulteriormente sulla tragedia di Hillsborough del 1989, quando 96 tifosi del Liverpool persero la vita. D'altro canto, molti membri del partito lo considerano troppo indeciso. In occasione del recente disegno di legge sui sussidi pubblici (portato avanti dal Governo conservatore e che prevede ulteriori tagli), Burnham aveva dichiarato che i laburisti «non si possono assolutamente astenere» dal voto, prima di astenersi a sua volta.

Poi c'è Yvonne Cooper, che tra i quattro candidati è quella con più esperienza. Si è presentata come una moderata in grado di unire le diverse fazioni del Labour, ma i suoi detrattori sostengono che semplicemente non abbia scelto da che parte stare. Come ha scritto la rivista The Spectator (politicamente orientata a destra): «Il rifiuto della Cooper di vedere le differenze tra il partito che lei intende guidare nel 2020 e quello che Ed Miliband ha capeggiato fino al 2015, è clamoroso».

Infine c'è Liz Kendall: rappresenta allo stesso tempo la scelta più "di destra" e la meno popolare tra i sostenitori laburisti. La Kendall ha molti punti in comune con la politica dei Tory, tra cui una visione più pro-business, il suo sostegno al taglio dei sussidi pubblici e al mantenimento della quota del 2% del PIL da riservare alle spese militari, come chiede la NATO. 

Con degli sfidanti del genere, non sorprende che uno come Corbyn attragga molti elettori, stanchi di avere come leader dei politici distaccati dal mondo reale, educati a Oxford Cambridge e appartenenti a quella "bolla" che è Westminster. Ma la cosa peggiore è che gli altri tre candidati, Burnham, Kendall e Cooper, sono stati del tutto incapaci di contrattaccare Jeremy Corbyn e la sua politica. Persino in politica estera, che molti hanno riconosciuto essere il suo punto debole viste le sue simpatie pacifiste. E pensare che una volta questo vecchio "socialista" ha pure definito Hamas e Hezbollah «nostri amici».

Si sono limitati a delle contromosse superficiali, come quando hanno dichiarato che Corbyn stesse tornando indietro ad una politica ormai fallita, la stessa dell'allora leader laburista Michael Foot (autore di un manifesto politico a cui Corbyn stesso aveva contribuito), che perse le elezioni del 1983 contro una "certa" Margaret Thatcher. Non è stato da meno Tony Blair: ha sostenuto che la leadership di quello che è ormai il candidato dato per favorito sarebbe un «ritorno agli anni Ottanta, all periodo di Star Trek». Grande, Tony (a parte il fatto che Star Trek era ambientato nel futuro, no?). Per molti altri, le politiche di Corbyn sono innovative, dall'istruzione superiore gratuita al controllo sugli affitti. Sta portando i giovani in prima linea, molti dei quali prima di lui erano delusi dalla politica.

E dopo che succederà?

Queste elezioni per eleggere il nuovo Segretario hanno nutrito la speranza che Jeremy Corbyn possa farcela, a dispetto di una stampa pettegola e della campagna neo-laburista. Se dovesse vincere, una grossa fetta del Partito laburista che siede in Parlamento (il gruppo politico si chiama Parliamentary Labour Party, PLP, n.d.r.) cercherà di attentare alla sua leadership ad ogni occasione utile. I media, già così pessimisti, continueranno con le loro critiche. Per non parlare dei Tory, che sono rimasti volontariamente a guardare durante tutta l'estate, proprio per permettere all'attenzione dei media di concentrarsi sulla capitolazione pubblica dei laburisti.

Dimenticate "Red Ed" (riferito al precedente Segretario, Ed Miliband, n.d.r.), le parole "Commie Corbyn" (Corbyn il comunista, n.d.r.) si potranno udire in ogni angolo del Regno Unito. Per il "compagno" Jeremy, la speranza è che il ritorno alla partecipazione popolare, una conquista della sua campagna elettorale, possa superare questo clima ostile. Per una visione progressista e anti-austerità come la sua, è l'unico modo di sopravvivere nella politica britannica. I prossimi anni non saranno facili, ma per il Partito laburista sono quelli che definiranno la sua identità, il suo futuro e le sue possibilità. La sua stessa esistenza.

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Translated from Jeremy Corbyn: Labour's saviour or its demise?