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[ita] "Tutto quello che avreste voluto fare per l'emigrazione...

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Eleonora Annigoni

...ma non avete mai osato concretizzare". Tante buone intenzioni, numerose buone parole, ma nessun atto concreto sull'emigrazione all'ultimo Consiglio Europeo. Almeno per ora.

Possa Woody Allen perdonare il nostro peccato, ma citarlo era assolutamente necessario. Questo Consiglio dell'Unione Europea avrebbe potuto essere l'occasione giusta per qualcosa di più del semplice promemoria dell'assoluto bisogno di intervenire in maniera mirata e concreta sul fronte emigrazione. Le cose però non sono andate così lisce. 

Era chiaro fin dal principio, dalle primissime ore di giovedì, quando il portavoce Preben Aamannaggirandosi per i corridoi, ha dichiarato: "Stanotte non verranno prese decisioni legali, solo politiche". Un messaggio che poteva facilmente essere interpretato come "Non c'è un accordo sufficiente per prendere una decisione seria e vincolante". Possiamo dunque affermare che questo consiglio sia stata una completa perdita di tempo? Non così in fretta.

Tutti sembrano essere coscienti del fatto che la questione emigrazione potrebbe risultare fatale per l'esistenza stessa dell'area Schengen, che deve essere messa sul tavolo delle discussioni e che non può venire posticipata ulteriormente. Anche il presidente Donald Tusk lo sottolinea, dichiarando: "Tutti i capi di stato concordano sul proteggere Schengen". Se tutti sono d'accordo, però, perché sembra così difficile prendere una decisione?

Sorvegliare o trasferire?

Il pomo della discordia, alimentato principalmente dal Cancelliere tedesco Angela Merkel e dal Presidente francese François Hollande, riguarda la proposta di creare un corpo comune di polizia di frontiera costiera per proteggere i confini dell'area di Schengen.

Il punto è che questa idea può essere vista come un non così celato tentativo di avere più controllo su quelle nazioni soggette a particolari flussi migratori e vengono spesso accusate di negligenza e inefficienza nella raccolta delle identità dei migranti e delle loro richieste di asilo, come ad esempio Grecia o Italia. In altre parole, si tratta di una vera e propria cessione della sovranità dello Stato.

Il più conscio di tutti è il Primo Ministro italiano Matteo Renzi, che durante il Consiglio ha dichiarato più volte che sarebbe disposto ad accettare un simile accordo solo in cambio di un impegno più concreto da parte delle nazioni Nordeuropee in merito al trasferimento dei migranti che arrivano nelle regioni meridionali dell'Europa .

Secondo Renzi, infatti, la decisione della Commissione Europea di procedere contro l'Italia per non aver registrato o identificato attorno ai 35.000 migranti nel periodo Luglio-Novembre è "surreale". Le sue richieste vertono principalmente su una maggior collaborazione a livello europeo, riconoscendo il ruolo che sta ricoprendo l'Italia nella gestione della crisi. E i numeri sembrano dargli ragione: secondo lui, infatti, l'Italia avrebbe rispettato il 50% degli impegni presi questa estate riguardanti la costruzione di nuovi centri di accoglienza. Le percentuali di trasferimento e rimpatrio sarebbero scoraggianti: solo lo 0.2% e 0%.

La posizione di Renzi sul ruolo dell'UE in questa faccenda è caustica: "L'Italia sta facendo la sua parte, l'Europa no".

La risposta alle accuse Italiane arriva dal Presidente francese Hollande, che dichiara: "C'è la necessità urgente di concretizzare quanto deciso, di proteggere i confini, e manterremo la nostra parola accogliendo i rifugiati da trasferire". Stesso punto di vista è quello del Cancelliere tedesco Merkel, che supporta in primo luogo il bisogno di una comune guardia di frontiera costiera in protezione dell'area di Schengen e l'appello ad accelerare i trasferimenti e i rimpatri. Posizioni antitetiche, o almeno è quello che sembra per quanto riguarda le tempistiche delle misure da concretizzare, ma Renzi pare preferire la filosofia "pagare moneta, vedere cammello", al posto di fumose ed incerte promesse.

Meglio il pugno di ferro

Parlando di migrazione, nemmeno la posizione di Viktor Orbán sorprende. Il Primo Ministro ungherese ha dichiarato di non vedere l'instaurazione di forze armate europee in protezione dei confini tanto come un'invasione della sovranità, quanto piuttosto come un aiuto per quelle nazioni che non sono in grado di rispettare le proprie responsabilità verso emigrazione e protezione dei confini esterni. Protezione che fino ad ora è fallita, senza la possibilità che gli attuali accordi possano servire in futuro, dichiara il magiaro.

Ma c'è di più. Secondo Orbán, si dovrebbe prendere in considerazione la creazione di una "difesa in seconda linea" sul confine greco di Macedonia e Bulgaria.

Interrogato da Cafébabel, ha sottolineato anche che la questione dei trasferimenti non è assolutamente un problema connesso alla creazione di una polizia di frontiera costiera. "Per noi non sussistono i prerequisiti per questo", ha dichiarato.  

Quello che esce da questo Consiglio Europeo sull'emigrazione è complessivamente apprezzabile, almeno dal punto di vista delle intenzioni. La musica cambia, però, quando si arriva a parlare di azioni concrete. L'accordo sembra essere pronto, ma mancano ancora le clausole per permettere a tutti di tornare a casa in qualche modo soddisfatti. La posizione del Primo Ministro italiano Renzi è comprensibile, sotto una certa luce, ma la sua insistenza sulla questione dei trasferimenti senza voler scendere a compromessi potrebbe irritare le nazioni nordeuropee, come la Germania, con cui l'Italia ha già problemi di natura economica. 

Il tutto senza considerare che il Primo Ministro greco Tsipras, il cui paese è stato travolto da 700.000 emigranti negli ultimi6 mesi, non ha avanzato le stesse richieste con tale arroganza e ostinazione.

Pagare moneta, vedere cammello o credere alle promesse di Germania e Francia? Aspetta e vedrai, gli emigranti busseranno ancora alla porta del prossimo Conssiglio Europeo a febbraio.

Translated from "Everything you always wanted to do on migration...