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Io e Sara Carbonero: due mondi diversi

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società

Spagna. Anno 2011. Una realtà si diffonde come un’epidemia: la crisi. Dicono che sia colpa dei “mercati”. Così, lasciando la questione sull’astratto. O che sia un “fallimento dello Stato del benessere”. Sta di fatto che il 20,4% della popolazione attiva in Spagna è inoccupata. La Cina rileva il suo debito pubblico.  In Spagna ci sono il doppio dei giornalisti rispetto ai posti a disposizione.

E i più giovani che fanno? Si scoraggiano, come l'aspirante reporter protagonista di questo articolo.

La nostra protagonista fa parte della nuova generazione che non si riesce definire. E’ un ibrido? Potrebbe esserlo dal momento che né studia, né lavora. E’ giovane e europea? Sì, dovendo mettere etichette, lo sarebbe sicuramente. Forse è meglio definirla “cittadina del mondo”: di quelle che se la cavano con l’inglese, viaggiano grazie ai voli low cost, convivono con altre culture per grazie al fenomeno dell’immigrazione, dato che che vive in un quartiere madrileno “multiculturale”.

Di Sara Carbonero ce n'è una sola

E’ giornalista. Ha frequentato un corso al terzo anno di università con Sara Carbonero. Non sa bene in cosa abbia sbagliato. Se la paragonano alla giornalista di successo, che ha lavorato per Radio Marca, La Sexta et ora è a Telecinco rimane in silenzio e pensa. E’ passata attraverso vari stadi: prima di tutto il dubbio: “Che avrò fatto di male? Mio Dio, perché mi hai abbandonato?”; poi la colpa: “Tutto questo succede perché non sono bella come lei”, in ultimo, la negazione: “Se mi avessero offerto la carriera di Sara, non l’avrei accettata”. E adesso, la prende con ironia. Con il suo master in Comunicazione Sociale, la specializzazione in Violenza di Genere e una carriera segnata da contratti a tempo determinato come tele-operatrice, dipendente, pizzaiola, stagista e altre cose che non si possono raccontare, ora è disoccupata. Senza sussidi, ovviamente.

E il futuro? Con un prestito del Ministero della Pubblica Istruzione per continuare gli studi specialistici, da restituire se si guadagnano 22.000 euro lordi annuali, sta pensando di tornare a casa dei genitori. Abbandonare, quindi, l’indipendenza conquistata con tanta fatica e provare ad andare avanti in un altro modo. Non sa ancora bene quale, ma non si abbatte. Beh, a volte sì. Certo non fruga nella spazzatura (e c’è sempre più gente che lo fa), però pensa che ci sia qualcosa che non va. Dovremmo essere in una “meritrocazia”. Dovremmo essere sicuri che, studiando molto, vincendo borse di studio e unendo il tutto ad una serie di lavori a tempo determinato, qualcosa prima o poi uscirà fuori. Nel tuo campo, ancora meglio. In quello, cioè, per cui hai lottato duramente, per cui ti sei formato e a cui hai sognato di poterti dedicare, quando hai dovuto scegliere se continuare a studiare compiuta la maggiore età.

Si guarda intorno perché ne ha il tempo. In quanto esperta di marketing, applica l’analisi SWOT (Strengths - forza, Weaknesses - debolezza, Opportunities - opportunità e Threats - minacce) per conoscere la concorrenza e trovare la sua nicchia nel mercato. In breve: le cose vanno maluccio.

Pour 68.000 laureati in giornalismoLe amiche con un curriculum migliore, poiché hanno fatto tirocini non remunerati presso imprese di comunicazione durante il periodo universitario, oavorano come libere professioniste (e quindi hanno più uscite che entrate e dipendono dalle famiglie per poter continuare a cercare qualcosa di migliore), oppure guadagnano una miseria con l’obiettivo di diventare corrispondenti. Ci sono, poi, amici che hanno deciso di lasciare questi studi perché devono mangiare e hanno bisogno di un salario minimo di 800 euro, un qualcosa che nessuno gli offrirà in questo “mercato”. Altri, invece, hanno deciso di vendere le proprie idee al miglior offerente per avere la possibilità di pubblicare e fare esperienza. Una minoranza è riuscita a trionfare. Hanno puntato sul giornalismo sportivo, la cronaca sociale (rotocalchi rosa e televisione spazzatura) o sul mondo corporativo. Quale è il loro posto? Le ONG stanno lottando per delle rachitiche sovvenzioni e, quindi, non offrono contratti. Nell’anno internazionale del volontariato, sembra che questo modello la faccia da padrone: fa’ il tuo lavoro anche senza essere pagato, così almeno acquisirai esperienza.

Alla domanda fattale nel Centro per l’Impiego (l’antico ufficio di collocamento) su quale fosse il posto di lavoro che cercava, ha risposto con sarcasmo: “Direttrice di CNN+”. Un canale, questo, recentemente chiuso in seguito all’acquisto di Sogecable da parte di Berlusconi, con il conseguente licenziamento di giornalisti qualificati e di prestigio. Quindi, meno opportunità per lei. Nonché un’affermazione del modello che predomina: l’infotainment ("info-intrattenimento"). Sul  digitale terrestre continua ad esserci la CNN+, ma quel che va in onda, sono le immagini del Grande Fratello 24 ore su 24.

Quasi quasi faccio la cameriera

Le nuove tecnologie? Il giornalismo cittadino? Indubbiamente. Essere blogger, amministrare le pagine Facebook, usare Twitter e anche pubblicare in diversi portali, ti permette di continuare a scrivere, però non si guadagna. E il mondo accademico? Alcuni conoscenti hanno abbandonato le proprie tesi perché non hanno ricevuto borse di studio per i dottorati. Altri, decidono di continuare a studiare, finanziati da genitori che hanno trovato un lavoro fisso intorno agli anni ’70. Però lei vuole essere parte della “popolazione attiva” del paese.

Sua madre le dice di emigrare perché in televisione dicono che la Germania offre contratti per i giovani con studi superiori. Eppure, non è tutto oro ciò che luccica. Lei stessa ha amici che si trovano in Europa a fare interessanti lavori di giornalismo e altri che, invece, se ne sono andati pensando di trovare l'oro e sono dovuti tornare perché non hanno trovato altro che precarietà. Se le cose stanno così, allora può benissimo rimanere in Spagna dove forse, come cameriera, cassiera o dipendente, qualcosa riesce a trovarlo.

Quali nuove avventure riserverà il futuro a questa giovane 27enne? Vi terremo aggiornati, se le circostanze ce lo permetteranno. I fin dei conti, tutto ciò potrebbe essere una semplice favola, una metafora con la quale nessuno si identifica. Perché, se molte persone stessero nella stessa situazione, credo che si lamenterebbero e organizzerebbero manifestazioni sull’impronta di quelle del sud del Mediterraneo e del Maghreb. O forse mi sbaglio?

Photos: Une : (cc) Vedia/flickr ; étudiante : Sergio López. SerjforiuS/flickr. Vidéo : Youtube.com

Translated from Sara Carbonero y yo: Una 'periolista' española contra la crisis