Il dilemma del gasdotto e il bluff di Putin
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carola gianninoLa costruzione del gasdotto South Stream, progettato per portare il gas dalla Russia ai paesi dell’Europa del Sud, ha incontrato diverse difficoltà dovute alle tensioni tra Est e Ovest.
Che cos’è il progetto South Stream?
Nel 2012 il gigante russo dell’energia Gazprom dà inizio alla costruzione del Gasdotto South Stream che, passando per il Mar Nero, avrebbe rifornito di gas Bulgaria, Italia, Serbia, Bosnia e Erzegovina, Croazia e Austria. Il gasdotto, un progetto da 29 miliardi di euro, avrebbe soddisfatto il fabbisogno energetico dei Paesi dell’Europa del Sud e, secondo le stime, aveva le potenzialità per provvedere al 20% della richiesta di gas dell’Unione Europea.
Tuttavia sono emerse alcune difficoltà quando i rapporti tra Est e Ovest si sono raffreddati. L‘invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel marzo 2014 ha incontrato il disappunto dei paesi occidentali e l’idea dell’UE di trovare una soluzione sostenibile al progetto South Stream ne ha risentito. La Bulgaria, principale porta d’accesso del gas russo in Europa, ha bloccato lo sviluppo del progetto sotto le pressioni di Usa e UE.
Nel 2008, Gazprom e i paesi dell’Ue avevano siglato un accordo – il cosiddetto “Terzo pacchetto energia” – che impediva a un’impresa di produrre e allo stesso tempo di distribuire petrolio e gas. Quindi Putin si è dovuto improvvisamente confrontare con l’impasse creato dalla Bulgaria e con una legge europea che rendeva alquanto difficile la continuazione del progetto.
L’obiettivo di South Stream era quello di spedire il gas direttamente in Europa senza dover passare, dati i rapporti tra Russia e Ucraina, per il territorio ucraino. Anche Germania, Francia e Italia si sono trovate, in quanto partner strategici, coinvolte in questo progetto. Infatti, la società nata per costruire e gestire l’ambizioso progetto, la South Stream AG, è al 50% della Gazprom, al 20% dell’italiana ENI, al 15% della francese EDF e il restante 15% appartiene alla tedesca Wintershall.
Reazioni dell’est e reazioni dell’ovest
Putin, durante una visita ufficiale ad Ankara il 1 dicembre, ha affermato di essere stato costretto a ritirarsi dal progetto South Stream che prevedeva la collaborazione con l’UE. Mosca ha tuttavia annunciato una nuova, strategica cooperazione con la Turchia che, a partire dal 1 gennaio 2015, ridurrebbe del 6% il prezzo del gas per gli utenti turchi . «Siamo pronti a facilitare il processo di fornitura del gas congiuntamente all’attuazione dei nostri comuni progetti su larga scala» ha aggiunto Putin, anticipando che la Russia sarebbe quindi già pronta a costruire un nuovo gasdotto per rispondere alla domanda energetica della Turchia. Un’alleanza certamente strategica, poichè il confine tra Turchia e Grecia è in una posizione cruciale per la distribuzione del gas nell’Europa meridionale.
Inoltre, il presidente russo ha cercato di creare tensioni tra la Bulgaria e l’UE, sottolineando il potere di controllo che quest'ultima ha esercitato sulla decisione della Bulgaria di bloccare il progetto, sollecitando il governo bulgaro a reagire. «Se alla Bulgaria non è concesso di comportarsi come uno Stato autonomo, lasciate almeno che chieda i danni alla Commissione europea. Le entrate che la Bulgaria avrebbe avuto dal passaggio (del gas) sarebbero ammontate almeno a 400 milioni di euro l’anno» ha sottolineato Putin.
Il presidente della Commissione europea, Juncker, ha reagito rispondendo che non avrebbe accettato nessun ricatto dalla Russia e ha aggiunto che «South Stream può essere costruito», anche se il Ministro UE dell’energia, Gunther Oettinger, ha detto che il progetto non sarebbe andato avanti finchè la Russia non avesse riconosciuto il nuovo governo di Kiev. In tutto questo i paesi europei stanno provando a ridurre la loro dipendenza dall’energia russa. Tuttavia Jerome Ferrier, capo della International Gas Union, ha detto che «l’Europa non può fare totalmente a meno del gas russo».
Dal fronte bulgaro, il Primo ministro Bojiko Borisov ha riferito che la Russia non ha ancora annunciato ufficialmente la cancellazione del progetto. Inoltre lo stesso Borisov ha manifestato la volontà della Bulgaria, così come della Commissione europea, di continuare il progetto. Una cosa è certa: la tattica russa di minare le relazioni interne all’UE sta funzionando; non solo per l’improvviso cambio di direzione verso l’alleanza commerciale con la Turchia, ma anche per i presunti finanziamenti di Putin ai partiti europei di estrema destra.
Translated from The Pipeline Dilemma: Russia turns to Turkey and Juncker calls Putin's bluff