Identità europea, Benedetto XVI non dimentichi l’Islam
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katia giammussoLa storia europea non si può concepire senza i musulmani. L’intervento di un ricercatore anglo-egiziano.
«Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane». La saga delle reazioni al testo citato da Papa Benedetto è stata sbalorditiva. La maggior parte dei commentatori non ha tuttavia capito che per le comunità musulmane il vero problema non era la citazione in quanto tale. Se l’intenzione del Papa fosse stata quella di insultare i musulmani, avrebbe scelto un’occasione diversa per farlo e sicuramente non avrebbe ritrattato le proprie parole. Anzi, le sue affermazioni sarebbero state più dure e soprattutto avrebbe continuato a difenderle. Con ogni probabilità avrebbe riscosso sufficiente consenso in Europa da permettergli di sostenere la sua posizione (in questo senso, i musulmani che in alcuni paesi hanno risposto con la violenza non hanno fatto altro che confermare l’immagine violenta contro la quale sostenevano di protestare).
In realtà la visione che il Papa ha dell’Islam e dei musulmani si basa su alcuni principi ben precisi.
Islam: realtà estranea all’Europa
Secondo la politica del Vaticano, l’Islam non rappresenta tanto una minaccia di violenza quanto una realtà estranea all’Europa con la quale questa sporadicamente si confronta in modo positivo. Ad esempio, le prese di posizione politiche del Papa sul mondo musulmano sono state spesso favorevoli. Ha condannato la Guerra in Iraq e le caricature di Maometto pubblicate da un giornale danese e ha simpatizzato con il popolo libanese durante il recente conflitto con Israele. Non sembrerebbe che Benedetto XVI stia spingendo il Vaticano verso programmi politici ostili presenti altrove (anche se, come la maggior parte di noi, guarda con timore le tendenze radicali violente).
Questo Papa è un tradizionalista che ha appoggiato le riforme proposte dal Concilio Vaticano II. Pur sostenendo che il progresso non ha unicamente aspetti vantaggiosi, accetta il fatto che la Chiesa debba aggiornarsi se desidera tenere il passo con i tempi moderni. Può anche essere che veda nell’Islam un possibile alleato in questa missione, ma non lo considera certamente parte del futuro della cività europea.
Questo riconoscimento non è tuttavia senza riserve. Il Papa è cauto nell’attribuire all’Islam il ruolo di alleato contro il progresso senza che questo intraprenda prima un certo processo di reinterpretazione. E non sembra nemmeno che la Chiesa Cattolica sia propensa ad avviare alcuna ‘riforma’ di sé o dell’Islam. Tuttavia, allo stesso modo in cui la Chiesa ha indetto il Concilio Vaticano II negli anni Sessanta, potrebbe anche considerare un qualche tipo di ‘rivalutazione’ interna della religione musulmana.
Al di fuori dell’Europa, la Chiesa Cattolica si è resa ormai conto che la religione musulmana rappresenta una valida alternativa per i paesi dell’Africa centrale e occidentale. Il Cattolicesimo resta una religione missionaria e la sua sofisticatezza non gli impedisce di competere con l’Islam nel reclutamento di adepti.
Una ‘crociata’ contro l’Islam?
Questo Papa così profondamente europeo sembra volere intraprendere un diverso tipo di ‘crociata’ con obiettivo l’Europa e la sua anima. Secondo il Papa, l’Europa soffre di una crisi d’identità interna. Le sue posizioni, esposte nel corso del libro-dialogo con il Presidente del Senato italiano in Senza radici: Europa, relativismo, cristianesimo, islam (Mondadori, 2004), indicano la sua preoccupazione per la bussola morale dell’Europa, senza la quale la civiltà europea diventa una realtà insostenibile.
Il discorso del Papa aveva lo scopo di salvare l’Europa dal vuoto morale che annienta ciò su cui si fondano i valori europei. I codici morali assoluti sui quali si erigono le comunità musulmane rendono quest’ultime partner ideali per il compimento di questa missione. In questa prospettiva, il relativismo morale che tanto preoccupa Ratzinger non riguarda l’Islam.
La relazione con la religione musulmana è invece problematica da un altro punto di vista. Nel suo pensiero, il Papa sostiene che, in passato, l’Islam non è mai stato parte integrante della civiltà europea se non come elemento esterno negativo, cosa che a quanto sembra non cambierà nemmeno in futuro. I musulmani possono, e devono, coesistere in pace e armonia, ma loro religione e la loro cultura non sono native dell’Europa e non rappresentano una parte positiva integrante della storia europea passata o presente.
Il tallone di Achille della politica vaticana
Proprio queste posizioni rappresentano l’elemento della politica vaticana attuale che continuerà ad avere ripercussioni per decenni, come ne avranno le politiche simili di altri stati europei. Sul tema del multiculturalismo, molti europei sono arrivati alla conclusione che occorre prima definire in modo rigido e limitativo l’assioma morale su cui basare le loro culture. Da questo punto di vista, la presenza musulmana in Europa diventa problematica in quanto elemento profondamente estraneo che ostacola il rafforzamento dell’identità europea.
Ma in questo discorso si dimentica l’accuratezza storica. L’impatto della cultura musulmana sulla storia europea nel corso di 1400 anni non è da dimenticare. Le civiltà sono da sempre alla ricerca di un proprio equilibrio. Lo sa bene il Papa che basa le sue affermazioni proprio su questo fatto. Tuttavia la sua posizione si indebolisce sul modo in cui questo equilibrio viene raggiunto. Lo storico Arnold Toynbee ha affermato che lo sviluppo di ogni civiltà è formato da due elementi: una sfida da fronteggiare e una ‘minoranza creativa’ in grado di raccogliere la sfida in questione. Chi sia questa ‘minoranza creativa’ in Europa non è affatto scontato, e tutte le comunità dovrebbero tenerlo presente.
Translated from Putting out the papal fire