Gli inglesi costruiscono la Russia
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Livia ImbrianiI rapporti tra Mosca e Londra, tesi negli ultimi anni, rinascono dall’architettura. La Russia Tower, l’Okhta Center e il Museo Puskin delle Belle Arti rifondano la cooperazione tra i due Paesi.
Nel diciottesimo secolo, quando Pietro il Grande decise di trasformare la Russia, lo fece invitando alla sua corte gli architetti italiani, perché ricostruissero la città. Oggi il compito tocca agli inglesi, che stanno rinnovando l’architettura del Paese. Le relazioni fra i due Paesi non hanno attraversato un buon periodo: dopo un decennio di incidenti diplomatici di lieve entità e di accuse di spionaggio, la questione è maturata con l’avvelenamento dell’ex spia Alexander Litvinenko a Londra, il rifiuto di concedere il visto a quarantadue membri dello staff internazionale della compagnia petrolifera TNK-BP in Russia e la chiusura, nel gennaio 2008, di due dei tre consolati britannici fuori Mosca.
Ciononostante una nuova era si prospetta: le relazioni architettoniche con la Gran Bretagna, finanziate dalle forniture di gasolio e spinte dall’antica rivalità tra le due megalopoli Mosca e San Pietroburgo, saranno l’emblema della rinnovata potenza della Russia.
L’isola di cristallo, Mosca
I giganteschi colossi futuristici che stanno spuntando come funghi sia a Mosca che a San Pietroburgo sono diventati motivo di allarme. La grandezza e la complessità dei progetti sembrano essere diventati gli elementi essenziali nella concessione dei permessi. La Russia Tower di Mosca, destinata a diversi usi, è stata progettata dalla società britannica Foster & Partners e, quando verrà completato nel 2012, diventerà l’edificio più alto d’Europa.
Tutto ciò fa apparire insignificante il progetto dell’Isola di Cristallo, un’altra proposta di Foster, concepita per essere il più ampio edificio singolo del mondo, quattro volte più grande del Pentagono (circa 600.000 mq).
Okhta Center, San Pietroburgo
Mentre Foster ridefinisce l’orizzonte di Mosca, la compagnia inglese RMJM Architects accende le polemiche a San Pietroburgo. L’Okhta Center, con le sue guglie a forma di fiamma, diventerà il nuovo quartier generale del colosso russo Gazprom. Un tortuoso grattacielo, che con i suoi 396 metri dominerà il centro storico della città, mettendo fine alle restrizioni sull’altezza.
Le proteste arrivano da più fronti: i sondaggi mostrano che quasi il 90% dei residenti è contrario a questi piani. Nonostante questo, la quantità di entrate potenziali provenienti da Gazprom è bastato ad ottenere l’appoggio del governatore della città, Valentina Matvienko.
Il progetto dell’ Okhta Center non è poi così estraneo alla Russia. Mosca è un po’ la capitale dei superlativi: il Cremlino, solo per fare un esempio, vanta la più grande campana e il più grande cannone del mondo. Il grattacielo Gazprom è stato paragonato all’Hotel Rossiya, che entrò nel Guinnes dei Primati come edificio più altro del mondo. Distrutto nel 2006, verrà ora rimpiazzato dal progetto Zaryadye, che mira a fondersi con l’ambiente circostante. Non c’è da sorprendersi, quindi, che sia un altro progetto britannico, insieme ad altre due proposte culturali di Foster and Partners, a rompere con la tradizione del “grande è bello”.
Museo Puskin delle Belle Arti, Mosca
Per il museo Puskin delle Belle Arti, invece, in cantiere c’è un progetto in stile Louvre che gli consentirà di prendere il posto che merita tra le gallerie d'arte più raffinate del continente.
I magazzini e i canali abbandonati dell’isola New Holland di San Pietroburgo sono pronti per essere trasformati in una grande sala da concerti. I progetti di Nicholas Grimshaw per l’aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo seguono la stessa linea in termini di gusto raffinato. Attraverso gli aeroporti, le gallerie, le sale da concerti e i grattacieli, la nuova Russia sta scegliendo il nuovo linguaggio internazionale fatto di acciaio e vetro. Lo stile disordinato di Mosca è la tela perfetta per la creatività: uno scenario in cui l’eredità architettonica non è un fattore dominante, e i progetti non sono limitati dalle lungaggini della burocrazia.
I critici come Grigory Revzin, che crede che «l’architettura russa stia scomparendo sotto i nostri occhi», potranno anche aver ragione. Ma lo spirito globale di queste trasformazion è sicuramente un tonico efficace in un clima politico apparentemente aspro, e una prova reale della produttività della collaborazione internazionale.
Translated from G8 summit: whilst Brown meets Medvedev, the British build Russia