Flottiglia di Gaza: disobbedisco, dunque sono
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Giulia GuglielmiGli agricoltori si scagliano contro i Mc Donald’s, gli impiegati prendono in ostaggio il loro capo, gli insegnanti non ascoltano più il ministro, i ragazzini scappano di casa e i radical chic fumano marijuana. La disobbedienza è di moda. Anche al largo.
Infrangere i divieti fa bene. Proprio come le mogli di Barbablù, appena ci si proibisce di aprire una porta, la apriamo. Cinque anni di blocco israelo-egiziano sono abbastanza per spingere alla rivolta anche il giurista più legalista. Disobbedire sembrerebbe quindi fin troppo facile, ma è comunque necessario.
L’urlo: restiamo umani
Si prenda il mare allora, succeda quel che succeda, ancora una volta, un anno dopo l’assalto assassino al Mavi Marmara. L’arca di Noè, versione militante, carica di attivisti, personalità della società civile, anonimi cittadini, politici e giornalisti salpa in aiuto agli abitanti di Gaza sotto il diluvio universale, di nuovo in mare per una seconda flottiglia della libertà, battezzata “Stay Human”. Un omaggio a “restate umani”, il motto di Vittorio Arrigoni, l'attivista italiano ucciso da terroristi salafiti il 15 aprile scorso.
L’obiettivo? Non solo fornire un aiuto umanitario: a Gaza infatti arrivano già quotidianamente 6.000 tonnellate di merci. Si mira più in alto: fare rumore, e lanciare forte e lontano delle bottiglie in mare, sull’onda degli indignati e di Stéphane Hessel. Dar vita non ad un’ondata, ma ad uno tsunami che contamini le opinioni pubbliche con una ribellione radioattiva, che entusiasma o fa rizzare i capelli.
La disobbedienza? Un semplice corteo…
Agitatori di parte, sognatori avulsi dalla realtà, anime belle, gli inesperti navigatori non hanno davvero capito niente.
Questi marinai improvvisati vogliono fare l’en plein. Disobbediscono a Israele, disobbediscono all’ONU, all’Unione europea, agli Americani e ai Russi, che temono nuove ondate di violenza con l’arrivo delle flottiglie, disobbediscono alla Grecia, culla della democrazia europea: un'espressione che gli indignati marinai utilizzano ormai tra virgolette quando si riferiscono alla nazione ellenica. Un risultato notevole. Allora quando il giornale francese più letto all’estero, l’autorevole Le Monde “salpa per Gaza”, i commenti dei lettori si sprecano: “Sono tutte storie!”, “ Tutto è perduto, fuorché il disonore!”, “Esibizionismo”, “Uno scherzo”, “Una crociera nazional-popolare”.
Coloro che sono scettici rispetto alla disobbedienza sono quindi meno umani dei marinai? No. Semplicemente, come loro sono assolutamente sicuri di essere nel giusto. Agitatori di parte, sognatori avulsi dalla realtà, anime belle, gli inesperti navigatori non hanno davvero capito niente. Del resto cosa ne sanno loro, le loro navi sono piccole e i loro tagli di capelli fuori moda.
Un cittadino che vota va meno lontano di un militante che naviga?
Rifiutare l’obbedienza, è una disciplina di vita, un po’ come il feng shui (l’arte di vivere in armonia con l’energia dell’ambiente che ci circonda) . Non tutti hanno la sensibilità per abbracciare questa filosofia. Ma la questione è un po’ più complessa di così. Direte voi: non ci tirerai mica fuori Stanley Milgram, vero? Invece sì, eccolo qui: bisogna proprio conoscerlo. Il suo celebre esperimento ci insegna che agli ordini di uno scienziato, nell’ambito di un esperimento simulato, quasi due terzi dei partecipanti infliggono delle scosse elettriche di 450 V a delle cavie, anche loro finte. Di fronte ad un ordine, siamo abituati ad obbedire. Ma il cittadino deve anche imparare a disobbedire. Rony Brauman, ex presidente di Medici senza frontiere, e Eyal Sivan hanno intitolato Elogio della disobbedienza il libro che accompagnava il loro documentario sul processo al criminale nazista Adolf Eichmann. La disobbedienza, solamente una moda? Riflettete, gente, riflettete….
Foto: Home-page (cc) Nwardez/flickr ; Jack Sparrow (cc) Tugoriodetom/flickr ; I resist Neverbeforethecampaign/flickr ; Video, Bateaugaza.fr/Youtube
Translated from Un bateau pour Gaza : je désobéis donc je suis