Fittasi casa galleggiante vista canali
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alessandra spairaniUn tempo habitat naturale dei figli dei fiori, le case galleggianti sono oggi il regno dei benestanti. Ad Amsterdam come a Londra.
Hendrika-Maria è ormeggiata di fronte al numero 296 di Prinsengracht e conserva tutt’oggi gli elementi originali tipici delle case galleggianti. Oggi attrae turisti da tutto il mondo in qualità di unica e sola casa galleggiante-museo di Amsterdam. Una volta salita a bordo e scesa la scaletta, mi ritrovo praticamente nella camera da letto, che consiste in un grande materasso incastonato in una cabina a poppa. Attraverso un piccolo oblò vedo passare una barca carica di turisti, solo qualche secondo prima che Hendrika-Maria inizi a dondolarsi sulle onde lasciandomi un po’ disorientata.
Se son hippy fioriranno
«Negli anni Sessanta c’era una grave carenza di alloggi ad Amsterdam e, a confronto, vivere su una barca costava poco. Adottare uno stile di vita alternativo era anche di moda, perciò molti figli dei fiori si trasferirono su case galleggianti» spiega Marjet van Zadelhoff, dipendente del museo.
Oggi dei figli dei fiori non sembra essere rimasta traccia. Teti Verhoeff, che lavora presso l’ufficio comunale per la gestione delle case galleggianti, spiega che ad Amsterdam questa tipologia abitativa è cambiata nel corso degli anni: «All’inizio vivere sull’acqua era uno status di libertà. Non c’erano né regole né legami, e proprio in questo consisteva l’avventura. Vivere sull’acqua era molto di moda e conveniente, e di conseguenza le acque divennero sempre più affollate. Ma quando le persone iniziarono a lamentarsi gli uni degli altri e lo spazio acquatico divenne sempre più scarso, l’amministrazione comunale decise di introdurre alcune regole».
«Oggi vivere sull’acqua è più sofisticato. La gente desidera una piccola barca da usare il fine settimana oppure aspira a vivere su una casa galleggiante e così tutti finiscono con il volere il loro fazzoletto d’acqua. Ad Amsterdam è una pura questione d’immagine che ha reso lo spazio acquatico molto prezioso».
La tendenza a cui diede origine la generazione del flower power è oggi uno stile di vita molto di moda tra i giovani ricchi.
Dimore di lusso per ricchi
Un po’ più avanti di Prinsengracht mi reco a fare visita ad Alessandra Enting che si prende cura della casa dell’amica durante la sua assenza. «La gente pensa che chi vive sulle case galleggianti sia eccentrico e stravagante. In realtà siamo persone normali, con ottimi lavori, e guadagnamo bene. C’è bisogno di tanti soldi per vivere su una casa galleggiante. Io stessa sono interessata a comprarne una e mi aspetto di pagare tra i 230.000 e 250.000 euro per un’imbarcazione tradizionale».
“L’arca” sulla quale Alessandra mi invita a salire sembra uscita da una di quelle riviste di arredamento tutte patinate e luccicanti. Le pareti sono decorate da eleganti librerie bianche e un computer ultimo modello fa silenziosamente le fusa in un angolo.
«Non ci manca nulla: Internet, lavatrice, televisore. Il palo che vedi fuori ci fornisce la corrente elettrica, che condividiamo con i nostri vicini». Sul lato destro si estende una terrazza di legno occupata da un tavolino e alcune sedie da giardino disposti tra piante ad alto fusto. «Quello che più mi piace è la sensazione di libertà. I vicini non sono mai troppo vicini, puoi tenere la musica alta quanto ti pare e hai sempre accesso alle aree esterne. Chi vive in un appartamento al secondo piano non ha nemmeno il giardino» spiega Alessandra.
André Aaldering vive sulla sua casa galleggiante da ormai venticinque anni. Paga una tassa annuale di 800 euro per la licenza, ma come l’esperienza gli ha insegnato è la manutenzione della barca ciò che alla lunga costa più denaro e fatica. «L’imbarcazione deve essere dipinta ogni 2-3 anni e ispezionata ogni quattro. È una vera noia perché devo fare tutto da solo, e non posso negare di essere un po’ pigro, soprattutto d’estate».
I canali di Londra
Una situazione che sembra essere completamente accettata e recepita sempre di più come modo di vita “normale” ad Amsterdam è una storia completamente diversa a Londra. Una città che non dipende così tanto dalle sue acque invoglia anche meno persone a sceglierle come dimora fissa. Le richieste sono tuttavia in aumento. Secondo il British Waterways, che gestisce un quinto degli ormeggi di Londra, il numero dei proprietari di imbarcazioni nel Regno Unito aumenta del 2.5 per cento ogni anno e nella loro lista di attesa per un ormeggio figurano oltre 300 persone.
Ho appuntamento con Adam Slade a Battlebridge Basin vicino a King’s Cross. Abita in una casa galleggiante da oltre 17 anni. «E ne vado pazzo! Ci troviamo nel cuore di Londra e ci sono papere, oche, cormorani, un’incredibile varietà di animali selvatici vicino all’acqua. È anche un modo di vivere molto rilassato. Non è mai sconveniente invitare una ragazza ad accomodarsi sulla tua barca. Certo, rispetto alla vita in un appartamento ci sono molte più cose da fare. Ma sei ampiamente ripagato per gli sforzi». Comunque vivere in una casa galleggiante è piuttosto caro. Adam non vuole rivelare quanto gli costa, ma stima che i residenti dell’area di King's Cross arrivano a pagare 150-250 sterline alla settimana solo per l’ormeggio.
Per Dawn Menear e suo fratello Julian i soldi non sono un problema. E vorrebbero acquistare una casa galleggiante per abitarci. «Adoro i canali e la libertà. L’atmosfera è molto amichevole e può essere un modo di vivere molto economico. I miei figli sono ormai tutti grandi e vorrei cambiare vita». E aggiunge: «Dopo avere trovato un ormeggio vorremmo comprare una barca a nord e portarla a Londra. Vorrei una barca dall’aspetto tradizionale con delle belle decorazioni rosse e verdi. Ci rendiamo conto che ci vorrà del tempo ma siamo disposti ad aspettare».
Dando un’occhiata ai prezzi delle case galleggianti a Londra mi accorgo che non si tratta per niente di un alloggio alternativo economico. Ma per chi può permetterselo e desidera cambiare stile di vita Londra rappresenta senza dubbio una meta attraente.
Se dovessi trasferirmi su una casa galleggiante, però, io sceglierei Amsterdam. Non prima di avere trovato una cura per il mio mal di mare. E aver migliorato il mio olandese.
Ha collaborato Menno Bart della nostra redazione di Amsterdam. Foto di Karolin Shaps
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