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Dai Gilet gialli a Extinction Rebellion: riflessioni sulla violenza della polizia

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BruxellesGilet gialliSocietyBelgio

Nel 2019, il Consiglio d’Europa, il Parlamento europeo e l'ONU hanno a più riprese condannato lo stato francese per le violenze delle forze dell'ordine nei confronti del movimento Gilet gialli. Intanto, anche la polizia belga appare sempre più severa nei confronti di manifestanti di vario tipo. Cronaca di una giornata di protesta a Bruxelles.

Giustizia sociale, climatica e fiscale. Sono queste le tre parole d’ordine scandite dai manifestanti scesi in piazza a Bruxelles, sabato 30 novembre 2019, durante una manifestazione che ha riunito, davanti alla Commissione europea, i gilet gialli francesi, belgi e olandesi. Ma secondo la polizia nazionale, la convergenza internazionale avrebbe riunito soltanto 250 persone. Anche per questo motivo, la manifestazione, autorizzata e controllata dalle forze dell'ordine, è durata soltanto due ore e i partecipanti si sono presto dispersi nel Parco del Cinquantenario.

Alla luce dello svolgimento della protesta, ha ancora senso scendere in strada con i Gilet gialli? Jessica, 26 anni, una pagina Facebook oscurata nel curriculum, schiva il punto e apre un nuovo fronte di discussione: «Alcuni manifestanti sono stati accerchiati dalla polizia prima di arrivare al luogo in cui avrebbe dovuto cominciare la manifestazione. E i mezzi di comunicazione hanno boicottati la protesta».

«Qui il 90 per cento della polizia sostiene i gilet gialli»

Eppure, un anno dopo la prima manifestazione dei gilet gialli in Belgio, le forze dell'ordine sostengono di avere un buon rapporto con i manifestanti. Un poliziotto, intervistato da Cafébabel afferma: «Qui il 90 per cento della polizia sostiene i gilet gialli. Non siamo dotati di gas lacrimogeni e LBD (pistole “flashball”, ndr.), come i nostri colleghi francesi». Poi, prima di proseguire per la sua strada, aggiunge sorridendo: «Tuttavia, se i gilet gialli si mettessero a lanciare delle pietre, non penso che il Primo ministro esiterebbe a richiedere l'utilizzo dello stesso tipo di armi».

Qualora tutto ciò si verificasse veramente, per molte persone si tratterebbe di un déjà-vu. Sicuramente sarebbe così agli occhi di Florence, una giovane dottoranda scesa in strada anche durante l’ultima manifestazione del movimento a Parigi. A tal proposito, la giovane belga racconta: «Stavamo soccorrendo un manifestante ferito, incosciente. Eravamo girati di spalle, eppure la polizia ha lanciato una granate lacrimogena».

Ore 13:00, inizio della manifestazione a Bruxelles © Safouane Abdessalem
Ore 13:00, inizio della manifestazione del 30 novembre 2019 a Bruxelles © Safouane Abdessalem

Il caso Extinction Rebellion

Il comune di Bruxelles è poco abituato agli sbandamenti della polizia. Eppure, ha appena aperto un’inchiesta sulle azioni delle forze dell'ordine, in seguito a 72 testimonianze rilasciate da attivisti di Extinction Rebellion lo scorso 11 ottobre. Questi ultimi hanno affermato di essere stati soggetti di «aggressioni, percosse, minacce verbali e trattamenti degradanti».

Gigi, uno dei membri del gruppo di esperti legali del movimento è tra le persone coinvolte. Il manifestante di 25 anni era ancora seduto sui binari del tram quando la polizia ha iniziato a utilizzare i cannoni ad acqua: «Dopo averci circondato, i poliziotti hanno cominciato a utilizzare dei cannoni ad acqua e delle granate stordenti per dividere la folla». Poco dopo, Gigi racconta di essersi ritrovato al Commissariato di Etterbeek - un quartiere di Bruxelles - dove è rimasto bloccato per dieci ore per disturbo della quiete pubblica. Una violenza sproporzionata secondo l’attivista: «La legge autorizza la polizia a usare la forza solo quando una persona è violenta. Non era il mio caso».

Tuttavia, l'episodio che ha dato il via all'inchiesta è stato un altro. «Un uomo è stato portato al Commissariato in via Marché du Carbon. E alcuni poliziotti avrebbero avviato un motociclo, constringendo la persona a respirare i fumi di scarico del veicolo. Allo stesso tempo, gli agenti avrebbero tirato dei mozziconi di sigaretta in faccia all'uomo», racconta ancora Gigi. La notizia è stata poi ripresa anche dal portavoce della polizia di Bruxelles e riferita anche a Philippe Close, il sindaco della città, il quale ha dichiarato: «Qualora queste informazioni si rivelassero corrette, si tratterebbe ovviamente di atti inammissibili».

La violenza della polizia in Francia: un dibattito aperto

Se questi interventi "muscolari" non fanno ancora parte della routine della polizia belga, in Francia, la situazione è diversa. Per conto della testata Mediapart, il giornalista David Dufresne ha riportato 860 casi di violenze da parte della polizia durante le manifestazioni dei gilet gialli tra il mese di dicembre 2018 e giugno 2019.

Ospite al Salon du livre des lanceurs d’alerte ("Salone dei libri dei wistleblower", tdr.), Dufresne ha commentato così gli atti di violenza protratti da cinque agenti francesi, successivamente coinvolti in un'inchieste, ma, allo stesso tempo, premiati a giugno 2019 dal ministro dell’Interno, Christophe Castaner: «Alcuni poliziotti sono stati premiati ricevendo quella che, all'interno dei circoli delle forze dell'ordine, viene chiamata la ["ricompensa gilet gialli"] (https://www.mediapart.fr/journal/france/170719/la-promotion-gilets-jaunes-de-christophe-castaner-les-medailles-de-la-honte?onglet=full)».

Secondo Dufresne, si tratterebbe a tutti gli effetti di una presa di posizione del governo in merito agli atteggiamenti della polizia. Del resto, come spiega François Boulo, avvocato e membro dei gilet gialli ben noto ai media francesi, il governo è stato «estremamente sorpreso da un movimento che ha saputo unire persone provenienti da qualsiasi classe sociale». Secondo Boulo, non c’è ombra di dubbio che le violenze da parte della polizia in Francia siano un fatto ricorrente e che colpiscano specialmente i manifestanti. L'avvocato spiega che, nel mese di dicembre del 2018, «il governo ha effettivamente vacillato e ha reagito dando carta bianca alle forze dell’ordine, garantendo una totale impunità». Poi, ricorda che «nonostante le 300 inchieste condotte dall’IGPN (Ispettorato generale della Polizia nazionale), non è ancora stato avviato alcun procedimento disciplinare».

Fumogeni gialli accesi durante la manifestazione del 30 novembre a Bruxelles © Safouane Abdessalem

Se l’avvocato denuncia la repressione della polizia nei confronti dei manifestanti, altre personalità hanno puntato il dito contro la "repressione interna". È il caso di Gaétan Alibert, un sindacalista di Sud Intérieur. Presente anche lui al Salone, all'insaputa della sua organizzazione, afferma: «Ci sono modi "regolari" per reprimere le voci contrarie dentro alla polizia - attravrso l'IGPN, le commissioni disciplinari, i tribunali - ma anche in modo nascosto, con sanzioni camuffate, trasferimenti ed esclusioni lavorative». Poi continua: «È illusorio pensare che un agente di polizia possa esprimersi sulle disfunzioni della sua amministrazione. La polizia è un ambiente in cui il corporativismo è estremamente forte».

Verso un'alleanza tra Extinction Rebellion e i Gilet gialli?

L'episodio del 12 ottobre scorso - quello relativo alle proteste di Extinction Rebellion - resta comunque un’eccezione per i [manifestanti] (https://twitter.com/chunkymark/status/1119623045134585858). Anzi, i rapporti tra gli attivisti del gruppo ambientalista e le forze dell’ordine sono cordiali solitamente. Ne è un esempio la manifestazione tenutasi a Londra lo scorso aprile, dove i manifestanti hanno gridato: «Poliziotti, vi amiamo. Facciamo tutto questo per i vostri figli». Sul profilo Twitter di Extinction Rebellion, i militanti ecologisti si definiscono come un «movimento internazionale di disobbedienza civile non violenta per determinare un cambiamento radicale, al fine di minimizzare il rischio di un collasso ecologico».

Black (block) friday
Un attivista "Black (block) friday" alla manifestazione del 30 novembre a Bruxelles © Safouane Abdessalem

Sebbene Extinction Rebellion si definisca radicale «in termini di obiettivi», il movimento è considerato ancora troppo timido da alcuni gilet gialli, come Florence. «Penso che siano ancora troppo gentili e non spaventino il potere. Se fossero di disturbo, sono sicuro che verrebbero repressi come noi». Si tratta di una visione che però non è condivisa da tutti i gilet gialli: «Non ne parliamo apertamente, ma c’è una sorta di convergenza di fatto con Extinction Rebellion», ha affermato Priscillia Ludosky, un'attivista del movimento dei gilet gialli, nota anche per essere stata all’origine della petizione per la riduzione del prezzo del carburante in Francia e presente al Salone. Secondo Ludosky, il movimento dei Gilet gialli ha sollevato la coscienza di «migliaia di wistleblower». E discutendo ancora della possibile alleanza con il movimento ecologista, nonché della composizione e omogeneità del suo movimento, ha concluso: «Sebbene non tutti la pensino così, sarebbe una scelta logica».

*I nomi degli attivisti e dei poliziotti intervistati in questo pezzo sono stati modificati.


Foto di copertina : © Safouane Abdessalem

Story by

Safouane Abdessalem

Du piano classique à la presse écrite. Pour Cafébabel, je m'intéresse particulièrement aux questions sociales, économiques et culturelles, tout en gardant un œil sur la politique étrangère. Biculturel, binational & bidouilleur.

Translated from Violences policières: vers l’infini et l’au-delà ?