Cosa vuol dire essere un'attivista donna in Iraq?
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Veronica MontiCosa vuol dire essere un'attivista donna in Iraq? Cafébabel ha incontrato N., una giovane coraggiosa che combatte per far il proprio paese.
N. è un'attivista di 24 anni che lavora per UNCHR in Iraq. In passato ha documentato come giornalista problemi quali il traffico di esseri umani e i frequenti attacchi terroristici in Iran di cui è stata testimone. Ha anche svolto alcune ricerche sul cosiddetto "delitto d'onore". (l'assassinio di una donna da parte dei propri familiari per compensare, secondo loro, un danno all'onore della famiglia).
Nata in una famiglia istruita, nell'Iraq meridionale, ha già ricevuto diversi premi nazionali come giornalista ed attivista. Il suo impegno per i diritti umani comincia prestissimo, ad appena 18 anni, dopo aver vissuto in prima persona i problemi delle donne iraniane e della società. In Iraq ci sono molte donne che sono attive nel sociale, consapevoli e anti-conformiste e N. si sente una di loro. Spesso invitata per tenere conferenze e seminari la giovane viaggia molto e ha la mentalità di quella che oggi consideriamo una ragazza moderna ed emancipata. Ama i vestiti colorati, gli hijabs e i tacchi alti, una passione che le ha procurato non pochi insulti. Ha chiesto di rimanere anonima per via delle sue opinioni eterodosse.
Il suo racconto
È difficile spiegare cosa sta succedendo oggi in Iraq. A volte ci sono giornate tranquille a Baghdad, ma spesso significa solo che altri attentati stanno per arrivare. La gente muore ogni giorno. Quando esco penso che potrei essere uccisa da una bomba o da un veicolo di terroristi. E non c'è nessuna garanzia che non succederà, ma ho l'impressione che non interessi a nessuno, nemmeno al governo.
Stai chiedendo ad una giovane donna se dovremmo guardare al futuro in modo ottimista. Io ho delle speranze perché so che senza di esse morirei. Spesso, dopo ogni esplosione, mi sembra che niente abbia senso e che niente cambierà mai. Ma qualcosa dentro di me vuole ancora divertirsi, sorridere, andare al lavoro.
La guerra ha colpito gli iracheni, che non solo hanno perso i propri cari, ma hanno anche cambiato il loro atteggiamento di fronte alla vita. Una volta erano persone gentile e di cuore, ma adesso...
Lavoro per UNHCR. Il mio compito consiste nel registrare i rifugiati presso l'agenzia, ma spesso ho l'occasione di parlare con loro personalmente. Non sono certa di essere al sicuro col lavoro che faccio, ma la cosa bella è che ho cominciato a cambiare la mia vita e me stessa ogni giorno, in senso positivo.
Una volta, mentre stavo viaggiando in autobus, c'è stato un mancato attacco terroristico ed ero seduta proprio accanto al terrorista che, per fortuna, non è riuscito a far scoppiare la bomba. Fortunatamente l'esercito ha preso il controllo della situazione e ha fatto un ottimo lavoro. Questo episodio mi ha fatto sperare che il governo stia tentando di fare qualcosa.
Mio padre è ingegnere, mentre mia madre ha studiato elettronica. Si sono incontrati nel 1988 e lui si è innamorato di lei a prima vista. Provo ancora un forte dolore se ricordo quel giorno in cui un terrorista ha sparato a mia madre. Accade spesso che i terroristi attacchino la gente istruita in Iraq e uccidano dottori, ingegneri, professori. Un giorno, nel 2007, sono entrati nella nostra casa. Uno voleva uccidere mio padre e quando ho cercato di fermarlo ha deciso di sparare a me. Mia madre ha cercato di proteggermi. Mi ha fatto scudo col suo corpo ed è stata colpita. Soffre ancora delle conseguenze di quell'incidente.
Come trascorre le giornate
Mi sveglio alle 5:30 tutti i giorni. Poi prego e mi preparo per andare al lavoro con un sorriso. Solo al lì infatti posso sorridere ed é il solo posto in cui possa andare. Non ci sono altri luoghi per divertirsi, soprattutto a causa delle molestie che noi ragazze subiamo per la strada. A volte sono solo parole, o ci lanciano il loro numero di telefono, ma altre volte ci toccano. Perché lo fanno? Beh, non capisco gli uomini in Iraq. Vogliono compensare qualcosa molestando le donne. E quando qualcuno dice loro di non farlo, rispondono solo: "Ma guardala, guarda come si veste!", o "È per i suoi vestiti!". Danno sempre la colpa alle donne.
Nei weekend faccio sport, a casa ovviamente. Non si può fare sport al parco, per via della mentalità irachena tradizionale che pone dei limiti alle donne. Ci sono palestre per donne, ma i loro orari non si accordano con quelli lavorativi normali. Ed è pericoloso in generale, ma che fare? Non posso nascondermi in casa. Perché la polizia non fa niente? L'esercito non ha i mezzi per proteggere i cittadini. Ma questo è il posto in cui sono nata e cresciuta ed è difficile andarmene.
Indossare il velo e i tacchi alti
In certe aree di Baghdad indosso vestiti più lunghi, ma dato che porto un velo, non penso che sia troppo pericoloso andarci. Forse lo dico perché sono abituata a questa situazione. In ogni caso devi continuare a combattere da sola e non è facile. A volte é meglio custodire per sé i propri pensieri, altrimenti si rischierebbe di finire nei guai, nonostante la gente con cui parli sia colta e istruita.
I miei vestiti preferiti sono per la maggior parte prodotti in Germania. Mi piace cambiare il tipo di velo ogni giorno, così non mi annoio e sono alla moda. Mi piace guardare le sfilate e fare ricerche su internet per conoscere i trend del momento. Questo mi permette di scegliere i capi che stiano a meglio a me, una ragazza col velo. È si tratta di un aspetto importante perché devo coprire il mio corpo, ad eccezione delle mani e del volto. Come farsi accettare dalle persone? Dipende da dove vivi e lavori. Ci sono un sacco di pettegolezzi in giro e molta pressione sociale, ma soprattutto parecchie molestie.
Translated from High Hopes and High Heels in Iraq