Contro lo spopolamento in Bulgaria: ecco i millennials della campgna
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Fabiola BettinazziIn Bulgaria, sempre più giovani stanno lasciando le città alla ricerca di un modello di vita alternativo e ecologicamente sostenibile. Eppure, come in molti altri Paesi, anche qui, le zone rurali sono sottosviluppate e afflitte dallo spopolamento. Un'ong ha promosso un itinerario che mette in contatto i millennials "della campagna" per condividere idee, ma anche per aiutarli nella sfida contro la solitudine.
Nel paesino dov'è finito a vivere Borche è difficile trovare una casa che non sia disabitata o persone che non abbiano superato l'età pensionabile. Eppure lui, non ancora trentenne, ha deciso di trasferisi in campagna da qualche mese a questa parte. Perché? Vuole dare nuova vita a un luogo che sta morendo: «Volevo ricreare una comunità ed essere più vicino alla natura. Ma devo ammettere che all'inizio è stata dura. Non mi ero reso conto di quanto fosse importante avere delle persone intorno. Qui non ho nessuno con cui condividere le mie attività», spiega, mentre ci troviamo nella casa che sta ristrutturando.
In un altro comune isolato della zona, Teodor condivide una casa di campagna circondata da un giardino lussureggiante con un suo amico. In alcuni periodi dell'anno, la spianata verde che circonda l'edificio si riempie di tende da campeggio. Si tratta di persone che vengono a realizzare workshop, o, più semplicemente, per staccare la spina lontano dal frastuono della città. In queste situazioni, quando si ritrova a pelare patate in gruppo, o a condividere una tavola, Teodor riesce a fare nuove amicizie. Allora, quando si fa sera, un fuoco illumina le chiacchiere che vanno avanti fino a notte inoltrata. Ma sono situazioni idilliache che durano poco e svaniscono man mano che i visitatori di turno tornano in città.
Oltre a tutto ciò, ci sono anche altre difficoltà: gestire il raccolto dei campi per esempio - un'attività in cui Teodor stesso non ha molta esperienza. E poi le serate caratterizzate da nient'altro che il torpore: «Ci sono tanti bei momenti, certo; ma anche altri abbastanza difficili», ammette Teodor. «La sfida è diventare auto-sostenibili, vivere di quel che si coltiva. Dobbiamo ancora capire cosa ci andiamo a guadagnare e perdere a vivere in un posto come questo», ammette.
Quelle di Borche e Teodor sono soltanto due storie tra le tante che riguardano giovani bulgari che hanno abbandonato la vita frenetica della città, alla ricerca di un'esistenza alternativa nella Bulgaria rurale. Ai tempi del riscaldamento climatico, di Greta Thunberg e di Extinction Rebellion, molte persone invocano la necessità di un cambiamento, ma pochi sono realmente disposti a trasformare il loro modo di vivere.
La carovana sostenibile
Chi sono questi giovani dunque? E qual è il loro profilo? Spesso sono studenti inquieti, ingegneri disincantati, professionisti dalla vocazione creativa. In alcuni casi si spostano in gruppo, creando una sorta di comunità millennial; in altri casi, si muovo in solitario con la speranza di convincere altri a imitarli.
«Nella natura, quando nuoto, quando scalo le colline, quando salto di roccia in roccia mi sento libero come un bambino. Sono me stesso»
Due anni fa, l'ong Green Association ha promosso il cosiddetto Green Summit: un programma per combattere l'isolamento di quesit giovani e per trasformare una molteplicità di tentativi sconnessi in un vero e proprio movimento. Più concretamente, l'associazione ha creato un itinerario che attraversa le zone rurali della Bulgaria. E così, una volta l'anno, una carovana ambulante di volontari si sposta di paese in paese, fermandosi proprio in quei luoghi dove si è avviato un progetto sostenibile.
Alejo è uno dei fondatori del progetto e funge da guida. Nel corso del tour si lavora anche per aiutare i giovani come Borche e Teodor. Poco importa che si tratti di estirpare le erbacce, rinforzare la parete di una casa o costruire un nuovo canale di scolo. Ma si cucina anche: si cuoce il pane, la marmellata, o si raccolgono le canne da zucchero. In effetti, quando si uniscono le forze, il lavoro di una settimana viene terminato nell'arco di un giorno. In cambio, chi ospita la carovana, offre una cena abbondante con tanto di rakia - il liquore nazionale, nonché orgoglio della patria. Insomma, l'obiettivo dell'iniziativa è creare una rete di contatti e alimentare sinergie.
L'Europa vuota
Le storie di Borche, Teodor e dell'ong Green Association rappresentano però una controtendenza rispetto alla dinamica dominante nel Paese e in Europa: i ragazzi di provincia si trasferiscono soprattutto nelle grandi città più vicine, se non nelle metropoli dell'Europa centrale e occidentale.
Alcune zone rurali della Bulgaria dove sono arrivati pochi contributi dell'Unione europea, rimangono ancorate nel passato, con infrastrutture decadenti e una media d'età che sfiora quella della pensione. Più di un milione di persone (su poco più di 7 milioni di cittadini bulgari) si è trasferita dalla campagna in città negli ultimi 25 anni. In realtà, lo stesso trend si registra anche in altri stati membri dell'Ue, come Francia, Italia e Spagna.
Ciliegina sulla torta (si fa per dire, ovviamente): nelle aree rurali della Bulgaria - dove più di 1000 paesi hanno meno di 50 abitanti - si registra un tasso elevato di giovani che non studiano, né lavorano. In un contesto del genere vien da chiedersi: perché lasciare l'università e la città per vivere in campagna?
«A 18 anni studiavo Programmazione e pensavo che la metropolit fosse il posto in cui dovevo stare», ricorda Teodor. Ma poi, un'estate di campeggio in montagna ha distrutto le sue certezze. «Sono tornato a casa in città dopo un mese. Il mio unico pensiero era: "Finalmente posso farmi una doccia in un bagno vero!". Eppure avevo una strana sensazione: circondato dalle pareti del bagno, mi sentivo come soffocare. E ho cominciato a sentire la mancanza dell'aria di campagna. Fino a realizzare che all'aria aperta nel bel mezzo della natura, quando nuoto, quando scalo le colline, quando salto di roccia in roccia, mi sento libero come un bambino. Sono me stesso», dice Teodor.
«Credo che tutti gli esseri umani abbiano la capacità di creare qualcosa. Io sentivo di non poterci riuscire a causa della vita che conducevo»
La causa che scatena la partenza dal contesto urbano è spesso da fa risalire a ragioni personali, più che ideologiche. In un certo senso, raramente si sceglie una vita in campagna per il bene della sostenibilità del pianeta. Lo si fa, piuttosto, per lasciarsi alle spalle lo stress dell'ufficio e i vincoli della città. Magari si è alla ricerca del calore umano di una comunità da contrapporre all'individualismo o, più semplicemente, del fascino di vivere tra alberi, pietre e torrenti.
«Non ho particolari problemi né con la città, né con il governo», racconta Rumen, un ex impiegato ospedaliero - una vita ordinaria alle spalle. «Credo che tutti gli esseri umani abbiano la capacità di creare qualcosa. Io avevo la sensazione di non poterci riuscire a causa della vita che conducevo». In altri termini, Rumen cercava di liberare le sue passioni e raggiungere quella che Sartre chiamerebbe "autenticità".
Internet e la natura
Nonostante ciò, il rifiuto di uno stile di vita basato sul consumo e l'accumulazione di ricchezze materiali fa da sfondo a molte storie di millennials bulgari trasferitisi in campagna. Seppur con progetti distinti e in condizioni materiali diverse, tutti condividono la ricerca di una forma di sostentamento sostenibile e in armonia con la natura. Del resto, la lotta contro il riscaldamento globale esige un cambiamento dei pilastri dell'organizzazione sociale, a partire dalla produzione industriale, fino ai trasporti, passando per la produzione e gestione dell'energia. In attesa di una trasformazione a livello di sistema, questi giovani cercano in qualche modo di limitare l'impatto dell'uomo sulla natura con progetti individuali: dall'utilizzo dei metodi della permacultura - una disciplina dal grande potenziale nella configurazione di ambienti sostenibili - fino allo sviluppo di idee geniali per risparmiare energia, come una lavatrice a pedali. «Cerchiamo di essere autonomi e, allo stesso tempo, equilibrati. Non vogliamo vivere senza telefono o senza internet: cerchiamo un bilanciamento tra le esigenze spirituali e materiali», spiega ancora Rumen. Borche chiarisce non voler tornare indietro nel tempo, allo stato analogico: «Non rifiutiamo la tecnologia; anzi, questa ultima ci permette di rimanere in contatto con il resto del mondo».
La sintesi tra la vita nei campi e l'accettazione di una dimensione digitale-elettronica è forse il tratto distintivo di questa nuova forma di modernità rurale, che vuole far fronte a un inconveniente inevitabile: la solitudine. In paesi quasi disabitati, la capacità di rimanere in contatto con amici e famigliari allevia la sensazione di isolamento. Eppure, non si risolve tutto in questo modo: «Ho iniziato a viaggiare per capire con quali idee e metodi persone come me hanno operato la mia stessa scelta di vita», dice Borche. Lui si è unito alla carovana Green Summit quando è passata da casa sua e, da allora, non ha più smesso di collaborare al progetto. «Il nostro obiettivo non è di isolarci in casa», concorda Teodor. «Bensì viaggiare, partecipare a iniziative simili alle nostre e condividere la nostra visione del mondo con altre persone». Del resto, se è vero che soltanto un movimento sostenibilie ampio può trasformare le nostre società, i progetti individuali posso comunque aprire una via, dare il là a un cambiameno radicale.
Foto a cura di Renaud Lomont.
Translated from Los millenials búlgaros se van al campo: una alternativa verde