Bombay Bicycle Club: intervista a Parigi
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Piera FiammenghiLa band londinese Bombay Bicycle Club ha scalato le classifiche con il quarto disco, So Long, See You Tomorrow, aggiundicandosi il podio della hit-parade inglese. Cafébabel ha incontrato il cantautore del gruppo, Jack Steadman. Intervista.
Siamo davanti al locale parigino "Le Trabendo" e stiamo per incontrare i Bombay Bicycle Club, uno dei gruppi più popolari del Regno Unito. Scorgiamo da lontano Jack Steadman che sta venendo verso noi, sfoggiando un sorriso e la sua chitarra intorno al collo. Ci fa entrare nel pulmino con cui il gruppo è in tournée e ci offre alcune bottiglie di birra avanzate la sera prima. Il pulmino è diventata la sua seconda casa. Ci confessa, con ironia, che il parcheggio dietro a Le Trabendo non è di certo il posto migliore di Parigi dove incontrarsi. È quello che abbiamo pensato anche noi. Ci sono mucchi di fango e impalcature dappertutto. Anche se i componenti hanno tutti meno di 25 anni, i Bombay Bicycle Club hanno già alle spalle dieci anni di storia. Mentre Jack, il cantautore del gruppo, ci parla, appoggia le mani su un cuscino. Sembra quasi che voglia farle riposare prima del concerto in programma a Parigi la sera stessa.
Café Babel: Come sta andando la tournée?
Jack Steadman: I concerti hanno sempre alti e bassi. Abbiamo aperto la tournée a Bruxelles, ci siamo esibiti ad Amsterdam, Copenaghen, Amburgo ed eccoci ora a Parigi. I concerti in Scandinavia sono stati pazzeschi; non avevamo mai suonato là prima, per questo la folla era in visibilio. L'ultimo concerto ad Amburgo, invece, è stato un po' strano. Credevo che in Germania preferissero le canzoni hard-rock delle origini, che sono più energiche ed accompagnate principalmente dalla chitarra; quando abbiamo suonato le canzoni dell'ultimo disco, invece, che hanno influenze più orientali e un ritmo più delicato, il pubblico è rimasto un po' sorpreso.
CB: Avete notato una reazione diversa da parte del pubblico nelle città in cui vi siete esibiti ora rispetto alla prima volta?
JS: Il bello di ritornare ad esibirti nelle stesse città è renderti conto di quanto sei cambiato, pur facendo le stesse cose. Un anno fa, invece, i concerti erano totalmente diversi: non ci prendevamo sul serio, facevamo baldoria tutto il tempo, eravamo spesso sbronzi e a volte i concerti lasciavano a desiderare. Abbiamo impiegato due anni per incidere il disco e ci abbiamo messo tutta l'anima. Siamo in tournée e vogliamo fare concerti di qualità. Siamo cambiati rispetto agli anni trascorsi quando pensavamo solo a divertirci e fare festa.
CB: Credi sia utile leggere i giornali?
JS: Per nulla, ma non posso farne a meno. Ho trovato il mio posto felice adesso e sinceramente non mi interessa. Fino a quando facciamo concerti e il pubblico ama la nostra musica, stiamo bene così.
CB: Sono stato a un vostro concerto a Cambridge e mi sono scatenato. Come vorreste che il pubblico reagisse alla vostra musica?
JS: Voglio solo che le persone si divertano.
CB: Quale messaggio vorreste passare con la vostra musica?
JS: Non credo che la musica debba avere un messaggio, ma come band vorremmo che il pubblico desiderasse essere sul palco insieme a noi. Siamo ragazzi normali senza scheletri nell'armadio. Sul palco sembriamo dei tipi strani e imbranati ma non è finzione perché siamo così anche nella vita reale. Il fatto che ci siamo autoprodotti con pochi soldi e che siamo schizzati in cima alle classifiche in Inghilterra è un messaggio forte: non serve vestirsi alla moda o tirarsela come fanno tutte le rockstar. Non serve nemmeno spendere una fortuna per trovare il miglior produttore; basta amare la buona musica.
CB: Segui la politica?
JS: Al contrario.
CB: Cioè?
JS: Non mi intressa.
CB: Ti è mai capitato di vedere la politica come musa ispiratrice?
JS: Mai. (silenzio) Mi lascio guidare da influenze musicali. L'ispirazione non ha nulla a che vedere con ciò che accade intorno.
CB: Quali sono state le tue influenze musicali quando hai iniziato a suonare?
JS: All'inizio Flea e John Frusciante. Avevo tredici anni e avevo appena iniziato a suonare il basso. Poi tutto è venuto da sé e mi piaceva da matti quello che facevo.
CB: Avevi un piano "B" in tasca quando andavi a scuola? Oppure hai già pensato a qualcos'altro da fare se dovesse finire tutto oggi?
JS: Concluso il liceo avevo intenzione di imparare il francese all'università. Avevo una casa a Manchester. Ma da allora ho iniziato a comporre musica e sapevo che quello sarebbe stato il mio mestiere. Per questo non ho mai pensato ad un altro lavoro. Fin da bambino sono sempre stato sicuro che sarei diventato un cantautore. Non so perché ma credo che la musica sia l'unica cosa in cui posso riporre la mia fiducia.
CB: Da qui a pochi anni, come vorresti impiegare il tuo tempo libero?
JS: Ho due piani. Il primo è aprire un locale jazz, ancora non so dove ma non credo a Londra, come uno di quelli che ho visto a Tokyo. Vado a Tokyo ogni anno solo per comprare dischi. I negozi laggiù sono grandi come questa stanza (forse 10 m2), c'è un commesso dietro al bancone circondato da 10.000 dischi e due casse enormi agli angoli. È una sorta di biblioteca dove la gente va per ascoltare musica in silenzio. Mi ha subito conquistato. Non ho visto nulla di simile altrove, per questo mi piacerebbe aprirne uno uguale, tutto mio.
Inoltre, vorrei diventare un macchinista. Credo che sarebbe un ottimo lavoro perché ti libera la mente, ma credo che non succederà mai: riesco a malapena a guidare l'auto.
CB: Da dove viene la musica Bollywood che si sente nel disco?
JS: Dal film Nagin che parla di un incantatore di serpenti. Ho trascorso un mese a Mumbai dove ho ascoltato molte canzoni e acquistato molti dischi. Il tema musicale è ispirato a tutto questo ma è solo un piccolo assaggio.
Translated from Bombay Bicycle Club: An Interview