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Atene, l'unica capitale europea senza una moschea

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Story by

Marta Arias

Translation by:

Default profile picture Simona Depaoli

società

Degli undici milioni di abitanti che vivono in Grecia, tra i 700.000 e il milione sono musulmani. La cifra non è precisa perché per la comunità è difficile fare contarsi, a causa degli ostacoli creati dal governo. Al di là dei numeri, Atene è l’unica capitale europea a non avere una moschea.

La comunità musulmana in Grecia è molto lontana dall’essere una minoranza. I suoi membri risiedono in quelle terre da decenni. Molti fanno già parte delle cosiddette seconde generazioni, nate e cresciute entro i confini. Vivono, parlano e si relazionano come qualsiasi altro greco. Però non sono cittadini. Per lo meno, loro non riescono a sentirsi come tali visto che il governo continua a negare loro una richiesta ampiamente presentata: la costruzione di una moschea.

L’Arabia Saudita si è offerta di finanziarla, però non abbiamo accettato, non vogliamo dover loro niente. Vogliamo uno spazio costruito dal governo greco. Uno spazio pubblico”. Chi parla è Naim Elghandour, presidente dell’Associazione Musulmana di Atene. Lui e sua moglie, Ana, sono in Grecia da tutta una vita. Naim è arrivato dall’Egitto e ha prestato addirittura servizio militare nel paese ellenico. Ciononostante, incontrano ancora degli ostacoli alla completa integrazione. L’ultimo accordo siglato, più o meno chiaro, riguardava la cessione di alcuni terreni per la costruzione di una moschea. Il problema si è presentato quando si è venuti  a conoscenza dell’ubicazione di quello spazio: vicino all’aeroporto. “Era una follia. Praticamente nessun musulmano può recarsi fin là cinque volte al giorno per pregare. Né per il tempo che ci vuole, né per il costo, né per i mezzi di trasporto”. Quindi il progetto è caduto di nuovo nel vuoto e tutto è continuato come prima. “Gli organi del governo dicono che non è colpa loro, che vogliono costruirla. E certamente non ci hanno mai detto di no. Però la loro inattività ha molto più valore delle parole”.

Senza moschea né cimitero

Non hanno nemmeno il cimitero. Ne esiste uno a Komotini, nel nord della Grecia, e i musulmani di Atene devono andare fino a lì. Questo non è sempre facile, non solo per il viaggio in sé, ma per il costo elevato che presuppone un trasporto funebre così lontano. Il cimitero è gestito dalla comunità musulmana della zona. Loro hanno optato per rafforzarsi formando un’unione e “grazie” a questo hanno dei vantaggi e agevolazioni. “Ma noi non vogliamo questo - racconta Ana - non vogliamo creare un ghetto, una società dentro la società”. Assicura che molte ONG hanno suggerito loro in più occasioni di portare il caso davanti alla Corte e ai tribunali internazionali, però non vogliono: “questo sarebbe l’ultimo passo perché vorrebbe dire portare in giudizio i nostri vicini. Sarebbe come umiliare i nostri compagni e amici. Non lo vogliamo”.

Per vedere in prima persona come vivono ad Atene, Mohammed Rossa mi invita a conoscere il luogo dove si riuniscono tutti i giorni per la preghiera. L’appuntamento è per l’ultima preghiera della giornata, alle 21, ed è già notte fonda quando arrivo al quartiere di Neos Kosmos. A quest’ora sono già accese le luci, e non sono i lampioni ad attirare l’attenzione di chi passa per questa zona per la prima volta, ma alcuni neon colorati che illuminano immagini di ragazze svestite e in pose provocanti. La strada che porta fino al luogo dell’incontro è piena di Lidos e sexy shop. La tentazione della carne di fronte alla purificazione dello spirito. Paradossale. Mohamed ha lasciato la sua terra d’origine, la Palestina, e vive in Grecia da circa 20 anni, ma non ha mai ottenuto la nazionalità. “C’è sempre una scusa: prima dicevano che dovevo aver vissuto dieci anni nel paese, poi che avevo bisogno di un lavoro, poi che avevo bisogno di un altro lavoro… I miei fratelli hanno avuto fortuna e l’hanno ottenuta perché qualche anno prima era un’altra epoca. Molta gente è riuscita ad ottenerla con una busta sotto la scrivania”.

Al Salam, una moschea in un garage

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Il luogo che utilizzano come moschea è un vecchio garage interrato. Non è l’unica, e anche se è difficile stabilire con certezza una quantità, il numero ad Atene si avvicina al centinaio. “E’ impossibile saperlo con esattezza dal momento che chiunque può organizzare un luogo di incontro e preghiera, anche dentro casa propria o in un locale”, spiegano alcuni uomini che aspettano per strada l’ora della preghiera. Gran parte della comunità musulmana vive in questa zona, che per questo si è trasformata in una delle più popolari e con il maggiore sostegno della città: al suo interno può ospitare fino a 500 persone. Basta entrare sulla destra e salendo una piccola scala si trova una zona ristretta con diversi lavabi in fila dove poter fare le abluzioni prima della preghiera, nel rispetto della tradizione musulmana. Questa stanza è anche il luogo dove vengono lavati i morti. Lo spazio è scarso e bisogna ottimizzarlo. A sinistra, una rampa porta fino alla sala della preghiera, coperta da tappeti dai toni rossastri, con alcuni esemplari di Corano e libri sull’Islam sugli scaffali. Sembrerebbe un’autentica moschea se non fosse per i condotti di ventilazione del soffitto.

I condotti di ventilazione e il soffitto basso ci confermano quello che andavamo sospettando: la moschea è in un garage.

Mohammed e sua moglie comprarono questo garage nel 1993 perché pensavano fosse necessario uno spazio simile, e fondarono Al Salam, la prima moschea in tutta la Grecia. A metà della preghiera arriva lei, Julie Jalloul. Questa giovane di origine siriana studia giornalismo all’Università di Atene. Julie racconta quanto sia curioso che talvolta qualche conoscente le parli di “questi immigrati che vengono qui”, senza rendersi conto che, in fondo, anche lei lo è. “Sono qui da tutta la vita e parlo grecosenza accento. Per questo molti si stupiscono quando dico che in realtà vengo dalla Siria”. Adesso è nel pieno di un progetto di lancio di un sito web con cui poter diffondere tutte quelle notizie che uniscono la Grecia con il mondo islamico.

Vista la difficoltà della situazione sia interna che esterna, le possibilità di trovare una soluzione nel prossimo futuro al problema della moschea sembrano scarse. Gli animi tra i greci non sono calmi, come hanno dimostrato le rivolte e il recente suicidio di un pensionato in piazza Syntagma, così come la costruzione di campi profughi per gli immigrati illegali che il Governo sta terminando. “Immagino che molti dei musulmani arrivati recentemente opteranno per andare in un altro luogo, vista l’impossibilità di vivere qui. E quelli che sono riusciti a mettere radici più profonde in terra greca, suppongo che non avranno altra soluzione che continuare a vivere al di sotto dei radar, praticando la propria religione nelle moschee nascoste”.

Grazie al gruppo di cafebabel Atene.

Questo articolo fa parte di Multikulti on the Ground 2011-2012, una serie di reportage sul multiculturalismo realizzati da cafebabel.com in tutta Europa.

Foto di copertina: (cc) Abdulmajeed Al.mutawee/flickr; testo: donne musulmane, (cc) PhotoAtlas/flickr, preghiera nella moschea, ©Colin Delfosse.

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Translated from Atenas y su (no) mezquita, un oscuro conflicto