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Ascanio Celestini: il teatro e le emergenze del nostro tempo

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Valentina Murace

Quest'edizione del Festival des Libertés ha ospitato Ascanio Celestini, uno dei più influenti attori del Teatro di narrazione. Cafébabel lo ha intervistato la mattina precedente il suo show, Variation pour un recit à venir, messo in scena insieme a David Murgia e Violette Pallaro e tradotto da Patrick Bebi. 

Quanto segue è il risultato dell'intervista a Ascanio Celestini, riguardante il teatro, le emergenze del nostro tempo e le lingue straniere. 

Cafébabel: E' la tua prima volta al Festival des Libertés?

Ascanio Celestini: In realtà no. Sono venuto la prima volta qui in Belgio 13 anni fa, al Festival de Liège. A partire da quel momento continuo a portare tutte le mie opere in Belgio. Non so nemmeno quante volte ho partecipato al festival. Nel 2012 mi hanno anche chiesto di dirigere l'opera Discours à la nation, ideata principalmente per il pubblico belga.  

Cafébabel: Cosa significa mettere su uno spettacolo teatrale per un pubblico diverso rispetto a quello abituale? Hai trovato qualcosa di particolarmente difficile nel farlo?

AC: Non credo che il pubblico belga sia tanto diverso da quello italiano. Ecco perché non credo che mettere in scena uno spettacolo per questo pubblico non sia così complicato, o almeno che non presenti più difficoltà rispetto al presentarlo in Italia. Abbiamo le stesse radici culturali e la medesima tradizione orale. Dall'alba dei tempi i racconti e i miti si sono sparsi per tutta Europa senza il bisogno di internet, e questo è ciò che ci rende così simili sotto il punto di vista culturale. 

Cafébabel: Adesso parliamo dell'argomento principale del festival: le emergenze. Quali sono, secondo te, le vere emergenze dei nostri giorni? E come ne tratta la tua opera?

AC: L'opera che presento al festival è costituita da spettacoli diversi:  Laika (nella sua versione francese con David Murgia nel 2017), e Spaesamento (insieme a Violette Pallaro, con la musica di Gianluca Casadei, e la traduzione di Patrick Bebi). Le due opere hanno qualcosa in comune: i personaggi principali. In entrambe vediamo dei personaggi satellite, persone invisibili che non riusciamo a vedere nella nostra routine quotidiana. Ad esempio, è il caso di prostitute, senzatetto o manovali africani che lavorano di notte nei magazzini. Ho scelto di portare questi personaggi sul palco, in quanto credo che una delle emergenze del nostro tempo sia il bisogno di stare in contatto con la vita reale. Internet, i nostri smartphone e i computer ci danno la sensazione di poter conoscere ciò che accade in ogni angolo del mondo. Ma a che serve tutto questo se non sappiamo cosa succede vicino a noi? Quando ci furono gli attentati alla sede centrale di Charlie Hebdo io mi trovavo a Parigi con Jean-Luis Colinet (direttore del Theatre National), ma venimmo a sapere della trage solo dopo averlo letto sul suo smartphone. Ci stiamo abituando a ricevere notizie da ogni parte del mondo e forse rimaniamo davvero scioccati solo quando succede qualcosa di terribile vicino a noi. Credo che il web stia diventando un ampio racconto narrato da molti cantastorie; è difficile comprendere che le cose accadono davvero, sia quelle molto lontane che quelle vicino a noi.

Cafébabel: E qual'è il ruolo del teatro in questo contesto?

AC: E' il teatro a dover fare ciò che stanno facendo i media adesso. Il teatro dovrebbe essere una finzione e quando un attore sta sul palco il pubblico è perfettamente consapevole del fatto che stia interpretando un ruolo. Non importa se lui utilizza parole come io o a me. Anche se un attore mette tutta la sua vita sul palco, egli sta facendo teatro proprio come avverrebbe con qualcuno che recita Amleto. Ma se il secondo caso viene maggiormente percepito come teatro rispetto al primo, hanno entrambi lo scopo di indurci a riflettere su qualcosa. Specialmente per ciò che concerne l'Italia, le persone sono abituate a pensare al teatro in un "modo più convenzionale e storico" (forse per via dei nostri splenditi teatri storici che purtroppo non permettono l'uso di strumenti e arnesi per le sue forme differenti), ma il teatro è in grado di riferirci delle storie legate al nostro tempo, e ci rende consapevoli della realtà che viviamo.

Cafébabel: Come credi venga percepito il ruolo del teatro in Italia e all'estero?

AC: Ho come l'impressione che all'estero, o almeno qui in Belgio dove ho lavorato spesso, l'intera società è molto più consapevole dello scopo del teatro, che rappresenta la società in sé. Per questa ragione essa lo sostiene veramente, anche da un punto di vista economico. Ciò che riesco a vedere in Italia non è altro che un supporto formale e "superficiale". Ecco perché, ad esempio, nel mio paese le compagnie teatrali riescono a mala pena a sopravvivere, dato che l'unico guadagno deriva dalle loro tournée. Non è semplice far capire all'intera società che lavorare nel mondo del teatro è effettivamente un vero lavoro. 

Cafébabel: Questa sera reciterai in Italia e Patrick Bebi lo tradurrà in francese direttamente sul palco. Puoi dirmi di più su questa scelta?

AC: E' una scelta che ho preso qualche anno fa qui in Belgio. L'uso di sottotitoli per il mio spettacolo teatrale non funziona, perché non ho un vero copione. In effetti preferisco improvvisare. Questa è la ragione per cui scelgo la traduzione, che nel mio caso funziona così bene grazie a Patrick. Non traduce semplicemente le mie opere, ma completa quasi le mie frasi in francese e la traduzione diventa magicamente parte integrante dell'opera. 

E questo è esattamente quello che è successo. La traduzione francese diventa davvero parte dell'opera e tu non realizzi nemmeno che stai guardando uno spettacolo recitato in due lingue diverse. L'unica cosa che sai è che, con un uso intelligente dell'ironia, stai imparando a conoscere le storie di coloro che ti stanno affianco e forse, a partire da questa sera, le persone sono diventate meno invisibili di prima.  

Translated from Ascanio Celestini: theatre and the emergencies of our time