"Amanda Knox": storia di una moderna caccia alle streghe
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Laura BaroDopo otto anni, due condanne e due assoluzioni, Amanda Knox è libera. Da quella notte di novembre a Perugia che ha portato alla tragica morte di Meredith Kercher i media hanno analizzato ogni sua espressione, emozione e reazione. Un documentario recentemente pubblicato da Netflix riscrive completamente la storia, e mette sotto processo i media e la polizia italiana.
«Allora, è stata lei?»
È questa l’inevitabile domanda che mi fanno gli amici dopo aver visto questo crudo documentario di 90 minuti, una panoramica sul mondo interiore della tristemente più celebre sospetta assassina del XXI secolo. Suppongo sia una domanda ovvia. Ogni volta che il caso riemerge nella stampa affamata di scandali, gli occhi dei lettori brillano di una curiosità quasi oscena di fronte alla storia della femme fatale che ha ucciso l’innocente compagna di stanza durante un gioco erotico finito male, in una pittoresca cittadina italiana.
Si tratta ovviamente di un’invenzione dei media. Una sensazionale e sinistra speculazione nata da un’indagine incriminata a sua volta di contaminazione del DNA, di non aver sigillato correttamente la scena del crimine e, ultimo ma non meno importante, il cui processo sfociato in sentenza di condanna è stato ribaltato dalla Corte di Cassazione italiana. Il problema è che ci sono cascati tutti in pieno.
Guardando Amanda Knox descrivere i dettagli del suo sfortunato semestre in Italia si rimane colpiti dalla normalità che emerge dal suo caschetto biondo cenere e dal maglione rosa chiaro. È come se stesse supplicando la telecamera e per estensione noi, lo spietato pubblico che si è bevuto le storie sulla diabolica dominatrice di Seattle. Si lascia andare ai singhiozzi quando racconta la prima notte in prigione e le sue disperate richieste di vedere la madre. Come afferma lei stessa nella minacciosa sequenza di apertura: «O sono una psicopatica travestita da persona normale...oppure sono come voi».
Ma a rovinare Amanda Knox è stata soprattutto la descrizione di una regina di ghiaccio ossessionata dal sesso. Il documentario segue la sua trasformazione da studentessa dell’Università di Washington a "Foxy Knoxy": una ragazza che dormiva in giro, possedeva giocattoli erotici e "impropriamente" baciava il suo ragazzo subito dopo il ritrovamento del corpo della vittima, Meredith Kercher. La storia era talmente avvincente da oscurare il fatto che il processo fu costruito in maniera casuale su una dubbia prova del DNA. Ed è questa la cosa più preoccupante nella gestione del caso, il mito misogino della donna malvagia talmente radicato da rendere plausibile un’accusa ridicola, che si è tradotto per la Knox in quattro anni trascorsi in un carcere italiano e una vita sotto l’occhio dei media.
Come in una rivincita, il documentario mette i responsabili della sua rovina sul banco degli imputati, richiedendo ad essi delle spiegazioni. Gli intervistatori ribaltano la situazione interrogando Nick Pisa, il giornalista del Daily Mail che per primo fece lo scoop sul comportamento e lo stile di vita “sospetto” della Knox, e Giuliano Mignini, l’incapace procuratore sicuro della sua colpevolezza, convinto di essere lo Sherlock Holmes italiano (con tanto di pipa e arroganza ingiustificata). Il risultato è a dir poco esasperante.
Mentre emergono i dettagli dell’inchiesta, è difficile ignorare la sensazione di incredulità di fronte alle fervide fantasie di Mignini circa un gioco erotico di cui non vi era alcuna prova fisica, movente o testimonianza. Forte della sua improvvisa incursione nel circuito dei media internazionali e armato solo di psicologia spicciola, Mignini era fermamente convinto che Meredith avesse offeso Amanda giudicando la sua "mancanza di morale", e questo avrebbe portato la ragazza a pugnalare la sua coinquilina mentre gli uomini coinvolti nel caso stavano a guardare.
Secondo Mignini, Meredith era "completamente diversa" da Amanda, una "ragazza disinibita" che "aveva portato a casa molti uomini", e aveva un problema con l’autorità. È evidente fin da subito che, nonostante Mignini affermasse di volere giustizia per Meredith, nell’inverosimile ricostruzione del procuratore la sfortunata ragazza è utilizzata come archetipo: la "bella Madonna" contro la "puttana Amanda". Come ammette senza alcuna vergogna Nick Pisa, i media si sono aggrappati a questa «storia di intrigo sessuale, di gioco tra ragazze finito in tragedia».
È a questo punto che ci si rende conto che entrambe le donne caddero vittima di un’indecente e ingannevole rappresentazione mediatica: Amanda, presunta colpevole perché non corrispondeva a uno stereotipo di donna accettabile, e Meredith, la cui tragica morte è stata "sessualizzata" per vendere più copie. Sono state prese scorciatoie, ignorate le prove e i media hanno continuato a lavorare di fantasia a scapito dei fatti.
Il documentario, che è stato accusato di non analizzare più in profondità questioni spinose come l’inefficacia delle indagini di polizia e la discutibilità del sistema giudiziario, è il racconto lineare di una storia di misoginia, di circo mediatico e moderna caccia alle streghe. Cosa ancora più importante, permette alla Knox di partecipare a un dibattito dal quale è sempre stata esclusa e che l’ha ripetutamente considerata colpevole. Nonostante la scelta discutibile di includere le riprese video originali della scena del crimine, il documentario in generale è di buon gusto e incisivo nella sua critica dell’accusa e della copertura mediatica che ha portato al verdetto di colpevolezza della Knox.
Mentre la ridicola indagine condotta da Mignini viene messa sotto i riflettori, il giornalismo senza scrupoli rappresentato da Pisa viene giudicato colpevole in egual misura. In questo modo noi, come pubblico, siamo costretti a confrontarci con il nostro ruolo nell’elevazione dell’assassino al rango di idolo, ma anche con la nostra partecipazione al circo mediatico. Verso la fine di questo documentario chiaro e accurato, anche lo spettatore ha la sensazione di trovarsi sul banco degli imputati. E non è un posto piacevole.
Amanda Knox è disponibile su Netflix
Translated from "Amanda Knox" turns a modern-day witch hunt on its head