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A caccia di un lavoro: nuove ondate, vecchie barriere

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società

Nell'UE un giovane su cinque – circa 5,5 milioni di cittadini – non riesce a trovare un'occupazione mentre un numero ancora più alto svolge un lavoro per cui è troppo qualificato. In Europa la disoccupazione giovanile finisce spesso in prima pagina, ma quali sono le storie dietro alle statistiche? Ecco il sesto articolo di un approfondimento in più parti, con testimonianze da Bucarest e dLondra. 

A Londra i nuovi dati demografici stanno facendo pressione sui servizi, con una seconda ondata di immigrazione formata da quei giovani a caccia di un lavoro che si lasciano alle spalle paesi come la Spagna e il Portogallo, colpiti duramente dalla crisi finanziaria.

Ecco perché sono le comunità latinoamericane, in particolare, quelle che crescono più rapidamente nel Regno Unito, dice Lucia Vinzon, direttrice dell'ONG IndoAmerican Refugee and Migrant Organization (IRMO) - organizzazione che tutela i rifugiati e gli immigrati indo americani - di Londra. Nel 2011, i latinoamericani presenti nel Regno Unito erano circa 200.000, 120.000 nella sola Londra. La cifra, oggi, sarà molto più alta.

Gestita praticamente da soli volontari, l'IRMO offre ai migranti previdenza sociale, alloggio e consigli per l'impiego. Ultimamente sono tantissimi i giovani che passano da noi, dice Lucia: «Pensano che sia facile, e molti dei nostri utenti effettivamente trovano lavoro senza problemi una volta arrivati, ma per lo più si tratta di pulizie». E questo malgrado il 70% dei latinoamericani che vive nel Regno Unito abbia concluso studi di secondo livello. «Una volta che entri nel meccanismo di questa industria, è molto difficile uscirne», continua Lucia.

Differenze nell'impiego

Durante i lavori di pulizia non si socializza, non ci si integra coi residenti né tantomeno si riesce a studiare per ottenere delle qualifiche che permettano di risalire la scala sociale. Ancora peggio, si è «costretti a lavorare tantissimo, dal momento che lo stipendio è molto basso». Ma i latinoamericani di Londra sembra non sono certo i soli a dover lottare per andare avanti.

Un recente studio condotto dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro in sei paesi europei, ha scoperto che le differenze nell'impiego tra i lavoratori nativi e quelli stranieri non solo persistono, «ma si sono addirittura ingigantite da quando è scoppiata la crisi economica globale» e che «pochi governi europei stanno facendo qualcosa di concreto per aiutare gli ultimi immigrati arrivati a passare da lavori precari (e che non richiedono alte competenze) a un impiego dignitoso».

VIDEO - Lucia, Direttrice dell'IndoAmerican Refugee Migrant Organization di Londra, parla della seconda ondata di immigrazione latinoamericana, e del perché i giovani non riescono a trovare qualcosa di diverso dai lavori di pulizia.

Si tratta anche di un cambiamento culturale, dice Lucia. Trovare un lavoro ben pagato è praticamente impossibile se non si possiede un'esperienza lavorativa di un certo tipo. «In America Latina o in Spagna, la cultura del volontariato non esiste... devono capire che il volontariato non è solo fare qualcosa per qualcun altro: può migliorare le tue capacità, la tua rete di conoscenze... ci impegniamo tanto per farglielo capire, e anche per metterli in contatto con altre organizzazioni».

Per molti immigrati le barriere sono più significative. Christine del Baytree Centre, che ha lavorato con gli immigrati per tanti anni, dice che le donne che incontra spesso «non hanno fiducia in se stesse... altre volte scopri che hanno problemi di salute che si sono portate dietro... molte di loro soffrono di ansia, depressione o presentano dei traumi, specie se vengono da paesi distrutti dalla guerra».

Quelle che hanno il privilegio di aver ricevuto un'educazione, possono lottare per vedere i propri meriti riconosciuti. Per i rifugiati è ancora più complicato.

In Romania, «l'Agenzia nazionale del lavoro (ANOFM) pretende un diploma, ma la maggior parte dei rifugiati è semplicemente scappata dai propri paesi e il diploma non lo possiede», dice Razvan dell'ARCA, con cui abbiamo parlato nella quinta putata. Scappare da situazioni difficili rende troppo pericoloso mettersi in contatto con le precedenti scuole o università; molti, anzi, non contattano nemmeno le proprie famiglie per paura di metterle in pericolo. 

Quando la sicurezza è la prima priorità, non sorprende che il lavoro perda posti nella lista. 

JOBHUNTERS

 

Non perdetevi la prossima parte di questo approfondimento realizzato da Anna Patton e Lorelei Mihala, perché nel prossimo capitolo si parlerà di come i giovani londinesi si rapportano con gli ostacoli per la ricerca di un lavoro! Leggete la prima, la seconda , la terza , la quarta e la quinta adesso.

Translated from Job Hunters: new wave, old barriers