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A Banglatown, laboratorio della politica etnicizzata

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Translation by:

Anna Castellari

societàPolitica

Viaggio nel quartire di Tower Hamlets, sede della comunità bengalese. Dove la disoccupazione giovanile impazza. E dove l’amministrazione sperimenta.

«Oggi i giovani sono un problema» sostiene Yusuf Ahmed, commesso originario del Bangladesh, appena arrivo al nostro appuntamento al Whitechapel market, un mercato di strada nell’Est di Londra. «Non si riconoscono nella cultura dei loro genitori anche se alcuni di loro sono stati educati in famiglie tradizionali». Nel cuore di Tower Hamlets sarebbe facile credere che niente o quasi sia cambiato dall’arrivo massiccio degli immigranti bengalesi, negli anni Settanta. La maggior parte degli abitanti di questa comunità di 65.000 membri, a maggioranza musulmana, guadagna da vivere gestendo un Balty, un piccolo ristorante di curry e tandoori. In genere inviano una parte del loro guadagno alle famiglie rimaste in Bangladesh. Ma i tempi stanno cambiando.

I figli dell’immigrazione

Fabbriche e studi dove i bengalesi anziani avevano lavorato hanno chiuso i battenti, trasformati in centri commerciali e bar. I giovani figli di genitori immigrati non condividono lo stile di vita dei loro genitori. «Tuttavia si sentono diversi dai giovani inglesi e non vogliono aderire completamente allo stile di vita locale. Insomma, si trovano tra l’incudine e il martello», spiega Yusuf Ahmed. Non contenti di essere a cavallo tra due culture devono anche far fronte alle sfide che li attendono.

Secondo un’inchiesta del quotidiano Independent, il 70% dei bengalesi e pachistani vivono sotto la soglia della povertà. La disoccupazione nella comunità musulmana è 3 o 4 volte superiore alla media nazionale.

La povertà, l’accesso all’istruzione, la mancanza di alloggio sono solo alcuni dei problemi riscontrati da questi immigrati. Anche se il tasso di criminalità resta stabile, Mohamed Azan, rappresentante dell’Ilford Islamic Centre, afferma che i giovani musulmani sono sempre più frustrati. «Contrariamente ai loro genitori, hanno sempre vissuto qui e le loro attese sono aumentate. Non vogliono più essere trattati come cittadini di serie B».

L’altra faccia della crescita economica

«Il vicino quartiere dei Docklands propone 150.000 posti di lavoro, ma solo una minima parte dei bengalesi ha trovato lavoro qui» fa notare Marc Francis, consigliere della circoscrizione di Tower Hamlets. Sono forse oggetto di discriminazione da parte dei datori di lavoro? Il Regno Unito si vanta spesso di avere una percentuale alta di persone appartenenti a minoranze etniche che occupano un posto nei media, l’amministrazione e il commercio. Una politica di integrazione che poco avrebbe a che vedere con quella dei vicini europei.

Ma l’East End londinese resta una delle zone più povere del Paese. Se l’attuale programma di riabilitazione lanciato dai politici locali intorno a Canary Warf attira le imprese, non dà lavoro ai bengalesi dei dintorni. In questi ultimi anni il quartiere di Tower Hamlets è stato dichiarato un modello dal Governo, perche «avvicina le comunità», «promette l’uguaglianza interraziale» e si occupa del problema delle minoranze. La localita ha diversi programmi di integrazione e età differenti e lavora in stretta collaborazione coi leader delle comunità per identificare e risolvere i problemi.

Tuttavia i responsabili dei quartieri sono stati recentemente accusati di praticare la discriminazione. Proponevano il loro aiuto solo alle comunità più forti, dimenticando quelle meno numerose e meno organizzate. Altri oppositori denunciano l’influenza crescente dell’Islam e puntano il dito sulle autorita britanniche, accusate di tarpare le ali. Alcuni dicono che i politici locali incoraggiano i fondamentalisti islamici perche vogliono trattare solo con i leader religiosi. Risultato: un’identita “britannico-musulmana”. «Perché un cittadino inglese anche musulmano dovrebbe fidarsi degli imam o di altri membri della sua comunità per comunicare col Primo Ministro?» chiede Amartya Sen, premio Nobel per l’economia. Il governo non fa che negare le differenze tra le diverse forme islamiche, escludendo anche gli islamici moderati. E di fronte a queste accuse il consigliere comunale Marc Francis tenta di giustificarsi: «L’amministrazione aiuta tutte le attività e tutte le idee che partecipano allo sviluppo delle comunità locali e ad un intento comune, senza preoccuparsi da dove viene il progetto».

La Moschea dell’est londinese e il London Muslim Centre rappresentano per Francis organisimi sempre più impegnati nel management dei progetti, creando diverse strutture e portando diversi progetti. Una ragione che spiega i fondi ricevuti.

Oggi il Governo vuole porre fine alla disoccupazione per migliorare le condizioni di vita della comunità bengalese. Jim Murphy, del Dipartirmento Lavoro e aiuti sociali, pensa che un «Welfare State sempre più locale e personalizzato» sia necessario. L’est londinese viene classificato come “zona prioritaria” e dovrebbe ottenere in futuro ancora più autonomia per risolvere il problema occupazione. Per il momento

Translated from Log jam in Banglatown